Come capire che il Primato del Vescovo di Roma non è un’invenzione della Chiesa?

di Corrado Gnerre

Davvero da sempre si è avuta consapevolezza del Primato di Pietro nella Chiesa? E davvero Pietro è stato a Roma? Fino a che punto possiamo esserne sicuri? Si sa che la storiografia protestante ha sempre cercato di confondere in tal senso le idee. Chi infatti vuole il primato petrino afferma che esso sarebbe venuto fuori nella storia come una sorta di “invenzione posticcia”. Vediamo come stanno davvero le cose. Come al solito è bene schematizzare per facilitare la lettura e la memorizzazione.

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I primi dodici capitoli degli Atti degli Apostoli dimostrano che Pietro sin dal primo giorno agì come capo della Chiesa e come capo fu riconosciuto da tutti.  E’ Pietro che subito dopo l’Ascensione di Gesù propone di sostituire Giuda con un altro apostolo, che poi sarà Mattia. (Cfr. Atti 1, 15-26)  E’ Pietro che fa il primo discorso il giorno di Pentecoste e converte circa tremila persone. (Cfr. Atti 2, 14-36) E’ Pietro che per primo compie miracoli (la guarigione dello storpio alla porta del Tempio). (Cfr.Atti 3, 1-10). E’ sempre Pietro che rivendica dinanzi ai membri del Sinedrio il diritto da parte degli apostoli di evangelizzare. (Cfr.Atti 4,1-12) E’ a Pietro che il Signore annuncia –con una visione- che è ormai venuto il tempo di accogliere i gentili nella Chiesa. (Cfr.Atti 10,11-15). E’ Pietro che per primo li accoglie battezzando il centurione Cornelio e la sua famiglia. (Cfr.Atti 10,48) E’ Pietro che parla per primo (e tutti acconsentono alle sue parole) al Concilio di Gerusalemme. (Cfr. Atti 11, 1-18) E’ Pietro che visita (oggi potremmo dire “ispeziona”) le chiese fondate dagli altri apostoli. E’ Pietro che viene cercato da Paolo affinché questi si senta autorizzato ad iniziare la sua predicazione.

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I Vescovi di Roma si sono sempre ritenuti e hanno sempre dichiarato di essere i successori di Pietro. Inoltre, nessuno ha mai affermato nell’antichità che il successore di Pietro fosse qualcun altro e non il vescovo di Roma.

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Ancora non si è alla fine del I secolo, che papa Clemente (terzo successore di Pietro), in una sua lettera ai cittadini di Corinto, interviene per decidere dall’alto della sua autorità una grossa questione sorta in quella città. Scrive: “Se vi saranno alcuni che non obbediranno a ciò che il Cristo ha detto per mezzo nostro, sappiano che si espongono a una colpa e un pericolo grave.” (Clemente Romano, Lettera ai Corinti, 63, 2-3)E questo quando ancora era vivo l’apostolo Giovanni.

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Papa Vittore (II secolo) impone a tutte le chiese la sua decisione nella controversia riguardante la celebrazione della Pasqua.

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Papa Stefano (metà del III secolo) s’impone a tutti nella controversia riguardante il battesimo degli eretici.

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Sant’Ignazio, vescovo di Antiochia, verso l’anno 110, mentre viene condotto prigioniero a Roma, scrive da Smirne una lettera nella quale afferma chiaramente il primato della Chiesa di Roma su tutte le altre chiese. Egli parla della Chiesa di Roma come la Chiesa che “presiede alla purezza della fede e alla carità universale.” (Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, Prologo)

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Nel secolo II, Ireneo, vescovo di Lione, così scrive nella sua opera Adversus haereses: “E’ con la Chiesa di Roma, a causa dell’alta sua preminenza, che si deve accordare ogni altra Chiesa, ed è per mezzo della comunione con essa che i fedeli di ogni paese hanno conservato la Tradizione apostolica.” (Ireneo di Lione, Adversus haereses, III, 3)

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San Cipriano (metà del III secolo) afferma che la chiesa di Roma è radice e madre di tutte le chiese.

