SOSTA – Senza Novissimi… il peccato diventa un concetto misterioso!

Si sente sempre meno pronunciare la parola “peccato”, men che meno la parola “Confessione” (se non per destituirla di valore).

La cosa che lascia ancora più stupiti è che questa parola, “peccato”, si sente sempre meno anche in bocca ai sacerdoti.

Sono tanti gli elementi che ci fanno temere che molti preti, purtroppo, non credono più nel peccato (soprattutto quello grave) e nella necessità di confessarlo per la salvezza dell’anima. Un esempio potrebbe essere l’uso di dare penitenze tipo “fai una preghiera a tuo piacimento” o addirittura non darne…

Solo se non si crede nel peccato e nelle sue conseguenze si può pensare di non dare penitenze (che sappiamo, tra l’altro, non essere quasi mai esaustive per la totale liberazione dell’anima) o darle molto blande (eufemismo!).

Le cause di questo possono trovarsi nei vari cambiamenti portati nella dottrina della Chiesa in questi ultimi 50/60 anni.

Non vogliamo, e non possiamo, qui dilungarci in una spiegazione approfondita; ci servirebbe un trattato. Possiamo però far notare qualcosa che centra in pieno il bersaglio ed è comprensibile a tutti, sia a livello naturale (istintivo, si potrebbe dire) che a livello dottrinale.

Notiamo che il progressivo venir meno del concetto di peccato fra i cattolici è direttamente proporzionale al venir meno dell’insegnamento dei Novissimi.

È frequente, purtroppo, che qualcuno ci dica che non li conosce, che non ne ha mai sentito parlare.

I Novissimi sono le cose ultime della vita terrena e le prime della vita eterna: la Morte, il Giudizio particolare, il Paradiso o l’Inferno. «Sono le quattro colonne portanti del destino finale di ogni uomo. Nessun uomo, infatti, può evitare l’incontro con i quattro Novissimi al terminale della sua vita terrena» (Padre S. Manelli, FI, I Novissimi, Casa Mariana Editrice, 2016).

Nei secoli passati fior di santi e teologi hanno scritto su queste verità, ben consapevoli della loro importanza.

Cari pellegrini, la connessione che rende la mancata conoscenza dei Novissimi una delle cause della scomparsa del concetto di peccato fra i fedeli è la seguente (schematizziamo per semplificare):

– se sappiamo cos’è la morte (fine della vita terrena con il distacco dell’anima dal corpo), e tutti lo sappiamo…

– se sappiamo che subito dopo la morte, immediatamente, ci troviamo dinanzi al Giudice supremo per il nostro Giudizio particolare (Catechismo di San Pio X, 96 e 97)…

– se sappiamo che in quel Giudizio conosceremo la nostra destinazione eterna, Paradiso o Inferno (Catechismo di San Pio X, 99)…

– se sappiamo che il Paradiso «è il godimento eterno di Dio, nostra felicità, e, in Lui di ogni altro bene, senza alcun male» (Catechismo di San Pio X, 14) e che l’Inferno «è il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene» (17)…

– se sappiamo che «il peccato mortale è una disubbidienza alla legge di Dio in cosa grave, fatta con piena avvertenza e deliberato consenso» (143) e che questo «priva l’anima della grazia divina che è la sua vita … la rende degna di pena o morte eterna nell’Inferno» (144);

– se sappiamo che «i cattivi che non servono Dio e muoiono in peccato mortale, meritano l’Inferno» (15)

…beh … se sappiamo tutte queste cose, ci sembra evidente che cercheremo con tutte le nostre forze di fuggire il peccato, anche quello veniale! E i Novissimi hanno proprio questa funzione: farci conoscere tutti i punti suddetti.

Chi, di fronte ad un chiaro avvertimento che sta andando verso un pericolo, non si ferma e torna indietro?

