SOSTA – La domanda di tutte le domande: come raggiungere la felicità?

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


C’è un bell’aneddoto che sant’Alfonso Maria dè Liguori narra nel suo L’uniformità alla volontà di Dio. Si tratta di un aneddoto che toccò a padre Giovanni Taulero, italianizzazione di Johannes Tauler, il famoso mistico tedesco del XIV secolo. E’ un racconto interessante per motivi religiosi e per motivi più specificamente filosofici e storici. Eccolo:

Si narra che il padre Taulero pregava continuamente il Signore di mandargli un grande maestro di spiritualità che potesse insegnargli la via della perfezione. Un giorno udì una voce che gli diceva di recarsi in una determinata chiesa perché lì avrebbe incontrato chi desiderava. Padre Taulero si mise in cammino e arrivò a destinazione, ma, meraviglia, invece di incontrare un dotto teologo, un professore di chissà quale università teologica, incontrò un misero mendicante che chiedeva l’elemosina dinanzi alla porta della chiesa. Il povero, quasi come se lo attendesse da tempo, lo salutò e gli disse: “Maestro, io non ricordo mai di aver avuto un giorno cattivo.” Il Taulero allora gli augurò di avere una vita felice, ma il mendicante obiettò: “Ma io non sono mai stato infelice. Io non ho mai avuto un giorno cattivo, perché quando ho fame, lodo Dio; quando nevica o piove, lo benedico; se qualcuno mi disprezza, mi scaccia o se provo altra miseria, ne do sempre gloria a Dio. Ho detto poi che non sono stato infelice, poiché sono abituato a volere tutto ciò che vuole Dio, senza riserve; perciò tutto quello che mi capita di dolce o di amaro, lo ricevo dalla sua mano con allegria, come il meglio per me, e questa è la mia felicità.”

Queste parole, dette così, lasciano un po’ perplessi, nel senso che, se è vero che bisogna conformarsi alla volontà di Dio, è pur vero che l’uomo non può fatalisticamente annullare la propria volontà. Qualcuno infatti potrebbe chiedersi: che differenza c’è tra queste parole e ciò che afferma la spiritualità delle religioni orientali? Il Buddismo dice che l’uomo deve raggiungere il nirvana (che è il nulla) attraverso l’anatta (la convinzione che il proprio io non esiste e che è solo un’illusione). Il Taoismo, poi, dice che l’uomo deve assecondare i ritmi del Tao (ciò che accade) attraverso il principio del wu-wei (la non-azione), un po’ come diceva quella canzonetta di tanto tempo fa: finchè la barca va, lasciala andare… La vita è come una barca che non va né governata né orientata, ma che deve procedere seguendo le correnti dell’acqua. E invece quello che dice il mendicante al padre Taulero è proprio l’opposto di tutto questo. Chiariamo. Le religioni orientali dicono che bisogna assecondare ciò che accade, perché tutto è positivo in quanto tutto è divino. Dal momento che anche l’uomo è divino, l’assecondamento diventa l’uomo che trova la salvezza in se stesso, essendo il divino e l’uomo la stessa cosa. Il Cristianesimo, invece, è su un piano completamente diverso; esso dice che l’uomo raggiunge la sua felicità non in se stesso ma incontrando Dio, che non è un’atmosfera indefinibile, bensì persona. Quando il mendicante afferma che la sua felicità è nell’accettare ciò che Dio vuole, non vuol dire che questo assecondamento sia una sorta di “doverismo” (una cosa si deve fare e basta senza capirne il perché) o una tecnica di mortificazione che l’uomo possa attuare con le sue sole forze, no. Dice piuttosto che questo abbandono è per abbracciare Dio da cui proviene unicamente la vera felicità. E che il mendicante indichi questo è testimoniato da come prosegue il racconto. Leggiamolo.

Il Taulero allora obiettò: “E se Dio vi volesse dannato, voi che direste? Il mendicante rispose: “Se Dio volesse questo, con umiltà e amore mi abbraccerei al mio Signore e lo terrei stretto così forte che, se Lui volesse precipitarmi all’inferno, sarebbe costretto a venire con me, così allora mi sembrerebbe più dolce essere con lui all’inferno che possedere senza di lui tutte le delizie del Cielo”.

Certamente paradossale, ma bellissimo. Il mendicante precisa che la felicità è nell’incontro con Dio, che è altro da sé. Tanto questa felicità è in Dio, che l’inferno con Dio (anche se va detto che nell’inferno c’è comunque la presenza di Dio, ma questa è un’altra questione) diventerebbe un paradiso e il paradiso, senza Dio, un inferno. Nel nirvana invece non c’è Dio perché non c’è nulla, è un vuoto; e infatti  Buddha non lo descrive proprio per questo. Dicevamo all’inizio che questo racconto è importante perché ci permette di dire qualcosa anche dal punto di vista storico e filosofico. Continuiamo a leggerlo.

Padre Taulero allora chiese al mendicante: “Dove avete trovato Dio?” E il povero: “L’ho trovato nel momento in cui mi sono scoperto re!” Il padre Taulero lo vedeva così misero che non potè fare a meno di domandare con sarcasmo: “E dove sta mai il vostro regno?” Risposta: “Sta nella mia anima dove tengo tutto ordinato. Le passioni obbediscono alla ragione e la ragione obbedisce a Dio.”

Questa risposta è bella e soprattutto attuale. L’uomo che vuole essere veramente libero e padrone di sé deve saper rispettare quella che è una gerarchia naturale nella sua interiorità, e cioè: alla base deve relegare le passioni; a governare le passioni, la ragione; e a fare in modo che la ragione venga ubbidita, la volontà. Nel corso della modernità si è cercato gradatamente di allontanare Dio dalla storia e dalla civiltà; raggiunto questo obiettivo, si è andato oltre e si è cercato di portare la sovversione all’interno di ogni uomo. Il ’68 non è stato solo quello che si dice, l’eliminazione del distacco tra professore e alunni e altre sciocchezze del genere, ma la realizzazione di una vera e propria rivoluzione nell’uomo, detronizzando la volontà e facendo andare al potere le passioni. Vi ricordate la famosa frase: La fantasia al potere? Ebbene, questa si può leggere anche come gli istinti al potere. Vi ricordate il famoso motto: sesso, droga e rock’nroll? Il sesso (la rivoluzione sessuale di Reich) sganciato da ogni dimensione affettiva e coniugale e da esprimere come insopprimibile “energia orgonica”. La droga (la rivoluzione psichedelica di Geensberg) come strumento di “liberazione” per eccellenza. Infine il rock, cioè quella musica che avrebbe dovuto spingere l’uomo a balli quanto più disinibiti e scimmieschi. Tutto questo per far trionfare gli istinti e le passioni sulla ragione e sulla volontà. Qual è stato il risultato? Oggi l’uomo è diventato un alienato, uno zombi… in carriera, con carta di credito, vacanze alle Maldive e fitness, ma uno zombi, un morto vivente, perché gli manca soprattutto la gioia, la cui assenza è dovuta all’incapacità di capire chi davvero è a cosa sia destinato.

Leggiamo la conclusione del racconto.

Il Taulero, allora, gli domandò che cosa l’aveva condotto a tanta perfezione. Il mendicante rispose: “E’ stato il silenzio. Tacere con gli uomini per parlare con Dio; è l’unione che ho tenuto con il mio Signore, in cui ho trovato e trovo la mia pace.”

E sant’Alfonso conclude: quel mendicante fu certamente, pur nella sua povertà, più ricco di tutti i monarchi della terra, e nei suoi patimenti più felice di tutti i “gaudenti” con le loro delizie terrene.


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