SELEZIONE CATTOLICA – La sofferenza è la mano di Dio tesa verso di noi. Riflessioni sul suicidio di Dj Fabo (radiospada.org)

“Si impara ad amare solo quando si impara a soffrire”, diceva la grande santa Gemma Galgani

In meno di 48 ore, già tutti i notiziari telematici e non hanno trattato la questione “Dj Fabo”. Non ho potuto fare a meno di venirne coinvolto anche io, avvezzo come un po’ tutti al mondo del web e, sebbene cerchi di evitare la cronaca “da parrucchiere”, questa notizia non c’è stato verso di ignorarla.

Allora, leggendo qua e là, confrontandomi con qualche amico più “aggiornato” di me e meditandoci su, ho pensato che forse sarebbe stato opportuno condividere con il digimondo un breve ma incisivo commento.

Mi aspetto che la maggior parte non comprenda queste parole e che l’articoletto riceva molte critiche. Ben vengano, le gusterò con avida soddisfazione.

Quello che è successo a Fabiano Antoniani, in “arte” (chiamarla tale è blasfemia pura) DJ Fabo, è un esempio di ordinaria amministrazione. Niente di più, niente di meno. Non c’è niente di strano, niente di diverso, niente di cui scandalizzarsi.

Già, cari lettori, perché lo scandalo è il fetido mare di sterco infernale in cui vive la stragrande maggioranza dell’umanità oggi. L’impero delle tenebre, il regno del principe di questo mondo, dove il peccato è commutato in virtù, adulato, esaltato, bramato fino alla nausea, ricercato e praticato senza alcun genere di freno, goduto come il più prelibato ed afrodisiaco dei cibi.

Perché scandalizzarsi se uno richiede la cosiddetta “dolce morte”?  Oggi la morte è stata esorcizzata fino all’inverosimile, arrivando all’estremo opposto che vede il dilagare di sport estremi – così si chiamano perché sono pericolosi fino al limite estremo del perdere la vita – e della “death culture” nella quale, per chi non lo sapesse, vivono i 9/10 dei giovani di oggi (stima personale ma ben motivata dall’esperienza), che va dal vestirti in maniera indecente e mortifera fino al praticare, per gioco si usa dire, rituali magici, incantesimi, sedute spiritiche, giochetti esoterici.

Non c’è più senso alla morte, perciò o si fa finta che non esista o la si ironizza oltremodo. Peccato che entrambe le categorie di deficienza antropologica portino all’inesorabile confronto con il sacratissimo “dies irae”, prima o dopo, oggi o domani. Spetta a tutti, nessuno escluso. E quando tali persone si trovano davanti al dover prendere consapevolezza – se gliene è dato il tempo – che la vita di questo mondo anche per loro deve finire, è la follia pura, cercano di fuggire, di nascondersi, di eludere futilmente l’avvento di sorella morte. Guardiamoci intorno, è così, non ha senso far finta di niente: gente che si fa la plastica e qualche ritocchino perché non accetta le rughe della vecchiaia, miliardari che si fanno surgelare come broccoletti nelle camere criogeniche, atleti che scalano le montagne senza cordatura per “sentire il brivido”, e via dicendo.

Ah, beata morte! Solennissimo tavolo di giudizio della vita di ogni persona! Giammai ti ameremo e temeremo abbastanza. E come cantava il Branduardi in State buoni se potete “Ma quando la morte arriverà, cosa resterà di tutto questo? Vanità di vanità!”

Tolta di mezzo questa, che rimane del senso ultimo, teleologico, della vita? Già il senso del peccato è stato fatto fuori, a colpi di modernismo, un concilio, sedicenti esortazioni apostoliche e governi illegittimi ed iniqui.

Non sto dicendo niente di nuovo e non è di questo che voglio trattare. Illustri e brillanti menti hanno ben spiegato la questione, chi non ne è a conoscenza si informi.

Il problema è legato proprio al povero Fabiano.

Nella vita faceva il DJ, che è un mestiere – almeno nella maggioranza dei casi – iniquo, peccaminoso, al servizio degli inferi. Che le discoteche sono preludio dell’inferno non ci vuole una vita da mistici per comprenderlo. Che non è moralmente lecito né bene fare il DJ, idem. Che poi cristianamente è aberrazione pura, si capisce da sé.

Dunque, dicevamo, una persona che vive senza Dio, per suo esplicito e voluto rifiuto, anzi in guerra aperta con Dio, praticando come suddetto un mestiere “anticristico”, si ritrova con una grave malattia che lo costringe ad una forma di invalidità certamente molto problematica e difficile.

