Tra poco ci diranno che anche tifare per la Roma o per la Lazio… dipenda dal cervello

Spesso si sente parlare di scoperte di particolari aree del cervello deputate ad alcuni gesti e anche ad alcune scelte. Addirittura tempo fa venne data la notizia della scoperta di un’area del cervello che sarebbe deputata alla capacità di perdonare (clicca qui).

 Insomma, lo scopo è chiaro: si vuole operare una sorta di riduzione biologista dell’uomo e delle sue peculiari facoltà.

Tra i tratti distintivi della post-modernità vi è non solo il relativismo (che ha come logico e coerente epigono il nichilismo), ma anche la distruzione dell’uomo. E’ evidente che quando si parla di “distruzione dell’uomo” s’intende principalmente la distruzione di ciò che si manifesta come originalità umana: ovvero l’attività intellettiva (l’intelligenza) e quella volitiva (la libertà).

Relativamente all’attività intellettiva, il pensiero postmoderno non è riuscito a negarne l’esistenza. Ciò che però ha fatto è la negazione di tale attività come elemento discriminante il piano della valutazione della dignità della vita umana. Più semplicemente: la mentalità contemporanea tende a ritenere che ciò che conferisce valore alla vita umana non sia il piano intellettivo, ma solo quello biologico.  Lo sviluppo –e soprattutto lo pseudo-successo- delle cosiddette neuroscienze tende ad affermare che ciò che l’uomo può pensare, può scegliere, può produrre, insomma tutte le sue dinamiche volitive altro non sarebbero che esiti di meccanismi neuronali. Da qui si capisce perché gli atei e gli agnostici insistano su questo punto.

Vediamo allora di dimostrare quanto sbagliata sia una simile convinzione.

Quando nel Genesi è scritto che Dio permette all’uomo, in quanto creato a sua “immagine e somiglianza”, di usare degli uccelli del cielo e dei pesci del mare, autorizza l’uomo stesso ad orientare a sé il reale. Non a negarlo (idealismo) né tantomeno a distruggerlo (relativismo nichilista), ma senz’altro a orientarlo, cioè a “intellegerlo”, a penetrarlo per scoprire in esso un senso. C’è, infatti, qualcosa che va oltre il reale per cui il reale stesso è stato fatto ed esiste. Su questo qualcosa che va oltre, il reale non si perde ma si orienta e l’uomo ha la capacità di farlo. Ma tale capacità non gli è data solamente dai meccanismi biologici che lo costituiscono, questi sono solo lo strumento perché si realizzi altro: la libertà dell’uomo che è il pensare, il produrre … e il giudicare. Attività libere, non vincolate da alcun determinismo.

L’arte –per esempio- è il giudicare la realtà. Proprio in questo “giudizio” sta il progresso umano. L’animale non riesce a progredire se non in piccolissime cose che non lo elevano sopra la pura istintualità. Un singolo cane può scoprire la strada più comoda e più corta per arrivare alla ciotola del cibo, ma non va oltre. L’uomo, invece, modifica totalmente la sua vita. La modifica, perché può giudicarla. Quando Leopardi, pur nella sua negazione di ogni possibile risposta metafisica, pur nel suo sensismo, arriva a denunciare quanto l’uomo abbia un costitutivo bisogno di andare oltre l’ hic e t nunc (il qui e ora), smentisce tanto il suo nichilismo  quanto il suo sensismo. Nessun animale può arrivare a costatare il paradosso di un uomo che, pur scoprendosi finito, limitato, addirittura semplice “macchina cellulare”, invochi l’infinito e l’assoluto. Platone lo dice chiaramente: l’uomo desidera l’assoluto, l’infinito, la bellezza totale … ma nulla sulla faccia della terra palesa l’infinito, l’assoluto e la bellezza completa. E allora perché l’uomo ha tali desideri? Perché li ha l’uomo e non l’animale?

Il paradosso del riduzionismo biologista sta proprio nel fatto che già negare nell’uomo la dimensione spirituale, vuol dire ammetterla. Nessun animale dice di se stesso che è solo materia. L’uomo può dirlo, e può dirlo proprio perché non è solo materia.

Quando un amico ateo chiese al celebre scienziato credente Pasteur (1822-1895): “Come fai a credere che nell’uomo esista un’anima immortale?” Questi rispose con grande semplicità: “E’ proprio la tua domanda che me lo dimostra.”

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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1 Comment on "Tra poco ci diranno che anche tifare per la Roma o per la Lazio… dipenda dal cervello"

  1. Michelangelo Dragone | 12 Aprile 2017 at 19:12 | Rispondi

    Chiaro e puntuale, come sempre.

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