A proposito di razze, della frase di Fontana e indignazioni varie, ma i nostri progressisti sanno quando è nato il razzismo biologico?

Quando si parla di razzismo, soprattutto a scuola e non solo, si intende qualcosa che abbia attinenza con chissà quale tempo antico: retaggi di un passato che non vuole sparire e null’altro. Non si dice invece una verità sacrosanta, e cioè che il razzismo biologico è un “frutto” della modernità, è qualcosa che trova il bacino di nascita nell’Illuminismo, che come tutti sanno è stato il “vertice” della modernità.

Il motivo non è difficile da capire. La cultura premoderna esprimeva un’antropologia in cui la dimensione spirituale era concepita come dimensione fondamentale dell’uomo per cui l’uomo stesso doveva essere “giudicato” soprattutto con parametri prevalentemente culturali. La cultura moderna, invece, generò un altro modello antropologico: l’uomo sarebbe solo una “macchina” (celebre frase dell’illuminista La Mettrie), ciò che conta sarebbe solo la sua dimensione corporea, biologica per l’appunto. Da qui il fatto che l’uomo non sarebbe che il suo corpo e, se è solo il suo corpo, andrebbe giudicato solo relativamente ad esso.

Queste sono le cause del razzismo biologico. All’illuminismo si aggiunse il positivismo e quindi il darwinismo. A proposito di quest’ultimo, non è un caso che esso venne valorizzato tanto dal marxismo come “giustificazione” del materialismo motore delle azioni umane e della storia, quanto dall’hitlerismo come “giustificazione” del razzismo biologico e della legittimità della sopraffazione del più forte sul più debole (selezione naturale). Leggete che “belle” parole scrisse Darwin: “Tra qualche tempo a venire (…), è quasi certo che le razze umane incivilite stermineranno e si sostituiranno in tutto il mondo alle razze selvagge. Nello stesso periodo le scimmie antropomorfe (…) saranno senza dubbio sterminate.” E ancora: “Tra tutti gli uomini ci deve essere lotta aperta e non si deve impedire con leggi e costumi ai migliori di avere successo e di allevare il numero maggiore di figli.” In un altro passo insegna che giustamente “(…) tra i selvaggi, i più deboli fisicamente o mentalmente sono presto eliminati.”

Ma torniamo all’antropologia moderna. Tolta dall’uomo la dimensione spirituale, non rimane che il suo corpo che diventa determinante per “giudicare” l’uomo stesso.

La genetica ovviamente ha dimostrato quanto sciocco e infondato sia il razzismo biologico. Ogni uomo, indipendentemente dal colore della pelle e da una certa conformazione somatica, ha lo stesso statuto cromosomico, tant’è che se un uomo di colore si unisce ad una donna bianca, o viceversa, possono procreare. Le differenze di pelle e di aspetto somatico sono solo mutazioni accidentali, non sostanziali.

Ci sono dei fondamenti anche religiosi nel razzismo biologico? 

Rimane però un interrogativo, se cioè nel razzismo biologico, pur essendo questo un fenomeno tipicamente moderno, non confluiscano anche elementi “religiosi”. La risposta è senz’altro positiva. Bisogna però capire quali sono questi elementi religiosi.

Facciamo l’esempio dell’apartheid del Sudafrica. Questa fu voluta non da tutti i bianchi di quel Paese, ma solo da una componente dei bianchi stessi, i cosiddetti boeri di origine olandese o afrikaner. L’altra componente dei bianchi in Sudafrica è di origine inglese e quindi di tradizione anglicana, mentre i boeri sono di tradizione calvinista. Ebbene, il calvinismo riguardo al razzismo purtroppo dice delle cose che sono decisive.

L’essenza del calvinismo è la predestinazione radicale, cioè la convinzione secondo cui Dio avrebbe già deciso chi salvare e chi dannare indipendentemente dai meriti e dai demeriti. Un Dio dunque parziale che eleggerebbe alcuni senza motivo e che condannerebbe altri ugualmente senza motivo.

Una tale convinzione porta inevitabilmente alla paralisi esistenziale: A che pro dovrei darmi da fare se Dio già ha scelto il destino eterno? Indipendentemente da ciò che deciderò di fare la decisione di Dio non potrà mai essere modificata. Per evitare questo, il calvinismo corse ai ripari e disse: no, ci sono dei segni per capire se si è tra gli eletti o meno. Il primo è quello del successo economico. Da qui la mentalità tipica degli Americani per cui gli affari sono affari e in un certo qual modo bisogna essere disposti a tutto pur di avere più successo. Un altro elemento potrebbe essere la differenza razziale. Da questo si spiega perché mentre nelle Americhe, dal Messico  fin giù la Terra del Fuoco, domina il meticciato, negli attuali Stati Uniti non c’è quasi più traccia della popolazione indigena (i Pellerossa). Così, mentre in Brasile, pur essendoci una significativa presenza di popolazione di colore, non c’è mai stata una questione razziale; negli USA la questione razziale è sempre stata all’ordine del giorno.   

