Un tempo non si accettavano nemmeno le “unioni civili”… oggi non è più così… e domani?

Ormai, diciamolo francamente, una certa accondiscendenza dell’omosessualità è penetrata ampiamente negli ambienti cattolici.

Non ci riferiamo solamente a convinzioni che dominano tra i fedeli, laddove è ormai da tempo manifesta la distanza tra il dirsi “cattolici” e l’adesione agli insegnamenti magisteriali nel campo della morale. Bensì a ciò che è ormai abbondantemente presente tra teologi e gerarchie, ovvero quello che ormai alcuni chiamano diffusione dell’omoeresia.

In questi giorni si è parlato della notizia della presenza del gesuita padre James Martin (noto difensore delle organizzazioni Lgbt) all’Incontro Mondiale delle Famiglie che si terrà in Irlanda nell’agosto prossimo.

Ma basterebbe pensare a ciò che è accaduto in pochissimi anni.

Inizialmente da parte della gerarchia vi era un rifiuto completo non solo del matrimonio omosessuale, ma anche di qualsiasi ipotesi di unioni civili (nel 2007 cadde un governo sulla questione dei “DICO”). Ora invece su quest’ultimo punto non solo c’è apertura, ma ormai se ne afferma la giustezza e la legittimità. Da qui il passaggio verso ulteriori posizioni diventa facilmente prevedibile.

E’ una manifesta contraddizione che ci fa temere il peggio. Alle esternazioni del neo-ministro Fontana sul fatto che esiste un solo tipo di famiglia, non si è levata dagli ambienti della gerarchia cattolica pressoché nessuna voce di sostegno. Eppure se si volesse davvero difendere la specificità della famiglia e quindi rifiutare il matrimonio omosessuale, si sarebbe dovuta dare solidarietà al ministro Fontana.

Ecco perché -temiamo- che, dopo le unioni civili, si arrivi ormai si arrivi a sdoganare l’attacco alla unicità del modello familiare.

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