SOSTA – Dagli scalpellini medievali ai furbetti del cartellino

Nelle cattedrali gotiche tutto è non solo perfettamente ordinato, ma anche perfettamente “lavorato”. Finanche le guglie più alte sono intarsiate. Si potrebbe pensare: ma perché fare degli ornamenti in parti che nessuno avrebbe potuto vedere? A che serviva? Eppure i medievali ci tenevano a fare tutto perfettamente bene, perché avrebbe visto Dio. Anche se l’uomo non vede, c’è Dio che vede.

Abbiamo aperto questa “sosta” con un’immagine di questi tipo, perché -cari pellegrini- oggi vogliamo fare alcune riflessioni sul senso del lavoro. E’ di questi giorni il ritorno sui giornali di notizie in merito ai cosiddetti “furbetti del cartellino”. E vengono fuori dati che sconcertanti.

Partiamo allora da questo interrogativo: perché oggi si truffa così tanto sul lavoro?

Ovviamente ci sarebbero tantissime risposte e, di fatto, le cause sono numerose, per non dire innumerevoli. Però va anche detto che oggi si è perso il senso del lavoro, perché si è perso il senso del dovere. 

“Dovere” -cari pellegrini- è una parola che non è tanto piacevole. Non solo perché richiama una costrizione, ma anche perché quando si cita, la si usa spesso in contrapposizione a ciò che liberamente si può fare, e quindi la si usa in senso doveristico.

E invece il dovere non è il doverismo. Anzi, possiamo dire che il dovere sta al doverismo come la morale sta al moralismo.

La differenza tra morale e moralismo non si misura dal numero delle rinunce né dal numero degli atti che si devono compiere (i doveri, per l’appunto), bensì dal numero delle motivazioni che sono a base dei doveri.

Facciamo un semplice esempio. Un conto è non rubare perché si vuole rispettare la proprietà altrui (primo motivo) e perché non si vuole essere sanzionati dalla legge (secondo motivo); altro è non rubare perché si vuole rispettare la volontà di Dio (primo motivo), poi rispettare la proprietà altrui (secondo motivo) e infine perché non si vuole essere sanzionati dalla legge (terzo motivo). Ebbene, nel secondo caso il non rubare è meno moralistico del primo, perché, per il primo, il numero delle motivazioni per sostenere la volontà è inferiore rispetto al secondo.

E’ evidente che -cari pellegrini- anche chi crede in Dio, e nel suo giudizio, può comportarsi disonestamente e perfino arrivare a compiere atti molto gravi; ma è pur vero che più motivazioni convincenti si hanno, meno dovrà essere lo sforzo di volontà. E pertanto questo sforzo diverrà giocoforza meno faticoso, cioè più facile.

Finanche un mangia-preti come Voltaire dovette affermare di preferire domestici che credessero in Dio per essere più sicuro per la propria argenteria.

Ed ecco il punto: meno spazio si dà Dio, più spazio si dà all’uomo. Ma non all’uomo sottomesso a Dio, bensì all’uomo con i suoi egoistici interessi, che inevitabilmente sono quelli di pensare a sé e non agli altri, di pensare a lavorare di meno piuttosto che di più, a fare le cose con meno fatica piuttosto che più accuratamente.

Ed è per questo che gli scalpellini medievali lavoravano con applicazione anche su cose che gli uomini non avrebbero mai visto, perché non s’interessavano dello sguardo dell’uomo, ma solo quello di Dio!

Insomma, siamo passati dal lavoro che si faceva bene anche se l’uomo non vedeva; al lavoro che si fa male malgrado l’uomo (anzi, pardon: la telecamera) vede.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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