LA SOSTA – Le politiche fiscali a vantaggio delle multinazionali? Sembra proprio di sì

Il Cammino dei Tre Sentieri: L’argomento è certamente per addetti ai lavori, però ci sono notizie interessanti. Chi davvero gestisce l’economia internazionale? E soprattutto a vantaggio di chi sono fatte le politiche fiscali? Nelle parti dell’articolo che abbiamo selezionate ci sono utili risposte.  

Barbara Ardù – repubblica.it:

Nonostante la Commissaria Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager ce la stia mettendo tutta per combattere gli accordi fiscali segreti tra le multinazionali e i singoli Paesi, le cose non sono migliorate. Anzi sono peggiorate e di molto. Non è bastata la multa alla Apple di agosto commiata dall’Antitrust Ue, né lo scandalo LuxLeaks, scoppiato nel 2014. Gli accordi fiscali segreti (tax-ruling), firmati dai Paesi dell’Unione con compagnie multinazionali sono in vertiginoso aumento. (…). Una crescita complessiva di oltre il 160% in soli due anni (2013-2015) e un aumento di quasi il 50% dal 2014 al 2015, secondo i dati forniti dalla Commissione Ue. Che tipo di accordi siano nessuno lo sa, sono segreti. Di certo sottraggono alle casse degli Stati coinvolti miliardi di euro e consentono alle multinazionali un trattamento fiscale di favore, che ha due effetti immediati: offre un vantaggio competitivo alle multinazionali rispetto alle piccole e medie imprese nazionali e ne gonfia gli utili. All’indice nella Ue ci sono Belgio e Lussemburgo, in cima alle classifiche con il più elevato numero di tax ruling a fine 2015. Ma anche l’Italia non è messa male: secondo il modello contabilizzato in sede Ue le grandi corporation a fine 2015 ne avevano in essere 68. (…) E’ quanto emerge dal rapporto Survival of the Richest – redatto da Oxfam e Re:Common, una delle grandi organizzazioni internazionali, che si batte per un mondo dove ci sia più giustizia fiscale e sociale. (…). C’è poi un secondo fronte, quello dell’impatto sui paesi in via di sviluppo dei tax ruling. I governi europei, denuncia Ofxam, continuano a siglare controversi trattati fiscali che ledono i sistemi di tassazione dei Paesi in via di sviluppo. In totale gli accordi siglati dai Paesi UE presi in esame nel rapporto sono 752, accordi che contribuiscono ad abbassare l’aliquota fiscale di circa 3,8 punti percentuali. Non solo. Oltre la metà metà dei governi europei analizzati nel rapporto mantengono un orientamento politico contrario all’idea di permettere ai Paesi in via di sviluppo di partecipare a pieno titolo al processo di riforma della fiscalità internazionale. Non c’è un solo Governo del Vecchio continente che supporti in maniera attiva la proposta dei Paesi poveri di creare un nuovo organismo intergovernativo in materia fiscale sotto l’egida delle Nazioni Unite. Organismo che permetterebbe ai Paesi in via di sviluppo di avere pari voce nella definizione di nuove regole e standard fiscali globali. E anche qui l’Italia non fa una bella figura. Pesano i caratteri “estremamente restrittivo” di alcuni trattati fiscali che l’Italia ha in vigore con i Paesi in via di sviluppo come la Repubblica Democratica del Congo. Completa il quadro la mancanza di supporto dell’Italia all’organismo intergovernativo in materia fiscale sotto gli auspici delle Nazioni Unite.

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