BORRACCIA – 8 ottobre

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Tra gli strumenti di un cammino vi è la borraccia con cui portarsi dietro dell’acqua per idratarsi. Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri la “Borraccia” è la meditazione. I vari “sorsi”  sono i punti della meditazione.


L’ACQUA

“Signore Dio nostro, che per mezzo del tuo Figlio unigenito hai rivelato alla beata Brigida, i segreti celesti, concedi a noi tuoi servi, per la sua pia intercessione, di gioire nella rivelazione della tua eterna gloria.”
(Dall’Orazione della Messa in onore di Santa Brigida, Regina di Svezia)

I SORSI

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Cari pellegrini, è una bella giornata di ottobre. Vi è un leggero tepore. Il cielo è terso e ne fissiamo il suo celeste colore.

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Forse non è da tutti risaputo, ma i colori hanno la capacità di influenzare gli stati d’animo. Certo, si tratta di ben poca cosa e inoltre ciò dipende anche dalla sensibilità di ognuno; ma hanno questa capacità. L’uomo si è subito accorto di questi “poteri” cromatici, tant’è che ci sono dei colori fissi per alcuni locali e per alcune situazioni. E’ riconosciuto che il celeste con tutte le sue gradazioni, anche quelle più intense come l’azzurro, spinge alla serenità, alla pace, alla quiete dell’animo.

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Santa Brigida apparteneva alla famiglia reale di Svezia. A soli tredici anni andò sposa al principe Ulfo Gudmarson. Nacquero ben otto figli, tra i quali una santa: Santa Caterina di Svezia. Di ritorno da un pellegrinaggio decise di ritirarsi in un chiostro, mentre il marito decise di farsi monaco.

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Soffermiamoci su due espressioni presenti nelle parole che costituiscono l’acqua di questa borraccia: “…hai rivelato alla beata Brigida i segreti celesti…” e “…di gioire nella rivelazione della tua eterna gloria.”

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Iniziamo dalla prima: “…hai rivelato alla beata Brigida i segreti celesti…”. Vivere con Dio, e soprattutto vivere di Dio, inserisce l’uomo nella dimensione celeste.

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Cos’è questa dimensione? E’ la capacità di orientare la vita verso la prospettiva dell’eternità.

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Conviene? La risposta è scontata. Vivere nella dimensione dell’eternità significa “leggere” l’esistente nella maniera più intelligente possibile. Ciò dà la possibilità non solo di gerarchizzare i problemi senza lasciarsene angustiare, ma anche di conservare la “speranza” in tutto ciò che accade e per tutto ciò che accade.

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Vivere nella dimensione dell’eternità significa non conoscere più la parola “fine”. Ogni cosa che si fa, anche la più insignificante, produrrà un esito eterno.

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Ogni affetto che caratterizza l’esistere, non andrà perduto: lo sguardo dei propri figli, la carezza di una mamma, l’abbraccio di un padre…

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Passiamo alla seconda espressione: “…di gioire nella rivelazione della tua eterna gloria.” Conoscere e vivere dei “segreti celesti” apre inevitabilmente alla gioia.

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La gioia non è alternativa alla sofferenza (che è ineliminabile, anzi la sofferenza è il mistero salvifico scelto da Dio), bensì è alternativa alla disperazione, che scaturisce dall’incapacità di conferire un Significato persuasivo all’esistenza.

12

Vivere nella dimensione celeste, cioè nella dimensione dell’eternità, significa che nulla andrà perduto, che ogni disagio, dolore, sofferenza (Croce!) che la Provvidenza permetterà nella vita ha un senso. Non si vivranno inutilmente il disagio, il dolore, la sofferenza.

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Cari pellegrini, torniamo allora a fissare il celeste del cielo. E convinciamoci che solo questo può essere la nostra gioiosa bussola.

Al Signore Gesù

Signore, apri il mio cuore per assaporare la bellezza di seguirti fin sul Calvario.

Dammi, però, la forza di non cadere sotto il peso della Croce.

Se Tu mi sostieni, ce la farò.

Alla Regina dello Splendore

Madre, Tu che sei la Regina del Cielo, fa che viva già quaggiù il Cielo.

Che sia “uomo di Cielo” e non “di terra”.

Tienimi abbracciato a Te …e così sarà.

Madre, accompagnami nel cammino di questo giorno.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


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