SOSTA – La follia vegana: la vita di un pesce vale quella di un uomo

Cari pellegrini, si sta ancora parlando del terribile pestaggio che ha portato alla morte il giovane di Alatri, Emanuele Morganti.

A questo triste episodio è legata una cosa che definire ridicola è poco. Una vegana, Sarah Castellino, su facebook ha commentato una foto del giovane che tiene tra le braccia un pesce appena pescato. Ebbene, il commento è stato su questo tono: Emanuele è stato ucciso, il pesce anche.

La donna, intervistata, non ha mostrato alcun pentimento per il suo commento, anzi ha rincarato la dose: “Non chiedo scusa, non devo giustificarmi. Ho scritto quello che mi passava per la testa, il mio pensiero. Ho paragonato la vita di una persona a quella di un pesce, è la base dell’antispecismo. Emanuele non c’entra. Emanuele è stato ucciso, il pesce anche”. 

E ha anche aggiunto: “Gli allevamenti di animali sono come i campi di sterminio nazisti, la struttura è la stessa. I nazisti hanno preso esempio da quelli”. 

Affermazione, questa, che (mai paragona fu più appropriato) fa ridere i polli, essendo stato il governo nazista il primo a legiferare contro la vivisezione animale. Ma non solo. Molti teorici del nazionalsocialismo simpatizzavano con tematiche animaliste. D’altronde la loro impostazione neopagana li portava coerentemente a certe conclusioni… ma lasciamo perdere.

Allora, cari pellegrini, visto che ci siano, diciamo qualcosa su questo animalismo, che oggi va tanto di moda. Lo facciamo parlando dell’antispecismo, corrente di pensiero che fonda l’animalismo contemporaneo. Anche la donna di cui sopra lo ha citato.

Se il primo (l’animalismo) è la convinzione secondo cui uomo e animali avrebbero la stessa dignità, il secondo (lo specismo) è la convinzione della superiorità della specie umana sugli animali.

Il fondamento filosofico dell’antispecismo è l’utilitarismo, cioè la giustezza di un’azione si misurerebbe solo dalle sue conseguenze. E’ giusta se causa minor dolore, prendendo però in considerazione non solo l’uomo ma tutti gli esseri senzienti che vi sono coinvolti. Insomma, per l’antispecismo e l’animalismo ciò che conta non è la ragione ma solo la sensazione.

Il più famoso antispecista contemporaneo è il filosofo australiano Peter Singer, il quale, proprio in nome delle sue convinzioni, giunge a considerare lecito non solo l’aborto ma anche l’eutanasia attiva di neonati malformati. Così scrive in Etica pratica: “Scimmie, cani, gatti, e perfino topi e ratti, sono più intelligenti, più consapevoli di quanto accade loro, più sensibili al dolore e così via, di molti umani cerebro-lesi, degenti nelle corsie di ospedali o in altre istituzioni. Non sembrano esistere caratteristiche moralmente rilevanti che questi umani posseggano e di cui manchino gli animali. (…) E così, sembra che sia più grave uccidere, per esempio, uno scimpanzé, piuttosto che un essere umano gravemente menomato che non è una persona. (…) la nostra attuale protezione assoluta della vita degli infanti è un atteggiamento ebraico-cristiano piuttosto che un valore etico universale. (In altre civiltà) l’infanticidio non solo era permesso, ma, in certe circostanze, considerato moralmente obbligatorio.”

Cari pellegrini, facciamo tre riflessioni.

La prima:  questo tipo di pensiero non è completamente nuovo. Già sant’Agostino dovette confutare l’animalismo, allora di stampo gnostico. Oggi, con un evidente ritorno di visioni panteistiche tanto di stampo neopagano quanto orientale, questo pensiero ha trovato un indiscusso terreno fertile su cui attecchire. Anche i teorici contemporanei dell’anarchia si richiamano all’animalismo. La loro è una visione del mondo come processo rivoluzionario di “liberazione” della natura dal dominio dell’uomo. Solo così si realizzerà la vera democrazia, quella che chiamano “uguaglianza anarchica nella biosfera”.  Insomma, devono essere eliminate tutte le gerarchie, anche quella dell’uomo sugli animali.

La seconda: l’ animalismo è del tutto contraddittorio. Com’è possibile, infatti,  definire ciò che è giusto (in questo caso rinunciare allo specismo) e ciò che è ingiusto (non rinunciare allo specismo) se non utilizzando quella ragione che per l’animalismo non deve essere più un elemento discriminante? L’uomo, pur avendo la ragione, non è superiore agli animali. Ma l’uomo stesso, proprio perché ha la ragione, può prendere coscienza del fatto che la sua ragione non vale nulla. Non basta questo, cari pellegrini, per capire quanto faccia acqua, sul piano della logica, un pensiero di questo tipo?

La terza: ciò che dice l’animalismo si presenta come una sorta di “dovere morale” per l’uomo. Nel senso che siamo tenuti a comportarci così come dice l’animalismo: dobbiamo ritenerci non superiori agli animali, cioè dobbiamo rifiutare lo specismo. Dobbiamo credere in questo, dobbiamo far questo … ma gli animali? Agli animali è dovuto qualcosa? Evidentemente no, perché questi non hanno volontà e responsabilità. Noi dobbiamo. Loro no. Noi dobbiamo credere in quello che ci dice l’animalismo. Loro no.  Noi dobbiamo praticare il vegetarianesimo; loro invece possono mangiare carne. Non dobbiamo essere “crudeli” verso gli animali, mentre gli animali possono essere “crudeli” verso di me.

Cari pellegrini, la contraddizione sta proprio nel fatto che solo l’uomo può capire le stramberie dell’antispecismo e dell’animalismo. E forse solo per questo … gli animali sono più fortunati di noi.

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