BELLEZZA DEL TEMPO – In occasione della Festa della Repubblica vi offriamo quattro buone ragioni per capire quanto il cattolico non possa essere contro la Monarchia… anzi

di Corrado Gnerre

La Dottrina Cattolica tradizionale (quindi non contaminata da modernismo e neomodernismo) accetta diverse forme di governo, sempre che non cadano in derive totalitarie.

Si tenga presente che anche la democrazia, non intesa in senso classico, bensì come puro “democraticismo” (pretesa di poter tutto decidere con il criterio del numero anche cosa è oggettivamente bene e cosa è oggettivamente male) cade inevitabilmente nel totalitarismo, come è ben affermato da Giovanni Paolo II nell’enciclica Centesimus Annus al punto 46: “Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia.”

Fatte queste due premesse, veniamo al dunque. Le buone ragioni della monarchia sono quattro. La prima è “sociale”, la seconda “antropologica”, la terza “religiosa” e la quarta “filosofica”. Utilizziamo le virgolette perché il significato di queste aggettivazioni è in senso ampio.

Ragione “sociale”

Una delle più precise definizioni di monarchia è “governo di una famiglia su tante famiglie”. Infatti, la monarchia altro non è che la “centralità politica” della Famiglia. Qui ovviamente il riferimento è alla concezione tradizionale e vera della società. Secondo questa concezione la società non può che avere una dimensione comunitaria. Essa non è un insieme di individui ma di famiglie: è una “famiglia di famiglie”. La concezione individualistica della società è invece un prodotto tipicamente “moderno”. Ed è proprio la forma repubblicana ad esprimere chiaramente l’impostazione individualistica, cioè il governo di uno su tanti, di un individuo su tanti individui.

Relativamente a questo discorso va detto che la concezione vera della monarchia -o meglio: la concezione della monarchia vera- si espresse non a caso nel medioevo cristiano, che fu un periodo tutto all’insegna della dimensione comunitaria e “familiare”. Le stesse corporazioni erano strutturate sul modello familiare.

In merito alla famiglia bisogna fare un’altra considerazione. A differenza di altre forme di governo, nella monarchia cristiana il Re è tenuto, anche se indirettamente, a render conto di come gestisce la propria famiglia che è parte integrante della sua rappresentatività politica; il tutto nella convinzione che non si può pretendere di governare uno Stato se non si è capaci di saper governare la propria famiglia.

Ragione “antropologica”

Passiamo adesso ad un’altra buona ragione della monarchia, che possiamo definire “antropologica”. Diciamo subito che qui il discorso si fa molto più “delicato”, non solo nel senso che va ben capito, ma anche perché sembrerebbe offrire argomenti un po’ troppo “sottili”. Si tratta però di una questione importante.

Governare è qualcosa di impegnativo: è un’arte che è difficile improvvisare. Ebbene, nella monarchia vige il riconoscimento del principio secondo cui sin da piccoli bisogna prepararsi a governare. Può sembrare una sciocchezza, ma non lo è. L’arte del governo è anche l’esito di un apprendimento, di una scuola, di un’educazione. San Luigi IX così scrive al figlio che dovrà ereditare il Regno: “Caro Figlio, la prima cosa che ti raccomando è che tu metta tutto il tuo cuore nell’amare Dio. Se Dio ti manda delle avversità, sopportale pazientemente. Confessati spesso e scegli confessori prudenti. Mantieni i buoni costumi del regno e combatti quelli cattivi. Prendi cura di avere in tua compagnia tutti uomini prudenti, sia religiosi, sia secolari. Non sopportare che si dica davanti a te nessun oltraggio verso Dio, né ai Santi. Rendi sovente grazie a Dio di tutti i doni che Egli ti ha fatto, affinché tu sia degno di averne ancora. Le tue genti vivano in pace e in rettitudine sotto te, anche i religiosi e tutte le persone della Santa Chiesa. Dona i benefici di Santa Chiesa. Pacificati piuttosto che porre guerre, sia coi tuoi, sia coi tuoi sudditi, come faceva San Martino. Sii diligente di avere buoni preposti e buoni podestà e buoni inquisitori. Sforzati di impedire il peccato e cattivi giuramenti; fa distruggere le eresie contro il tuo potere. Fa in modo che le spese del tuo palazzo siano ragionevoli. Infine, caro figlio, io ti do tutte le benedizioni che un buon padre pietoso può dare a suo figlio, e che sia benedetta la Santissima Trinità e tutti i Santi ti guardino e ti difendano da ogni male; e che Dio ti dia la Grazia di fare sempre la sua volontà, in modo che Egli sia sempre onorato da te”.

Ragione “religiosa”

Se Dio esiste (ed esiste!), la realtà è gerarchica; e per logica tutto deve essere riconducibile alla sovranità di Colui che è il Re di tutto: il Re dei Re. Se Dio esiste (ed esiste!), la realtà non è né “repubblicana” né “democratica”, ma inevitabilmente “monarchica”.

Qui c’è da aggiungere una cosa interessante. Prima abbiamo detto che simbolicamente la monarchia rappresenta la centralità politica e sociale della Famiglia; ebbene il Cristianesimo parla di un Dio che è Unico ma anche Comunione, in quanto Trinitario. Dunque, è proprio nel Cristianesimo, più di ogni altra religione, che la monarchia, come centralità politica della Famiglia, trova il suo fondamento teologico. Possiamo in un certo qual modo dire che il Cristianesimo è strutturalmente monarchico e che la monarchia è strutturalmente cristiana.

Ragione “filosofica”

La monarchia esprime anche un’altra conformazione: alla realtà. Una ragione “filosofica” legata al “realismo filosofico”, unico criterio per una corretta speculazione razionale.

La dimensione gerarchica è nell’ordine naturale delle cose; tant’è che anche negli ambienti che ne teorizzano l’illegittimità e l’innaturalità, questa, cacciata dalla porta, rientra in un certo qual modo dalla finestra. Provare per credere: finanche negli ambienti anarchici il leader finisce sempre con l’emergere.

E’ nella natura delle cose riconoscere che chi comanda può comandare per sempre, che sui talenti che il Signore dona non c’è data di scadenza. Se la politica diventa un bene di consumo, allora sì che esiste il rischio che vada a male, ma se la politica è promozione e difesa del bene comune (tradizionalmente e metafisicamente inteso) allora non c’è rischio né che vada a male né che possa passare di moda.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri

 


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