Il Cristianesimo ortodosso resiste alla secolarizzazione. Fattori identitari? O un maggiore impegno nella difesa dei principi morali?

FONTE: occhidellaguerra.it

TITOLO: Il ruolo geopolitico degli ortodossi

AUTORE: Giampaolo Rossi

In Europa occidentale la religione sta sempre più perdendo il suo legame con l’identità nazionale. Con la secolarizzazione, si è sviluppata la tendenza a relegare la religione nell’ambito delle scelte individuali riducendo e spesso annullando il suo carattere di fenomeno identificante ed unificante di una nazione. Questo è avvenuto con forza dirompente nei Paesi protestanti ma è un fenomeno che si registra in aumento anche in quelli cattolici. Oggi solo il 23% dei francesi ed il 30% dei tedeschi ritengono la religione cristiana un importante elemento dell’identità nazionale.
D’altro canto, la stessa Costituzione europea, negando le “comuni radici cristiane”, ha di fatto marginalizzato il ruolo della religione a semplice eredità culturale, togliendole (in nome di una laicità ideologica) il carattere di identità fondante.

La perdita di ruolo della religione come fattore unificante non è solo un problema sociologico o storico-filosofico ma ha profonde ricadute anche da un punto di vista geopolitico: relazioni, equilibri di forze, dinamiche regionali, processi decisionali non hanno più nell’identità religiosa (cristiana) un fondamento.

Un altro Cristianesimo

Eppure esiste un altro cristianesimo, in una parte dell’Europa, che rivela ancora una forza geopolitica capace di dare forma al senso di appartenenza di una nazione e di una comunità: è il cristianesimo ortodosso.

Una recente ricerca Pew Research nei paesi dell’Europa Centrale ed Orientale, dimostra che le nazioni a maggioranza ortodossa ritengono la religione parte importante dell’identità individuale e nazionale; una sorta di reazione alla repressione e all’ateismo di Stato imposti dal comunismo.
Come spiegano i ricercatori, “in questi paesi la religione e l’identità nazionale sono strettamente intrecciate”.

La ricerca ha coinvolto 18 nazioni di cui 4 a maggioranza cattolica (Polonia, Ungheria, Croazia e Lituania) 10 a maggioranza ortodossa (Russia, Ucraina, Grecia, Romania, Bielorussia, Moldavia, Serbia, Bulgaria, Georgia e Armenia) e 4 “miste” (Estonia, Lettonia, Bosnia e Repubblica Ceca).

Per i ricercatori, il fenomeno del ritorno della religione nei paesi ortodossi una volta sottomessi a regimi atei “è sorprendente”. In alcuni di questi l’adesione al cristianesimo è addirittura raddoppiato: nel 1991, solo il 37% dei russi si definiva ortodosso, mentre oggi è il 71%; in Ucraina si è passati dal 39 al 78% e in Bulgaria dal 59% al 75%.

Al contrario, nei paesi a maggioranza cattolica, l’adesione religiosa è diminuita; nella cattolicissima Polonia le persone che si definivano cattoliche nel 1991 erano il 96%, oggi sono l’87% ; addirittura nella Repubblica Ceca l’adesione al cattolicesimo si è dimezzata tanto che oggi ben il 72% degli abitanti si definisce non affiliato ad alcuna religione. Insomma i paesi cattolici dell’Europa orientale subiscono il processo di secolarizzazione tipico di quelli occidentali.

E se da una parte i cattolici sono più praticanti degli ortodossi, dall’altra gli ortodossi definiscono la propria fede fondamentale per l’identità nazionale: “In tutti i paesi dove i cristiani ortodossi compongono la maggioranza, in media il 70% dice che è importante essere ortodossi per condividere veramente l’identità nazionale del paese”.  E se questa convinzione è nettissima in Armenia (87%), Georgia (81%), Serbia (78%) e Grecia (76%), è invece incredibilmente bassa in Russia (57%) manifestazione di una nazione il cui carattere multietnico e multiculturale impone che la religione ortodossa sia solo una delle forme plurali di identità nazionale.

Ricadute geopolitiche

Nella ricerca compare un aspetto che ha delle imponenti ricadute geopolitiche. In quasi tutti i paesi ortodossi la maggioranza degli intervistati è favorevole ad una “Russia forte per bilanciare l’influenza dell’Occidente, proteggere i cristiani ortodossi e le persone di etnia russa al di fuori dei loro confini”e questo sentimento è diffuso anche in tre Paesi che aderiscono all’Unione Europea: Bulgaria, Grecia e Romania.
Solo in Ucraina il sentimento anti-russo prescinde dalla comune appartenenza religiosa ed un ruolo geopolitico di Mosca  è osteggiato; ovviamente questo è legato all’attuale conflitto civile. Armenia (83%) Serbia (80%), Bielorussia (76%) e Grecia (70%) sono i paesi in cui i sentimenti filorussi sono più diffusi.

La tendenza si manifesta anche nel riconoscimento del Patriarca di Mosca come più alta autorità religiosa nei paesi che non hanno una chiesa nazionale; con l’unica eccezione della Grecia dove è invece riconosciuta la supremazia del Patriarca di Costantinopoli.

Il sentimento religioso nei paesi dell’Europa orientale e ortodossa è un aspetto troppo spesso sottovalutato dai decisori del laico Occidente ; ma questa ricerca conferma quanto esso determini senso di appartenenza profondo e radicato: isolare la Russia dal contesto europeo significa generare una frattura ben più ampia nelle sue implicazioni politiche, di quanto l’élite al governo in Occidente riesca ad immaginare.

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2 Comments on "Il Cristianesimo ortodosso resiste alla secolarizzazione. Fattori identitari? O un maggiore impegno nella difesa dei principi morali?"

  1. Ma l’elite al governo in Europa riesce ben ad immaginare la frattura che sta creando! Loro vogliono proprio questo.Proprio quello che hanno immaginato si sta avverando. E’ palese. Questa è una storia pilotata.

  2. Ma l’elite al governo in Europa riesce ben ad immaginare la frattura che sta creando! Loro vogliono proprio questo.Proprio quello che hanno immaginato si sta avverando. E’ palese. Questa è una storia pilotata.

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