19 gennaio: Santi Mario, Marta, Audiface ed Abaco

da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p.  349-350

Come già la luce della stella misteriosa guidò i Magi alla culla del neonato Re, così vediamo lo splendore che irradia da Roma, imporporata dal sangue dei Martiri, attrarre irresistibilmente i santi proposti in questo giorno dalla Chiesa alla nostra venerazione. Mario, Marta sua sposa, e i loro figli Audiface ed Abaco, venuti dalle lontane regioni della Persia al tempo dell’imperatore Claudio il Gotico per visitare le tombe degli apostoli e dei generosi testimoni di Cristo, meriteranno presto di essere associati al loro trionfo. Confesseranno anch’essi a loro volta il divino Bambino fra i più atroci tormenti, aggiungendo con la loro vittoria un nuovo fiore alla corona della città madre e maestra della quale ieri celebravano le grandezze. Il respiro concesso ai cristiani dall’editto di Gallieno non fu infatti di lunga durata per i fedeli di Roma e durante il breve regno di Claudio II, il sangue dei martiri scorse nuovamente nella città imperiale (P. Allard, Les dernières persecutions du troisième siècle, 3 ed.). E la Passione di questi santi pellegrini ce li mostra mentre pongono, fin dal loro arrivo, le proprie persone e le proprie ricchezze al servizio dei perseguitati. Cercavano e visitavano nelle prigioni quelli che avevano sofferto per la fede, ed era tale la devozione che nutrivano verso di essi, che dopo averne lavato le ferite, si spargevano sul capo l’acqua che era servita a quel caritatevole ufficio (Acta SS. gennaio, II). Con religioso zelo si occupavano di ricuperare i corpi dei valorosi confessori e di dare onorevole sepoltura alle loro sante spoglie. Tale dedizione non poteva passare a lungo inosservata: arrestati insieme con altri cristiani, Mario, Marta e i loro figli ottennero la palma del martirio che così ardentemente bramavano.

Secondo la tradizione furono condannati a morte il 20 gennaio del 270. La Chiesa tuttavia li festeggia il 19, essendo l’indomani consacrato interamente alla memoria dei santi Fabiano e Sebastiano [1].

“Sono veramente fratelli coloro che hanno vinto le iniquità del mondo; hanno seguito Cristo e possiedono gloriosamente il regno celeste” [2]. Così canterà la Chiesa in un’altra circostanza dell’anno, associando al trionfo di Cristo risorto altre schiere di martiri. Ma quale lode si addice allora agli illustri soldati di cui celebriamo la vittoria? Se lo spettacolo della buona armonia tra i membri di una stessa famiglia è degno d’ammirazione, che dire quando questa concordia si verifica in mezzo alle opere più eroiche della carità e nelle più alte aspirazioni verso la patria celeste? Fate dunque, o gloriosi martiri, che, dietro il vostro esempio, troviamo sempre di mezzo a noi l’unione dei cuori nell’amore e nel servizio del Verbo incarnato!

Sotto la prova delle più crudeli torture, la vostra ardente volontà di seguire il Maestro fino in fondo vi incoraggiava a vicenda alla costanza e a glorificare Cristo per essere posti, con le vostre sofferenze, nel numero dei suoi privilegiati servitori. Chiedete per noi, insieme ad un aumento della virtù della fede, una dedizione senza limiti a Colui che è venuto sulla terra per riscattarci, e le generose disposizioni che ci porteranno ad affrontare tutto per lui e a soffrire tutto per la sua gloria.


[1]Gli Atti di questi martiri persiani pare abbiano subito parecchie interpolazioni; la loro festa è segnalata per la prima volta in un calendario vaticano del XII secolo. Si può dubitare che i loro corpi siano stati portati a S. Medardo di Soisson nell’828. Attualmente si venerano le loro reliquie nelle chiese di S. Adriano e di S. Prassede a Roma.

[2] Versetto alleluiatico della Messa dei santi Nereo e Achilleo (12 maggio) e di parecchie altre Messe di Martiri.

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