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Costantemente si ricorreva ai Vescovi di Roma (paradossalmente anche da parte degli eretici) per la soluzione di controversie che di volta in volta venivano a crearsi. Controversie non solo nelle comunità occidentali, ma anche in quelle dell’oriente.

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Tutti gli antichi concili ecumenici (tutti, anche quelli in cui il Papa non fu presente) affermano il primato del Vescovo di Roma. Il famoso di Nicea (325) affermò che la Chiesa di Roma aveva sempre avuto il primato. Tale Concilio fu presieduto dai legati di papa Silvestro. Il settimo concilio ecumenico (che ebbe luogo sempre a Nicea nel 787) dichiarò: “La sede di Pietro tiene il primato su tutta la terra e sta a capo di tutte le chiese di Dio.”

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Il primato del Vescovo di Roma venne riconosciuto tutte le volte che (anche se per breve tempo) le chiese scismatiche d’oriente si riunirono con la Chiesa cattolica. Basti pensare al Concilio di Lione del 1274 e al Concilio di Firenze del 1439.

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Per concludere va detto che il riconoscimento universale del Primato del Vescovo di Roma su tutti gli altri vescovi durò per ben dieci secoli. Certamente, con la scelta di Costantinopoli a capitale dell’Impero, fatta da Costantino nel 330, i vescovi di quella città iniziarono ad ambire al titolo di “patriarca” pretendendo di avere nella Chiesa universale il secondo posto in dignità dopo quello del Vescovo di Roma. Ma ciò è ben altra cosa dal negare il Primato Petrino.

Chiediamoci adesso: ma Pietro è stato davvero a Roma? Ci sono prove a riguardo? Senz’altro. Pochi anni dopo la resurrezione di Gesù, precisamente nell’anno 41, Pietro arrivò a Roma e ne divenne il primo vescovo. Dopo 20 anni di attività, fu martirizzato sul colle Vaticano durante la persecuzione di Nerone. Lo storico Eusebio di Cesarea ci racconta che Pietro, non ritenendosi degno di fare la stessa morte di Gesù, chiese ed ottenne di essere crocifisso a testa in giù. Il suo corpo fu riposto sullo stesso colle Vaticano in un cimitero che già esisteva. In corrispondenza della sepoltura fu costruito l’altare prima della Basilica costantiniana poi di quella michelangiolesca. Tra gli anni ’50 e ’60, grazie al prezioso lavoro dell’archeologa Margherita Guarducci, è stato ritrovato il corpo dell’Apostolo dando conferma definitiva alla tradizione.

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2 Comments on "Come capire che il Primato del Vescovo di Roma non è un’invenzione della Chiesa?"

  1. Carla D'Agostino Ungaretti | 11 Giugno 2022 at 10:51 | Rispondi

    Mi permetto di sollevare un problema storico che spero mi venga chiarito e risolto da chi ne sa più di me. Quando, anni fa, frequentai il Corso di Teologia per Laici presso l’Università Lateranense, il professore di Storia della Chiesa Primitiva definì una leggenda la notizia citata da Eusebio di Cesarea secondo la quale Pietro, ritenendosi indegno di fare la stessa morte di Gesù, avrebbe chiesto e ottenuto di essere crocifisso a testa in giù. Il professore, peraltro cattolicissimo, spiegò che il diritto romano non prevedeva, né avrebbe mai consentito, che una sentenza di condanna a morte mediante crocifissione potesse venire comunque modificata, in sede di esecuzione, su istanza dello stesso condannato. Anzi, secondo lui, il martirio di Pietro, identico a quello di Gesù, avrebbe rafforzato la sua santissima imitazione del Cristo e la sua vera investitura come unico e autentico Vicario di Lui. Ringrazio il Prof. Gnerre e spero di conoscere un suo commento al riguardo.

    • Sant’Eusebio di Cesarea è vissuto tra il III e il IV secolo. Il fatto che racconti così, in un tempo in cui era altamente probabile si conoscessero ancora le usanze romane sulla crocifissione, attesterebbe la storicità di ciò che afferma. E’ evidente però che la questione non è di suo dirimente.

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