BORRACCIA – 5 novembre

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Tra gli strumenti di un cammino vi è la borraccia con cui portarsi dietro dell’acqua per idratarsi. Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri la “Borraccia” è la meditazione. I vari “sorsi”  sono i punti della meditazione.


L’ACQUA

“Mio Dio, ti amo: è questo che dobbiamo gridare, soprattutto nei momenti bui; e allora non ci sarà negata la consolazione dall’alto.”

(Santa Anna Schaffer – Lettera del 10 novembre 1918)

I SORSI

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Cari pellegrini, chi se ne intende di giardinaggio sa che ci possono essere dei casi quasi impossibili. Nel senso di piantine così malridotte, che poi, curate costantemente e messe nella terra e nel luogo giusto, possano riprendersi meravigliosamente.

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Ciò che colpisce in questi casi non è tanto il risultato in sé (una pianta è pur sempre una pianta e un fiore è pur sempre un fiore), bensì ciò che fa il giardiniere. Egli si limita ad innaffiare con costanza e nella giusta misura ed eventualmente a trapiantare in un terreno più adatto. Questo fa e nient’altro.

3

Nelle parole che fanno d’acqua di questa borraccia, la bavarese beata Anna Schaffer (1882-1925) ci dice una cosa molto semplice, ovvero che nei momenti bui bisogna semplicemente ripetere a Dio “Ti amo!”.

4

Il che significa confermare la fedeltà a Dio e rinnovargli in questo modo il nostro amore. Succeda quel che succeda, costi quel che costi.

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Anna Schaffer fece così. Il suo desiderio era farsi missionaria per portare Cristo in terre lontane, ma ad appena 21 anni, per un incidente in una lavanderia dove lavorava, fu costretta a rimanere inchiodata a letto fino alla morte che la raggiunse quando aveva solo 43 anni. Insomma, per ben 22 anni fece del suo letto e della sua stanza il luogo di una straordinaria testimonianza.

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Doveva lei andare lontano per evangelizzare, furono invece tanti che andarono presso il suo letto per chiederle consigli e farsi illuminare dalla sua sapienza.

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D’altronde la bellezza della fede cattolica sta soprattutto nel fatto che essa è vita interiore.

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Non è un fare, ma un essere.

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Non è tanto un agire, ma un aderire.

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Anzi, non serve a nulla fare e agire, senza che si scelga e si aderisca; e soprattutto senza che si viva della Vita di Dio, cioè si viva nella Grazia di Dio.

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Ecco perché, per un vero cattolico, la tragedia più grande è il peccato e non altro che il peccato.

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Essere cattolico e temere non anche altro (il che sarebbe legittimo), ma unicamente o soprattutto altro rispetto al peccato, vuol dire non aver capito nulla.

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Giacomo Leopardi ne Lo Zibaldone dice: “I mezzi più semplici, veri e sicuri sono gli ultimi che gli uomini trovano, così nelle arti e nei mestieri come nelle cose usuali della vita, così in tutto.”

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Cari pellegrini, ciò può avvenire anche nella nostra fede. Cerchiamo la complessità, quando poi la chiave sta proprio nella semplicità di ribadire continuamente a Dio: “Ti amo!”

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Se per salvare una piantina occorre pochissimo, per salvare la nostra anima occorre altrettanto poco: vivere veramente l’amore di Dio, attimo dopo attimo, prova dopo prova, croce dopo croce.

Al Signore Gesù

Signore, ti chiedo ciò che è più importante per me: amarti sempre e comunque.

Toglimi tutto, ma non permettere mai che possa perdere Te.

Alla Regina dello Splendore

Madre, la tua vita è stata un continuo dire a Dio: “ti amo!”

Nessuno più di te è riuscita a vivere questa “bellezza”.

Perché anch’io possa, seppur minimamente, vivere questa “bellezza”, vengo da Te.

Madre, accompagnami nel cammino di questo giorno.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


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