Il catechismo di San Pio X commentato per voi (n.115)

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: La Chiesa docente può errare nell’insegnare le verità rivelate da Dio?
Risposta: La Chiesa docente non può errare nell’insegnare le verità rivelate da Dio: essa è infallibile, perché, come promise Gesù Cristo, “lo Spirito di verità” (Gv 14, 17) l’assiste continuamente.


Come promesso da Cristo (Gv 14, 16-17; 14, 26: promessa poi mantenuta a Pentecoste, Atti 2), la Chiesa è infallibile quando definisce una dottrina che riguardi la fede o la morale. Non può esserlo, ovviamente, quando non si esprime su altre materie.

Il Concilio Vaticano I ha sottinteso, nella definizione dell’infallibilità papale, anche quella della Chiesa: “Il Papa, quando parla ex cathedra, gode (…) di quella infallibilità di cui il Divin Redentore volle fosse munita la sua Chiesa nel definire una dottrina di fede o di morale”.

È chiaro che l’argomento viene affrontato in questo numero da San Pio X in modo sintetico e schematico, non potendo negli stretti spazi di un Catechismo specificare tutti i distinguo e, soprattutto, non conoscendo ancora la grandezza della successiva ed ancora attuale crisi nella Chiesa, seppur ne avesse riconosciuto i prodromi e combattuto l’inizio.

“La Chiesa può non solo stabilire e proporre, interpretando in modo autentico la Scrittura e le testimonianze della Tradizione, il senso della rivelazione, ma anche individuare e prescrivere gli errori contrari; altrimenti il suo ufficio di “custode e maestra della parola di Dio rivelata”, non potrebbe essere giustificato” (L. Ott, Compendio di teologia dogmatica). C’è poi un oggetto cosiddetto secondario dell’infallibilità: sono le verità di fede e di morale non formalmente rivelate, ma strettamente collegate a quelle rivelate.

Non tutti i membri della Chiesa hanno il dono dell’infallibilità, solo il Papa singolarmente (se ne parlerà nel prossimo commento) ed i vescovi.

Non il singolo vescovo è infallibile, altrimenti sarebbe come il Papa (solo con una giurisdizione più piccola, la sua diocesi), ma l’insieme dei vescovi.

I modi in cui viene impegnata l’infallibilità espiscopale sono due: nei Concili ecumenici, quando definiscono una verità sulla fede o sulla morale, ma solamente se questa definizione ottiene l’approvazione papale, o se, pur singolarmente, insegnano sempre verità riguardanti fede o morale e lo fanno in modo concorde e unanime tra loro e con il Magistero di sempre (il cosiddetto Magistero ordinario universale). In questi casi, a dimostrazione che non è il singolo vescovo a godere dell’infallibilità, non contano le singole voci discordanti.

La reale esistenza di un’infallibilità dell’insieme dei vescovi è data dal fatto che Gesù fece le suddette promesse a tutti gli Apostoli unitamente, non solo a san Pietro o a qualcuno di loro. Come scrive il Casali, “anche agli Apostoli fu dato il carisma della infallibilità pure personale per necessità all’inizio della Chiesa”. La necessità che tutta la Chiesa avesse quella caratteristica.

È poi evidente perchè con il Papa formano quello che è detto corpo morale della Chiesa.

Questa infallibilità è una verità sempre insegnata e difesa dalla Chiesa, tanto che ancora dopo secoli se ne trova la definizione nel Concilio di Trento e dopo due millenni dagli Apostoli veniva insegnata e definita anche dal Concilio Vaticano I.

“Il Concilio di Trento insegna che i vescovi sono i successori degli Apostoli; similmente il Concilio Vaticano I. Quali successori degli Apostoli, essi sono, al par di quelli, i pastori ed i maestri dei fedeli. Essendo per ufficio maestri della fede, sono titolari dell’infallibilità attiva assicurata al magistero ecclesiastico” (L. Ott, op. cit.).

È ragionevole oltre che conveniente che la Chiesa, singolarmente nella figura del Papa o coi vescovi, abbia questa caratteristica, che Gesù la fornisse di un aiuto soprannaturale che le facesse tenere dritta la barra nei momenti di difficoltà.

Non si può non sottolineare come la ricordata attuale crisi che attanaglia la Chiesa ponga tutta una serie di domande relative alle questioni citate su cui non ci si può soffermare, dato che in un commento al Catechismo si fa, appunto, solo il commento alla regola generale e generica. Si rimanda ad altri testi, anche del C3S, per questo approfondimento.

Si conclude con un nemmeno tanto lapalissiano chiarimento (sono molti quelli che confondono): infallibilità non è sinonimo di impeccabilità. “É da questa confusione che molti trovano difficoltà a credere alla infallibilità della Chiesa, perchè non l’hanno capita. Infallibilità vuol dire che non può errare nell’insegnare; impeccabilità vuol dire che non può peccare, come ad esempio i santi in paradiso. Ora nessuno ha mai detto che il Papa, come uomo non può peccare” (Casali). Vale in generale anche per i vescovi.

Per quanto si scelgano Papi e vescovi sulla base di caratteristiche di bontà e virtù, la storia dimostra che, come in ogni cosa, ci sono anche nella Chiesa dolorose eccezioni.
La dimostrazione della non identità delle due caratteristiche (si anticipa il prossimo commento) è che proprio la storia insegna che anche Papi con una vita non santa e impeccabile, hanno poi corrisposto in toto alle verità rilevate della Chiesa.

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