Benissimo, sia benedetta la Divina Misericordia! Il Signore gli ha concesso questa chance unica ed irripetibile per redimersi, espiare i suoi peccati ed accedere alla comunione dei Santi in Paradiso. “Si impara ad amare solo quando si impara a soffrire”, diceva la grande santa Gemma Galgani, e se qualcuno ancora non ha capito che la sofferenza è la via maestra per la salvezza, non ha capito niente del Cristianesimo. Si chiama Croce la porta stretta, si chiama Golgota il cammino di Fede. Punto e basta, su questo non c’è proprio da opinare. Lo ha insegnato Cristo Gesù, nostro Salvatore e Signore, dandone l’esempio per primo e indicandoci la via.

E quando un’anima viene chiamata, per gli insondabili e perfettissimi disegni della Provvidenza, che è purissima e dolcissima Misericordia (quella vera!), a patire con Cristo, benedetta sia questa opportunità! Benedetto sia Dio che a un figlio che lo odia e combatte offre con amore indicibile la mano per essere redento!

Ma ci rendiamo conto di quale blasfemia e bestemmia è accusare Dio Onnipotente di “ingiustizia” per il dolore e la sofferenza, per la malattia e l’agonia? Ci pensiamo mai a questo? Guai a noi! Guai! Che Dio ci perdoni se così è stato.

Lo ripeto: se una persona non ha ancora capito che la via della Croce è la via per ogni cristiano, nessuno escluso, nona ha capito un fico secco della nostra religione (l’unica, ci tengo a ribadirlo per i meno avvezzi al dogma, nella quale vi è salvezza).

DJ Fabo non lascia dietro di sé il buon esempio, anzi. È stato uomo dalla vita – si può presumere – di peccato, di scandalo pubblico e fino alla fine, così sembra, ha perseverato nella sua volontà perversa peccatrice.

Chiedere la cessazione artificiale della vita, che è realisticamente un suicidio assistito – suicidio perché è il soggetto ad essere oggetto stesso dell’atto elicito, assistito perché l’azione è praticata da o con un altro agente – è una bestemmia contro lo Spirito Santo, un sacrilegio contro il Creatore.

E questo, cari lettori, questo è vomitevole. Questa condizione di peccato deve commuoverci il cuore, deve farci mettere in ginocchio con preghiere, penitenze, offerte per i miliardi di anime che vivono in questa tenebra, in vita già come cadaveri putrefatti dal peccato mortale.

Vari colleghi e amici, specialmente nel ramo catto-chic e liberaloide del pro-life (but without Christ), hanno scritto articoli sdolcinati e pieni di mea culpa sul “quanto amore avrebbe potuto ricevere e invece non ha ricevuto”. Amici cari, l’amore sta nella Croce, non nei cuoricini sulle chat o nei pocket coffee sul sedile della macchina. Questa è la cruda ma vera realtà. Per morire in quel modo, c’è una scelta consapevole e deliberata, probabilmente con piena avvertenza. E soprattutto con odio a Dio.

Aberranti anche le parole della moglie, che sottolineano ancora di più il vuoto abissale e la cancrena spirituale, non solo di quella coppia, ma anche di tutti quelli che attorno ad essa ora stanno strumentalizzando, con uno studio mediatico notevole, il caso per sdoganare l’eutanasia nel nostro Paese. Quelle parole non sono parole di amore, bensì di esatto opposto, se ne facciano una ragione i mentecatti che li stanno canonizzando.

Concludo facendo mie le parole di Lenny Belardo, ovvero Pio XIII della serie The Young Pope: “Di cosa vi siete dimenticati? Di chi? Di Dio! Voi vi siete dimenticati di Dio!”

Lorenzo Maria Pacini

fonte: radiospada.org

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1 Comment on "SELEZIONE CATTOLICA – La sofferenza è la mano di Dio tesa verso di noi. Riflessioni sul suicidio di Dj Fabo (radiospada.org)"

  1. La vita ,nel suo insieme,e’ un continuo soffrire. Sarà giudicata con la lente d’ingrandimento, ogni nostra piccola azione e pensiero.Fare confronto con altri vissuti,si rischia di privilegiare sempre il nostro, a nostro danno s’intende. Si è più facilitati a conoscere il nostro di percorso di vita, ed il perché di certe scelte, che quelle altrui. Pertanto lasciamo a Dio Padre il giudizio.

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