Credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere santi – Giuseppe Ottone

Circola tra i giovani, addirittura negli stessi ambienti parrocchiali, il titolo di una canzone di un noto cantante: “Credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani”. Si tratta di uno slogan che potrebbe essere interpretato in maniera sbagliata, cioè a favore di persone che avrebbero il “coraggio” di peccare come desiderano. Bisogna invece rispondere con un altro slogan: “Credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere santi “. Partendo da questo slogan, un nostro pellegrino, che preferisce firmarsi con “Un cattolico italiano”, ci proporrà periodicamente delle brevi testimonianze di vita di cristiani che hanno vissuto una dimensione non di “dissoluzione”, ma “eroica” di offerta delle proprie sofferenze per Cristo.

Giuseppe Ottone (1928-1941)

di Un cattolico italiano

Peppino nacque nel 1928, salvato dall’aborto per opera di una pia donna che dissuase la madre e successivamente fece da madrina di Battesimo del nascituro.

Dove il peccato abbonda, la Misericordia si manifesta e la grazia è in sovrabbondanza: da una relazione adulterina e uno scampato aborto, Dio mostrò la sua luce nel neonato, che fu dato presto in affidamento ai coniugi Ottone.

A Torre Annunziata, in provincia di Napoli, Peppino cresceva nella Fede e nella frequenza dei Sacramenti. Nutrito di amore materno, ignorava gli scherni dei compagni quando prima di andare a scuola faceva visita al Santissimo Sacramento.

Con fervore ricevette la Prima Comunione a 7 anni.

Si decise per la santità e le sue pie pratiche erano i nove primi venerdì del mese e i quindici sabati alla Madonna del Rosario di Pompei, alla quale era molto devoto e non tardava di far visita spesso al Santuario con la sua bicicletta.

Fu proprio il suo profondo e sincero amore di bambino per la Mamma Celeste e per la sua mamma adottiva a condurlo all’offerta di sé.

La signora Ottone doveva infatti subire un duplice e delicato intervento e la sua vita fu a rischio. Una mattina, Peppino, trovando per strada una immagine della Madonna di Pompei, pregò intensamente: “Madonna mia, se deve morire mamma fai morire me”. Cadde poco dopo privo di coscienza, fu portato dalla stessa madre in ospedale, dove lo assistette col Santo Rosario fino alla fine, non aveva nemmeno 13 anni. Per il grandissimo dolore, la canizie calò come un gelo improvviso sui capelli della signora Ottone, ma ella seppe offrire al Signore il suo meraviglioso fiore, consegnando Peppino nelle mani di Dio.

La grazia non tardò: con lo stupore dei medici, scomparve in lei ogni traccia di patologia e l’intervento non fu più necessario.

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