Perché i miracoli non sono mai ricomparse di braccia, gambe e altro? Non è vero!

di Corrado Gnerre

Dio può riaggiustare ma non può annullare il tempo né tanto meno gli effetti della libertà delle creature.

Questo discorso deve essere tenuto presente anche a proposito dei miracoli, dove Dio non nega ciò che c’è stato, bensì “ripara”, “guarisce”…“riattacca”.

Sì: ri-attacca! E’ il caso di un celebre miracolo avvenuto nella Spagna del XVII secolo, riscoperto grazie ad un bel libro di Vittorio Messori (Il Miracolo. Spagna 1640: indagine sul più sconvolgente prodigio mariano).

Raccontiamolo.

Nel 1617, a Calanda, nell’Aragona spagnola, nacque un certo Miguel Juan Pellicer, contadino molto devoto alla Vergine del Pilar di Saragozza. Verso la fine del 1637, mentre lavorava nei campi, un carro lo investì e gli passò su una gamba, proprio sotto il ginocchio, causandogli la frattura della tibia. Subito decise di andare a Saragozza, dalla Vergine di Pilar. I dolori erano indicibili e, malgrado il caldo insopportabile (in Spagna quando fa caldo, fa caldo), si sottopose ad un viaggio di circa trecento chilometri, impiegando cinquanta giorni. Arrivò a Saragozza con febbre altissima (la gamba era andata in cancrena), praticamente moribondo. Fu subito ricoverato nel locale ospedale. Qui gli fu amputata la gamba, unica possibilità di arrestare la malattia e salvargli la vita. Il ricovero durò un anno, poi fu dimesso e gli si diede un permesso per poter mendicare dinanzi al Santuario della Vergine del Pilar.

Rimase due anni e mezzo dinanzi al Santuario. Ogni sera, prima che si chiudessero i cancelli, andava dinanzi alla Vergine e con grande fiducia si affidava a Lei, poi prendeva un pò di olio dalle lampade che ardevano dinanzi alla Statua e si ungeva il moncone della gamba: era convintissimo che la Vergine avrebbe fatto qualcosa per lui. Teniamo presente che oggi, per un contadino, un handicap del genere può essere “sanato” da tutta una serie di ammortizzatori sociali, ma in quei tempi non restava che mendicare.

Torniamo a Miguel Juan. Dopo due anni mezzo decise di tornare dai genitori a Calanda, suo paese natale. E anche qui non gli restò che mendicare.

La svolta avvenne la sera del 29 marzo del 1640, giovedì della Settimana di Passione. Il giovane cenò con i genitori, due vicini di casa e un soldato di cavalleria dell’Esercito Reale, ch’era di passaggio e a cui era stata data ospitalità. Dopo cena, Miguel Juan salutò e andò a coricarsi prima del solito, ma si diresse verso la camera dei genitori perché aveva lasciato il suo letto all’ospite. Poco dopo, la mamma entrò nella camera e sentì come un profumo “di Paradiso” e vide che sotto il mantello che ricopriva il figlio, spuntavano due piedi. Giunse anche il papà. Risvegliarono Miguel Juan e tutti si accorsero che la gamba era stata miracolosamente riattaccata, sì: ri-attaccata! Era, infatti, ben visibile la cicatrice dell’amputazione. Il giovane disse di aver sognato di essere a Saragozza nella cappella della Vergine del Pilar e che si stava ungendo la gamba con l’olio di una lampada.

Ma ci sono prove di questo miracolo?

Eccome. Sentite.

Prima di tutto va detto che siamo nel XVII secolo, in Spagna, grande potenza dell’epoca, patria della civiltà giuridica, in un tempo in cui si scriveva e si verbalizzava. In un tempo in cui gli ospedali già archiviavano e in cui fu possibile finanche ricostruire l’operazione subita dal giovane di Calanda e contattare il chirurgo che aveva eseguito l’intervento (immaginatevi che faccia dovette fare!).

Il miracolo fu attestato solo sessanta ore dopo da tutte le autorità locali: il vicario parrocchiale don Jusepe Herrero, il justicia (giudice e responsabile dell’ordine pubblico) Martin Correllano, il sindaco Miguel Escobedo, il suo vice Martin Galindo e, soprattutto, il notaio reale Làzaro Macario Gomez.

In pochissimi giorni fu istituito un pubblico processo in cui sfilarono decine e decine di testimoni oculari; nel frattempo, fu visionato il luogo dove era stata sepolta la gamba amputata…e fu trovato vuoto (come venne riportato da un aviso historico, un giornale del tempo).

Dopo quasi undici mesi di lavoro e con quattordici sedute pubbliche e plenarie, si pronunciò la sentenza del processo di Saragozza in data 27 aprile 1641: “Perciò affermiamo  e dichiariamo che a Miguel Juan Pellicer, contadino di Calanda, fu restituita la gamba che gli era stata amputata due anni e cinque mesi prima; e che non fu un fatto di natura, ma opera mirabile e miracolosa, ottenuta per l’intercessione della Vergine del Pilar.”

I ventiquattro testimoni oculari, scelti dal tribunale di Saragozza tra innumerevoli possibili, poterono essere suddivisi in cinque gruppi. Cinque erano medici ed infermieri, e tra loro il chirurgo che amputò la gamba e i due sanitari di Calanda che procedettero alla visita immediatamente dopo l’evento. Cinque tra familiari e vicini di casa. Quattro ecclesiastici, sia di Saragozza che di Calanda. E altri ancora…fra cui il gestore dell’osteria dove Miguel Juan albergava a Saragozza.

Fu così straordinario quanto accadde a Calanda che il giovane contadino venne ricevuto dal Re in persona, Filippo IV, che appena lo vide, lui, il Re di Spagna (è come se oggi parlassimo del Presidente degli USA) s’inginocchiò e gli baciò con devozione la cicatrice.

Un miracolo di questo tipo (e non è l’unico) confuta anche quelle obiezioni che solitamente si fanno. Ma perché –si obietta- i miracoli sono sempre guarigioni, ma mai ricomparse di braccia, gambe e altro?

Non è vero! Il miracolo del contadino di Calanda e altri dimostrano che la Chiesa Cattolica ha anche miracoli di questo tipo.

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