Se si vuole risolvere la crisi della Chiesa, bisogna capire che non è nata da qualche anno a questa parte

di Pierfrancesco Nardini


C’è un particolare che colpisce l’attenzione, anche perché è frequente.

La difficoltà per molti di comprendere la reale portata cronologica della crisi nella Chiesa, ossia quando collocarne l’inizio e quali le cause alla sua base.

Questo è chiaro quando l’interlocutore di turno manifesta intolleranza verso le note derive degli ultimi tempi, ma le intende come cose recenti, molto spesso sorte con questo pontificato.

Quale problema porta questo limite? E, soprattutto, è realmente un limite?

Intanto chiariamo che la crisi nella Chiesa è evidente e oramai indiscutibile. Negarne l’evidenza è cosa ardua.

Se si arriva addirittura a negarla, non serve nemmeno il ragionamento che si va a fare.

Stiamo parlando di un percorso che nasce da ben prima il Concilio Vaticano II (comunque vero spartiacque).

Non abbiamo lo spazio e il tempo per poter approfondire in questa sede tutto questo percorso, ma possiamo portare degli elementi che dimostrano (e rendono incontestabile) che la crisi non nasce con questo Pontificato e nemmeno in tempi recenti.

È sufficiente pensare ad alcuni documenti emanati dai Papi preconciliari.

Se l’enciclica Quanta cura “sugli errori moderni” e il Sillabo di Pio IX (8.12.1864) possono essere visti più come una “pre-crisi” (non condannavano qualcosa dentro la Chiesa, ma gli errori del mondo), la Pascendi dominici gregis “sugli errori del modernismo” di San Pio X dell’8.9.1907 (con il precedente decreto Lamentabili sane exitu) è l’apertura ufficiale della crisi nella Chiesa.

Humani generis (22.8.1950) di Pio XII documenta la continuazione della crisi, manifestatasi poi definitivamente nel Concilio.

San Pio X non condanna qualcosa che è fuori, ma gli errori che molti all’interno della gerarchia cattolica avevano iniziato a far propri. E Pio XII con la sua enciclica ci dice “occhio, non è finita!”.

Nel consigliare la lettura di questi documenti, ci e vi chiediamo: cosa avrebbe spinto i Papi in quegli anni così lontani dalle vicende attuali a ufficializzare condanne così dure e ferme?

Erano solo degli esagerati quei Papi, che vedevano pericoli inesistenti o ingigantivano situazioni risibili? Non c’erano reali motivi per la pubblicazione di quei documenti così chiari e che sono diventati pietre miliari nella storia del Magistero ecclesiastico?

È chiaro che queste domande sono provocatorie ma soprattutto retoriche.

Se già nel 1864 il beato Pio IX e già nel 1907 San Pio X hanno sentito il dovere di condannare formalmente degli errori (del mondo il primo e nella Chiesa il secondo), è perché questi errori esistevano realmente.

E quegli errori sono le basi, la causa prossima della crisi attuale. Quelle remote arrivano ancora più indietro…

Ora, in breve, la crisi non è esplosa all’improvviso in tutta l’attuale gravità. Prima abbiamo usato la parola “percorso”, perché è “nata” ed è cresciuta a piccoli (ma comunque gravi) passi nel corso del tempo, aumentando sempre più l’audacia degli stessi.

A inizio 1900, infatti, passi troppo forti avrebbero potuto essere controproducenti per chi spingeva verso una certa direzione.

Col passare del tempo e la sempre più crescente propagazione degli errori, si è potuto aumentare sempre più la velocità e la portata dei passi di questo percorso che hanno portato sino ad oggi, quando oramai è diventato “normale” anche vedere riti pagani nei giardini vaticani o sentire che “Dio non è cattolico” o tanti altri episodi.

Tornando al tema di queste righe, possiamo concludere che la crisi nella Chiesa non è nata negli ultimi tempi, all’improvviso e dal nulla, men che meno solo con questo Pontificato, ma che ha avuto un percorso che si può datare ben prima del Concilio Vaticano II.

Perché, si ripete, gli errori condannati da San Pio X e Pio XII sono le radici prossime della situazione attuale (per quelle remote si deve tornare ben più a ritroso nel tempo, sino almeno a Lutero).

Che problema comporta il non comprendere o non sapere quanto sopra?

È più o meno come non conoscere le basi della lingua italiana, l’etimologia delle parole, la loro derivazione dal latino. È molto più difficile comprenderne il significato e l’accezione. Può in un certo senso pensarsi anche che una parola possa avere un significato diverso. Cosa impossibile se se ne conosce la base.

Così, non conoscendo l’esatta collocazione della crisi nella Chiesa e la sua evoluzione nel tempo, si corre il rischio di non contestualizzare i problemi e anche di non comprenderne appieno la gravità.

Se infatti si pensa che questa crisi nasce con papa Francesco, si può benissimo pensare che, passato papa Francesco, passerà anche la crisi.

O, come d’altronde molti fanno, pensare che con Benedetto XVI andasse tutto bene e che basterebbe tornare al Papa tedesco per risolvere il tutto.

Soprattutto, però, più in profondità, non si può capire bene la situazione attuale.

Come si fa a sapere perché un’equazione segue un determinato andamento per arrivare alla sua soluzione, se non si conoscono le basi della matematica? Se non si sa fare prima una semplice somma, non si può capire bene le regole dell’equazione. Si potrà certo risolvere lo stesso, ma sarà solo questione di intuito non pienamente cosciente.

Fuor di metafora, se non si conoscono i passaggi che hanno portato dalla Pascendi a Humani generis ad oggi, si potranno comprendere istintivamente i problemi, ci si potrà rendere conto che qualcosa non va, ma non si riuscirà a capire bene la portata di questi problemi.

Per esempio, come si fa a capire la gravità della partecipazione di papa Francesco a Lund alla commemorazione dei 500 anni della Riforma protestante, se si pensa che prima di lui tutto era perfetto, quindi anche il secondo Assisi non impedito da Benedetto XVI? O ancora più in profondità, come si può comprendere la gravità di alcuni concetti oggi pacifici per la Chiesa attuale, se non si conosce da dove nascono le tesi dei modernisti?

È dunque realmente un limite non comprendere o non conoscere l’esatta datazione e durata della crisi ancora in corso. Limite accentuato, non ci stancheremo mai di ripeterlo, dall’ormai diffusissimo “analfabetismo cattolico” che significa non conoscenza della dottrina cattolica, di cosa voglia dire essere cattolico, di cosa si debba fare per esserlo.


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