Con la conoscenza dei Novissimi come si riuscirebbe a condurre una vita libera da ogni remora, gaudente, al seguito dei nostri istinti e senza limiti? I Novissimi, infatti, incutono timore, anche solo in modo inconscio.

Quando non viviamo secondo Verità, stanno lì da monito.

Ma «la scelta di vivere santamente per andare in Paradiso – come hanno fatto tutti i santi – è l’unica scelta che fa capire i Novissimi non con paura o terrore – come succede a noi, che non siamo “santi” – ma con serenità, perché è proprio meditando sui Novissimi che si impara a evitare ogni peccato, vivendo santamente per ottenere il Paradiso» (Padre S. Manelli, cit.)

Cari pellegrini, è dunque chiaro che se si conoscono i Novissimi, la parola “peccato” sarebbe ancora molto “in voga” fra la maggior parte dei cattolici.

Questa conoscenza non sarà certo sinonimo di certezza di riparo dal peccato, ma di certo sarà un utile “scudo” con cui difendersi dalle tentazioni.

Come in ogni cosa, e in particolar modo ancor di più nelle cose di fede, la conoscenza è fondamentale. Non si può essere cattolici senza conoscere cosa vuol dire esserlo, senza conoscere le basi cattoliche. Così non si può sconfiggere il peccato se non si sa cosa esso sia e quali conseguenze comporti.

E questo, lo ribadiamo, è stato sempre insegnato: sin da prima dell’Incarnazione di N.S. Gesù Cristo («Ricordati dei tuoi Novissimi e non peccherai in eterno», Sir 7, 36), fino a tempi recenti («La predicazione delle prime verità della fede e dei fini ultimi non solo nulla ha perduto della sua opportunità ai nostri tempi, ma anzi divenuta più che mai necessaria ed urgente. Anche la predica sull’inferno. Senza dubbio si deve trattare un simile argomento con dignità e con saggezza. Ma quanto alla sostanza stessa di questa verità, la Chiesa ha, dinanzi a Dio e agli uomini, sacro dovere di annunziarla, d’insegnarla senza alcuna attenuazione, come Cristo l’ha rivelata, e non vi è alcuna condizione di tempi che possa far scemare il rigore di quest’obbligo. Esso lega in coscienza ogni sacerdote a cui, nel ministero ordinario o straordinario, è affidata la cura di ammaestrare, di ammonire e di guidare i fedeli. È vero che il desiderio del cielo è un motivo in se stesso più perfetto che non il timore delle pene eterne; ma da ciò non consegue che esso sia per tutti gli uomini anche motivo più efficace per tenerli lontani dal peccato e convertirli a Dio», Pio XII, Discorso di Sua Santità Pio XII  ai parroci e ai quaresimalisti, 23.3.1949).

Con questo non diciamo che non c’è più nessuno che ne parli, ma che sicuramente l’insegnamento delle cose ultime non è più così primario e capillare come prima. E i frutti, purtroppo, si vedono su moltissimi fedeli.

Padre Stefano Manelli ha quindi giustamente ammonito che «se c’è un argomento che dovrebbe interessarci più di tutti, e più concretamente di ogni altro, dovrebbe essere appunto quello dei “Novissimi”» (Padre S. Manelli, cit.).

Cari pellegrini, siamo noi stessi che decidiamo il nostro destino eterno. La scelta di come passare l’eternità «tocca soltanto all’uomo, ad ogni singolo uomo. Nessuno può essere sostituito in questa scelta finale, che è la più decisiva di ogni altra, una vera scelta eterna. La scelta, in effetti, si fa sulla terra, durante la vita. Alla fine ci sarà soltanto il rendiconto della vita di ciascuno per ottenere la sentenza inappellabile del Giudice supremo, Dio» (Padre S. Manelli, cit.).

E allora, cari pellegrini, rivolgiamoci sempre all’Immacolata, affinché ci dia forza nelle tentazioni, e non dimentichiamo mai che «Dio è dappertutto e vede il segreto dei cuori» (Catechismo di San Pio X, 155).

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