LA SOSTA – Quegli strani rapporti tra l’amministrazione Obama-Clinton e i “Fratelli Musulmani”

FONTE: il giornale.it

Con la fine dell’era Obama-Clinton termina anche un progetto, o per lo meno, quello che ne rimane, visto il fallimentare esito, ovvero le Primavere Arabe.

L’amministrazione americana aveva valutato con molto ottimismo le rivolte scoppiate a partire dal 2011 in Siria, Libia, Egitto, Tunisia con l’obiettivo di abbattere i rispettivi regimi e sostituirli tramite una “transizione democratica” con nuovi esecutivi, magari legati ai Fratelli Musulmani.

È quello che abbiamo visto in Egitto e Tunisia, anche se per poco, visto che l’incapacità di governo dei rispettivi esecutivi “democraticamente eletti” hanno portato alla caduta degli islamisti, in Tunisia in maniera più morbida ma non priva di episodi violenti, mentre in Egitto c’è voluto l’intervento dell’esercito e la mobilitazione in strada di milioni di egiziani per abbattere il governo di Mohamed Morsy, che nel frattempo aveva però assunto tutte le caratteristiche di un vero e proprio regime.

In Siria le aspirazioni dei Fratelli Musulmani sono sfumate, visto che gli islamisti e i loro sostenitori in Occidente non avevano messo in conto la presenza del Cremlino che non solo ha appoggiato Assad, ma ha anche messo in atto un’offensiva contro tutte le milizie islamiste, ISIS, i qaedisti di Jabhat al-Nusra e fazioni islamiste vicine all’area Fratelli. Del resto in Russia al-Qaeda e l’organizzazione dei Fratelli Musulmani sono entrambe bollate come terroriste.

E’ corretto dire che l’amministrazione Obama e Hillary Clinton hanno appoggiato l’area islamista in Medio Oriente? Ci sono alcuni elementi che vale la pena valutare.

Il 3 giugno 2015 il Washington Times rendeva noto che le linee guida per il supporto ai Fratelli Musulmani erano delineate in una direttiva segreta, la Presidential Study Directive-11 (PSD-11) del 2011, che esponeva le linee guida per la riforma politica pianificata in Medio Oriente e in Nord Africa in quel periodo. La portavoce del National Security Council della Casa Bianca aveva rifiutato di rilasciare dichiarazioni al riguardo al quotidiano di Washington…..”We have nothing for you on this”.

L’analista anti-terrorismo statunitense Patrick Poole confermava tale strategia, aggiungendo in un’intervista che la “dottrina-Obama” di sostituire i vecchi regimi mediorientali con la democrazia dei cosiddetti “Islamisti moderati” era sostenuta anche dalla precedente amministrazione Bush.

Del resto sono i fatti a parlare: in Egitto l’amministrazione Obama appoggiò fino alla fine il governo dei Fratelli Musulmani, andando contro la volontà del popolo egiziano, sceso nelle piazze per chiedere elezioni anticipate dopo un anno di “regime” islamista. Si arrivò al punto che l’ex ambasciatrice americana, Anne Patterson, fu pesantemente contestata dal popolo egiziano e costretta a lasciare in gran fretta il Cairo, per aver appoggiato fino all’ultimo Morsy.

La Patterson veniva del resto immortalata a suo tempo assieme all’ex guida dei Fratelli Musulmani, Mohamed Badie e più avanti, durante un evento universitario negli Stati Uniti, mentre faceva il gesto delle quattro dita di Rabaa, simbolo della protesta pro-Morsy, assieme a una sostenitrice della Fratellanza. Un gesto che vale più di mille parole.

Barack Obama e Hillary Clinton divennero bersaglio della folla inferocita e scesa in piazza per chiedere nuove elezioni.

I manifestanti non erano però gli unici inferociti, almeno secondo quanto veniva riportato nell’agosto del 2014 dal sito Jihadwatch e da media arabi, secondo cui la moglie di Morsy, Nagla Mahmoud, non avrebbe preso bene le dichiarazioni della Clinton su suo marito, definito “ingenuo” e “inadeguato alla presidenza egiziana”.

Sempre secondo tali media, la Mahmoud avrebbe minacciato di rendere pubbliche email che dimostrerebbero lo stretto rapporto lavorativo e politico tra la Clinton, Segretario di Stato dal gennaio 2009 al febbraio 2013, dunque in pieno periodo di Primavere Arabe, e l’ex presidente egiziano Morsy, definito dalla moglie “fedele all’Amministrazione americana”.

Nel gennaio 2015 il Dipartimento di Stato americano ospitava una delegazione di leader legati ai Fratelli Musulmani, forse per un incontro sulle eventuali misure di opposizione nei confronti del governo del Presidente Abdelfattah al-Sisi?

Un membro della delegazione nonché membro dell’Egyptian Revolutionary Council, Walid al-Sharaby, veniva immortalato mentre faceva il segno delle quattro dita di Rabaa davanti alla bandiera statunitense e al logo del Dipartimento di Stato.

In delegazione erano inoltre presenti anche Gamal Heshmat, Abdel Mawgoud al-Dardery (due alti membri della Fratellanza) e Maha Azzam, presidente dell’Egyptian Council for Revolution (ECR), nato a Istanbul nel 2014 con l’obiettivo di contrastare il neo-presidente egiziano Abdelfattah al-Sisi.

Esaminando il consiglio d’amministrazione dell’ECR è difficile non notare come il vice-presidente e addetto ai diritti umani ha lo stesso nome del personaggio immortalato con il segno delle quattro dita al Dipartimento di Stato, tale Walid al-Sharaby.

Vi è poi il caso di Mohamed Elbiary, ex funzionario dello United States Homeland Security Department, poi costretto alle dimissioni in seguito ad alcuni suoi tweet in favore del Califfato, dei Fratelli Musulmani e contro i copti egiziani. Sotto l’Amministrazione Obama, Elibiary aveva anche fatto parte del DHS Countering Violent Extremism Working Group e del DHS Faith-Based Security and Communications Advisory Committee.

Sullo sfondo dell’account Twitter di Elbiary è ben visibile l’immagine di una terrorista di Hamas mentre brandisce un fucile e un Corano e affianco quella di una ragazza Americana vicino alla bandiera statunitense, con fucile e Bibbia in mano. Chissà cosa intendeva dire Elbiary con tale immagine?

In un altro commento Elbiary aveva affermato: “Si, io considero gli Stati Uniti sono un paese islamico e con una Costituzione che compiace l’Islam”.

E finora si è parlato soltanto un po’ di Egitto; restano da affrontare altri tre capitoli, quello siriano, quello libico e perché no, anche quello tunisino.

Giovanni Giacalone

 


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