San Henry Newman ci spiega perché bisogna pregare anche per “abitudine”

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Perché bisogna pregare sempre? Perché la preghiera deve essere come l’ossigeno dell’anima; e quindi non può mai venir meno, pena la morte. Respirare è un’abitudine. Un’abitudine necessaria e sana. Respiriamo per abitudine. E se volessimo storcere il naso dinanzi a questo, proprio perché abitudine, sceglieremmo l’autodistruzione. Lo stesso deve dirsi per la preghiera. Anche questa è un’abitudine necessaria. Leggiamo cosa ha scritto a riguardo san Henry Newman (1801-1990).

“Pregate incessantemente” (1 Tessalonicesi 5,17): la Scrittura presenta due maniere di pregare: una in tempi e luoghi stabiliti e in forme prescritte; l’altra, quella di cui parla il testo, la preghiera continua o abituale. La prima è quella chiamata comunemente ‘preghiera’, sia pubblica che privata; l’altra può essere chiamata ‘comunione con Dio’, o vita in presenza di Dio. Questa si può fare lungo tutta la giornata, dovunque siamo, e ci è prescritta come un dovere, o piuttosto come caratteristica di coloro che sono veri servitori o amici di Gesù Cristo. (…).  Forse a prima vista sarà difficile per alcuni comprendere ciò che significa ‘pregare sempre’. Ebbene, consideriamo che questo è un dovere naturale, un dovere cioè che ci è insegnato dalla semplice ragione e dal sentimento religioso, e comprenderemo subito in cosa consiste. Che cosa ci dice la natura riguardo noi stessi, anche prima di leggere la Bibbia? Ci dice che siamo creature del Dio supremo, Creatore del cielo e della terra, e che in quanto tali siamo tenuti a servirlo e donargli il nostro cuore, in una parola, a comportarci come essere religiosi. Che cosa è quindi la religione, se non un’abitudine? E che cosa è un’abitudine, se non uno stato dello spirito che ci si impone, e una sorta di vestito ordinario, di un mantello inseparabile dall’anima? Un uomo non può essere religioso per un’ora e poi non più. Sarebbe come dire che ci può essere la buona salute per un’ora, e una cattiva nell’ora seguente. Chi è religioso lo è al mattino, al mezzogiorno e alla sera. La sua religione è una sorta di carattere, di stampo in cui sono gettati i suoi pensieri, le sue parole e le sua azioni formanti le parti di un solo e medesimo intero.  Egli vede Dio in tutto; ordina ogni azione a quegli oggetti spirituali che gli sono stati rivelati da Dio. Tutto quello che può accadere nel corso della giornata, avvenimenti, incontri di persone, notizie sentite, egli lo valuta prendendo per base la volontà di Dio. E una persona che si comporta così si potrebbe dire alla lettera che prega incessantemente; sapendosi in effetti alla presenza di Dio, è portata a rivolgersi continuamente a Colui che pone sempre dinanzi a sé, con riverenza, con il linguaggio interiore della preghiera e della lode, dell’umile confessione e della confidenza gioiosa. Ogni persona riflessiva riconosce questo con la sola ragione naturale. Essere religiosi è, in altri termini, avere l’abitudine della preghiera o pregare sempre. E’ quello che ci vuol dire la Scrittura quando ci consiglia di fare tutto per la gloria di Dio, vale a dire avere dinanzi a noi la sua presenza e la sua volontà, e di agire ragionevolmente rapportando tutto a Lui, perché tutto non sia più che uno stesso corpo e uno stesso atto di ubbidienza, un omaggio continuo reso a Colui che ci ha fatti a di cui siamo servitori.


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