Tre punti per capire cosa il cattolico deve pensare delle tasse

Le tasse non sono simpatiche. Sarebbe strano il contrario. E’ vero che ci fu un ministro dell’economia dal 2006 al 2008, Tommaso Padoa-Schioppa (1940-2010), che disse che pagare le tasse è bello. Ma una boutade di questo tipo la lasciamo alla storia. Fu detta per ben precisi fini.

Chiediamoci piuttosto che rapporto c’è tra il pagamento delle tasse e la legge morale.

Per dare un’adeguata risposta facciamo un brevissimo ripasso in tema di Dottrina Sociale della Chiesa indicando solo tre punti:

Primo

Le tasse sono nell’ordine naturale, perché è nell’ordine naturale che debba esistere lo Stato e pertanto lo Stato deve sostenersi per poter gestire se stesso.

Secondo

Le tasse, però, non possono andare oltre un certo limite. Non si può pretendere -come accade oggi- che il contribuente debba lavorare per metà anno ( o quasi) solo ed esclusivamente per pagare le tasse: dirette e indirette. Il tax freedom day, cioè il giorno in cui ci si libera finalmente delle tasse (dirette e indirette), in Italia è il 3 giugno, dunque a metà anno!

Terzo

Nel pagamento delle tasse c’è una questione aggiuntiva ed è questa: come vengono utilizzate le risorse dei contribuenti? Bisogna esigere che le tasse vengano utilizzate correttamente e soprattutto secondo quelli che sono i veri fini dello Stato. Secondo la Dottrina Sociale della Chiesa lo Stato non deve gestire tutto (anzi), deve principalmente assolvere ai fondamentali impegni di garanzia e di difesa dei cittadini. Pagare tante tasse e vedere che lo Stato nulla (o poco) fa per l’ordine pubblico, per la gestione di una sanità che funzioni, ecc… rende ancora più ingiusto il pagamento di un fisco i cui livelli sono già di per sé ingiusti.

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2 Comments on "Tre punti per capire cosa il cattolico deve pensare delle tasse"

  1. Sardonicamente | 17 Maggio 2022 at 11:22 | Rispondi

    Adesso, per quanto riguarda la cosiddetta economia, vige l’ideologia del ”libero mercato”.

    Nel Medioevo, invece, c’erano le Corporazioni delle arti…

    Però vedo che non sono pochi, anche nell’area ”antropologica” del ”cattolicesimo tradizionale”, quelli che guardano con favore al cosiddetto libero mercato, e, più ingenerale, al liberalismo economico.

    Che strano (forse).

    Da Wikipedia: ”Nella seconda metà del Settecento, l’Illuminismo propugnò l’idea del libero mercato e conseguentemente i sovrani illuminati abolirono le corporazioni[5]: il Granducato di Toscana nel 1770, il Ducato di Milano nel 1787. In Francia vennero soppresse dalla Rivoluzione nel 1791 con la legge Le Chapelier. A Londra le livery companies non furono abolite, ma furono ridotte a un ruolo soltanto cerimoniale.”

    Capisco

  2. Sardonicamente | 17 Maggio 2022 at 18:51 | Rispondi

    Ecco, come volevasi dimostrare: nel post linkato qui giuso, concernente un libro sulla denatalità, si scrive che l’autore di esso libro propone come rimedi alla denatalità ”accorciare i percorsi educativi e professionali di studio, […] la creazione di un mercato del lavoro aperto, […] un ascensore so­ciale basato sul merito”

    ”Mercato” del lavoro più aperto (come se non fosse già abbastanza aperto e libero ‘sto cosiddetto ”mercato del lavoro”, locuzione esecranda, e mi trattengo), meritocrazia… Tutte ”ricette” che poi sono noti cavalli di battaglia dell’ideologia del liberalismo economico.

    Ma come mai c’è questa fascinazione per il liberalismo economico nei nostri ambienti, professore? A me viene una rabbia…

    https://vanthuanobservatory.com/2022/05/17/gli-ultimi-italiani-impietoso-roberto-volpi/

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