Terrorismo islamico: il professore Orsini dovrebbe pensare a Cartagine e ad Annibale

In prima serata, il 18 agosto, su la 7 nella trasmissione In onda si è parlato dell’attentato di Barcellona e tra gli ospiti vi era il professor Alessandro Orsini, che insegna Sociologia del terrorismo alla Luiss di Roma.

Questi ha detto che il terrorismo islamico, al di là delle notizie che ogni tanto occupano le pagine dei nostri giornali, sarebbe in una situazione fallimentare e ha addotto tutta una serie di dati per attestare la sua convinzione.

Tra le cause di questo fallimento vi sarebbe anche l’azione contrastante dei “musulmani di occidente”.

A nostro modesto parere, il professor Orsini fa una confusione di fondo. Confonde cioè la dimensione quantitativa con quella qualitativa.

E’ evidente che la stragrande maggioranza dei musulmani in Europa e nell’intero Occidente non appoggi il terrorismo, anzi sia contrario ad esso. D’altronde se non fosse così, avremmo ogni giorno la guerra per le strade. E che la maggioranza dei musulmani occidentali siano contrari al terrorismo è spiegabile per tutta una serie di fattori che adesso non possiamo elencare perché ci porterebbe fuori da ciò che vogliamo dire. Dicevamo: l’errore del sociologo della Luiss è -a nostro parere- quello di confondere la dimensione quantitativa con quella qualitativa, che forse -anzi non forse, senz’altro- è l’errore che fanno solitamente i sociologi.

Il discorso andrebbe invece affrontato partendo da una domanda che è poi la domanda di tutte le domande: perché questi giovani, perfino giovanissimi, arrivano ad ammazzare in questo modo? Qual è la loro motivazione “ideale” (ovviamente tra virgolette)? La risposta è semplice: l’Islam! Né più né meno.

E anche il discorso se il “loro” Islam sia quello vero o no, è una questione che si può e si deve affrontare, ma che nell’analisi sociologica della pericolosità del terrorismo diviene relativa.

Dire che il terrorismo islamico stia fallendo grazie soprattutto ai musulmani di occidente, ci sembra un’affermazione ingenua. Prima di tutto perché coloro che fanno queste azioni sono comunque musulmani “occidentali”, cioè musulmani di seconda o addirittura di terza generazione, ma poi è del tutto prevedibile che per loro il consenso sia un fattore relativo. Tra parentesi: Orsini ha anche detto che le sigle terroristiche sono un po’ come i partiti politici, cercano il consenso e se non lo trovano, spariscono.

Per capire quanto il consenso sia relativo, si tenga presente la differenza tra Al-Quaeda e Isis. La prima agisce esclusivamente sul piano della guerra asimettrica, richiamandosi generalmente al mondo sunnita, con colpi ad effetto; l’Isis agisce invece come espressione di uno Stato (il Califfato), che, per quanto sia in difficoltà, è presente con un suo territorio e utilizza il terrore come arma di guerra per dire che esiste e che può colpire con suoi “emissari” dappertutto.

Un esempio che forse può far capire, anche se con tutti i distinguo del caso. Cartagine cercò di colpire Roma, portando la guerra sulla Penisola con Annibale e il suo esercito. Roma, come risposta, fece lo stesso: andò in Africa e portò la guerra lì. Per un periodo di tempo i Romani erano a Cartagine e i Cartaginesi in terra romana.

… pensiamo che abbiate capito.

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