Razzismo biologico è sinonimo di “discriminazione” culturale? 

Un discorso sul razzismo biologico impone però anche una chiarificazione, e cioè che questo non può essere confuso con la “discriminazione” culturale.

Abbiamo utilizzato le virgolette per il termine “discriminazione” perché dobbiamo ben capire come intenderlo. Se per “discriminazione” intendiamo semplicemente una sorta di sciocca segregazione (così come lo si intende solitamente nel linguaggio comune), è un conto; ma se per “discriminazione” intendiamo ciò che realmente significa questo termine: “discriminare” da “discrimen”, cioè “distinguere”, allora l’uso di questo termine è del tutto legittimo, appropriato e utilissimo.

Adesso diremo una cosa “politicamente scorrettissima”, ma è così, c’è poco da fare: le culture non sono uguali! Solo due esempi ma se ne potrebbero fare tantissimi.

Prendiamo la tecnologia. Il Giappone fino a 150 anni fa era in una situazione di forte arretratezza sul piano della tecnologia, poi l’ha appresa dagli occidentali e l’ha appresa talmente bene che in un certo qual modo ha anche superato gli occidentali stessi. Il che significa che la questione non era biologica, non era legata alla “materia grigia”, alla scatola cranica o quantitativi di intelligenza meno elevati, la questione era esclusivamente culturale. Il motivo lo può capire anche un bambino. Se concepisco la realtà naturale come una manifestazione del divino e la identifico con il divino stesso (panteismo), la realtà naturale non è modificabile, va accettata com’è, la si deve subire fatalisticamente anche se si ritorce contro l’uomo. Tutte le religioni orientali ed estremo-orientali hanno come comune denominatore il panteismo. Ma se invece concepisco la realtà naturale non come manifestazione ma come “creatura” di Dio, allora, pur non potendola distruggere e pur dovendola rispettare, la posso indubbiamente modificare. Se poi a questo si aggiunge che la Bibbia dice che l’uomo può “dominare sugli uccelli del cielo e sui pesci del mare” (Genesi 1), tutto diventa più chiaro e sono legittimato non solo alla scienza (conoscenza) ma anche alla tecnica (applicazione della conoscenza).

Un secondo esempio lo possiamo fare riguardo alla medicina. Tutto il rispetto per le cosiddette “medicine orientali”, ma queste sono quelle che sono: l’agopuntura così come era tremila anni fa così è rimasta ora. Ma se oggi un thailandese, un cambogiano, un vietnamita, un cinese, ecc… ha un serio problema cardio-vascolare si opera secondo i canoni della medicina occidentale. Questa ha progredito e “planetarizzato” il mondo perché la concezione del corpo in Occidente è diversa rispetto a quella orientale. Il corpo se viene considerato come “pezzo” di ricambio (la reincarnazione) non può obbligare ad un’attenzione, anzi più lo si offende più ci si eleva misticamente, ma se il corpo è parte integrante della persona umana e addirittura è destinato a risorgere, allora la sua cura è religiosamente doverosa.

Dunque, le culture non sono affatto uguali. Solitamente si dice che la più grande nemica dell’Africa sia l’Africa stessa. In un certo senso non lo si può negare. Noi siamo tentati a pensare al Terzo Mondo come un blocco omogeneo, che tende a fare “corpo” per reagire a certe ingiustizie, ma non è così. Le culture africane (non a caso abbiamo utilizzato il plurale) sono spesso efferate contro gli africani stessi. Prendiamo il caso dei bambini albini. Vengono impietosamente uccisi. La convinzione è che un bambino albino vivo porti sfortuna, ma se lo si ammazza e le sue ossa vengono messe sottoterra queste porterebbero molta fortuna. Ci sono attualmente in Africa delle agenzie umanitarie (non a caso occidentali) che sono lì proprio per salvare i bambini albini. E il caso del Ruanda? Non sono passati nemmeno venti anni dai massacri fra hutu e tutsi, tutti li ricordano ancora.

Facciamo un passo indietro. Prendiamo la famosa tratta degli schiavi negri che dominò soprattutto fra il XVI e il XIX secolo. Chiediamoci come quei mercanti, che pur venivano da contesti cristiani, potessero giustificarsi. Ebbene, questi si “giustificavano” perché gran parte di quegli schiavi erano già schiavi nei paesi di origine, cioè in Africa, spesso destinati anche a sacrifici umani.

Insomma, per concludere, la storia dimostra di essere molto più complessa di quanto si immagini e non facilmente riducibile al “politicamente corretto”.

Dio è verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri 


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