LA BORRACCIA – 1° maggio

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Tra gli strumenti di un cammino vi è la borraccia con cui portarsi dietro dell’acqua per idratarsi ogni tanto. Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri la “Borraccia” è la meditazione, che si sorseggia ogni tanto. I vari punti sono i “sorsi” della meditazione.


L’ACQUA

“Dio poteva, se avesse voluto, condonare il debito. Invece, richiese una soddisfazione rigorosa, ‘ad aequitatem’. Il genere umano era nella più assoluta impotenza di renderla. Solo un Dio fatto uomo avrebbe potuto colmare questo abisso infinito e offrire alla giustizia divina una soddisfazione piena ed esauriente. L’incarnazione del Verbo era, dunque, assolutamente necessaria per la redenzione del genere umano.”

(Dom Columba Marmion – Cristo nella vita dell’anima, III)

I SORSI

1

Cari pellegrini, le lancette dell’orologio sono diverse, eppure procedono insieme: il movimento dell’una genera il movimento dell’altra. Se questo non accadesse, l’orologio non funzionerebbe come dovrebbe. Il vero ordine sta nella sincronia. La Verità è sincronica.

2

Così è magnificamente in Dio. Egli ha diverse virtù, tutte queste sono al grado massimo, ma perfettamente in sintonia. Dio non è solo Giustizia infinita, è anche Misericordia infinita; e non è solo Misericordia infinita, è anche Giustizia infinita. Tutto in lui è nella più perfetta armonia, non potendo la sua natura patire contraddizione alcuna.

3

Oggi proponiamo, per chi vuole pellegrinare con noi, una citazione di dom Columba Marmion (1858-1923), abate e scrittore irlandese, tratta dell’opera: “Cristo nella vita dell’anima”.

4

Si tratta di parole che ci parlano di quella che è la dottrina vera sull’Incarnazione. Lasciando stare la libertà di credere se questa sia esclusivamente legata alla Redenzione o se sarebbe potuta esserci qualora non vi fosse stato il peccato originale (discussione su cui si è liberi di propendere verso l’una o l’altra convinzione), resta il fatto che è di fede che attraverso l’Incarnazione si è ottenuta la Redenzione.

5

Dom Marmion lo dice chiaramente: Dio avrebbe anche potuto condonare il debito senza operare nulla, ma non ha scelto questa strada. La sua infinita giustizia ha preteso che si “pagasse” la colpa e questo “pagamento” avvenisse per aequitatem, cioè andando realmente a colmare l’offesa.

6

Si sa che l’offesa è l’unico gesto umano il cui valore non si misura con la dignità di chi offende, bensì con la dignità di chi subisce l’offesa. Un esempio: un conto se si offende una persona qualsiasi, altro se si offende allo stesso modo un personaggio importante. L’offesa è la stessa, ma ciò che cambia è la dignità della persona offesa. Nel primo caso il gesto può passare in sordina, nel secondo ne parlerebbero tutti.

7

Ecco dunque che se nel peccato originale ad offendere è stato l’uomo (che ha un valore finito), ad essere invece offeso è stato Dio (che invece ha un valore infinito); e quindi in questo caso l’offesa ha avuto un valore infinito.

8

L’infinito, però, può essere colmato solo dall’infinito. Per lavare un fazzoletto occorrerà poco detersivo, per la lavare un lenzuolo ne occorrerà di più …e per lavare una stoffa “infinita”, occorrerà “infinito” detersivo.

9

Ed ecco perché c’è stata l’Incarnazione. Per redimere occorreva un vero uomo, perché a compiere il peccato era stato l’uomo, e Gesù è vero uomo; ma occorreva anche Dio, perché il peccato aveva un valore infinito, e Gesù è un vero Dio.

10

Questo cosa insegna? Che Dio è infinitamente misericordioso, tant’è che ci ha donato Suo Figlio che si è incarnato, ha patito come ha patito ed è arrivato a morire in croce per salvarci. Ma questo stesso Dio è anche infinitamente giusto, tant’è che ha preteso che tutto venisse compensato secondo equità.

11

Le virtù di Dio sono come le lancette dell’orologio: procedono armonicamente insieme.

12

Qui, cari pellegrini, c’è tutto il Cristianesimo.

13

C’è la centralità della Croce.

14

C’è il perché del dolore, della sofferenza, della morte degli innocenti.

15

C’è il significato di ogni possibile sofferenza.

16

C’è quella che la buona teologia chiama “sofferenza vicaria”.

Al Signore Gesù

Signore, ti chiedo che ciò che hai compiuto, le umiliazioni che hai subite, i flagelli che hanno lacerato le tue carni, gli sputi che hanno offeso il tuo volto, i chiodi che hanno trafitto le tue mani e i tuoi piedi, siano per me sempre presenti ogni volta che sono chiamato a scegliere tra il bene e il male, tra la virtù e il peccato.

Ti chiedo questa grazia: fai che mai dimentichi la Tua Croce.

Alla Regina dello Splendore

Madre, quando Tu portavi nel grembo Gesù, e lo sentivi muoversi, sapevi bene che l’infinito albergava in Te.

Avvertivi dentro di Te il compimento dell’Amore: nel tuo grembo si stava realizzando la Salvezza; ma avvertivi anche il compimento della Giustizia: nel tuo grembo si stava realizzando la redenzione del peccato.

Tutto stava avvenendo in te.

Ed ecco perché vengo a te, Madre; perché solo con te potrò capire appieno la Misericordia e la Giustizia di Dio, come esse si accordano e come esse si sostengono.

Non permettere che io dimentichi quanta sofferenza sia costata al Tuo Divin Figlio il salvarmi.

E fa che possa far capire, a chi incontrerò lungo il cammino, una verità ormai dimenticata: che non c’è giustizia senza misericordia e non c’è misericordia senza giustizia.

Madre, accompagnami nel cammino di questo giorno.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri

 


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