Il successo di Fantozzi? La maschera giusta… nell’epoca giusta!

E’ morto un “mostro sacro” della comicità italiana: Paolo Villaggio. E in queste ore si susseguono commenti su commenti.

Ma che dire di “cattolico” su ciò che si scrive?

Partiamo da un giudizio che lo stesso Villaggio dava sul suo personaggio più famoso: il ragionier Fantozzi. In un’intervista trasmessa proprio in questa ore egli dice che il successo di Fantozzi si deve al fatto che in maniera estrema e parossistica questi esprimerebbe tutti i difetti dell’italiano medio. Sempre a detta del comico, vedendo Fantozzi, non c’è stato chi abbia concluso: è come mio zio! Oppure: è come mio cugino. E perfino: è come me!

Ma questo è proprio il caso in cui (e non è affatto raro) l’inventore di un personaggio non riesce a capire bene la sua creatura, come invece riescono a fare coloro a cui lo offre, cioè il pubblico, i lettori, ecc.

Paolo Villaggio -diciamolo francamente- se avesse voluto parlare esplicitamente (e qualche volte lo ha fatto) sarebbe stato un “cattivissimo maestro”. Era convinto dell’assoluta insensatezza della vita. Si dichiarava irrimediabilmente ateo. Addirittura c’è chi riporta che nutrisse ammirazione per il suo amico Monicelli che aveva avuto il coraggio di suicidarsi. Insomma, una disperazione lucidamente condivisa e, almeno implicitamente, manifestata.

Certamente implicitamente manifestata in Fantozzi. La sua creatura è un disperato, in molte circostanze anche malvagio e vendicativo. Un padre che si libererebbe volentieri della famiglia. Un marito che, se avesse la possibilità, tradirebbe volentieri la moglie. Un collega che -se la fortuna gli sorridesse-  farebbe volentieri le scarpe ai suoi amici colleghi.

Il successo di questa “creatura”, e quindi la genialità del suo “creatore”, sta nell’aver trasformato la disperazione in comicità, la disperazione come occasione per accettare la disperazione ridendo a crepapelle.  Ma si tratta di un’operazione che può rendere la disperazione ancora più disperante e pericolosa.

C’è dunque una grande verità nel personaggio di Fantozzi. La disperazione è talmente un contro-senso che è comica. Attenzione: non è allegra, è comica, che è un’altra cosa.

Dante, descrivendo i diavoli dell’inferno, li descrive sottolineandone la comicità. Per un motivo ben preciso: i diavoli lottano contro Dio ben sapendo che non solo Dio li ha creati, ma che Dio stesso -in quanto causa sussistente– li mantiene nell’essere. Insomma, lottano contro chi li fa essere.

Ed è così la disperazione di colui che non vuole scoprire il Significato (con la “S” maiuscola) vero della vita. Si rende comico perché cerca di dare un senso al non-senso, un’affermazione di sé in un destino dove incombe solo e irrimediabilmente la dissoluzione e l’oblio.

Inconsciamente è questo che ha reso Fantozzi un personaggio di grande successo.

E’ stata la maschera giusta, nell’epoca giusta.

E’ stata la maschera della disperazione e del cinismo… nell’epoca della disperazione e del cinismo.

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1 Comment on "Il successo di Fantozzi? La maschera giusta… nell’epoca giusta!"

  1. Riccardo La Cara | 4 Luglio 2017 at 23:19 | Rispondi

    Il Paolo Villaggio era anche antimeridinalista.. Per me, ha cercato come buon genovese un modo di fare soldi senza la fatica Dell’artista..

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