BELLEZZA DEL TEMPO – 23 febbraio: San Pier Damiani

da “Mille santi del giorno” di Piero Bargellini


San Pier Damiani fu, nell’XI secolo, un grande innamorato della vita eremitica, di cui celebrò le lodi in poetici versi. Ma non fu soltanto un solitario, né soltanto un poeta. Fu anzi una delle figure più avventurose in uno dei più agitati secoli della vita della Chiesa.

Era nato, orfano, a Ravenna, nel 1007, ultimo di un branchetto di fratelli, e dopo un’infanzia di stenti, percorse rapidamente la carriera scolastica, fino a diventare giovane docente dell’Università di Parma. Presto però chiuse le porte ai rumori del mondo, ritirandosi nel monastero camaldolese di Fonte Avellana, sotto il “gibbo” del monte Catria. Non desiderava che solitudine e preghiera, solitudine e meditazione. Ma non si poteva restare nelle celle dei cenobi, quando la Chiesa era minacciata e divisa; quando le fiamme del male si levavano insidiose nel suo seno. E i mali che, in quei secoli, affliggevano la Chiesa, erano la simonia e il Nicolaismo.

La simonia consisteva soprattutto nel commercio delle cariche ecclesiastiche, che venivano conferite non liberamente, ma dietro compensi materiali, come, nella vita civile, venivano conferite le investiture feudali. Questo fatto, profondamente immorale, poneva la gerarchia ecclesiastica sotto il controllo e l’arbitrio dei potenti e dei ricchi. Spesso gli stessi pontefici venivano imposti da famiglie potenti, oltre che da Imperatori. A volte veniva eletto, magari con la forza, un Papa diverso da quello legittimo, cioè un’antipapa. Ne seguivano dolorosi  scismi, cioè separazioni, tra i fedeli dell’uno e i partigiani dell’altro.

Il Nicolaismo invece era l’incontinenza infiltrata nel clero, che troppo facilmente infrangeva il celibato.

A questi mali Pier Damiani oppose non solo le sue preghiere i suoi scritti, ma tutta la sua azione di riformatore e di moralista. Chiamato prima dal vescovo di Ravenna, poi dal Papa stesso, non poté restare a lungo nella solitudine del monastero di Fonte Avellana.

Fu vicino soprattutto a quell’Ildebrando che, divenuto Papa col nome di Gregorio VII, doveva coronare l’opera di riforma e chiudere la cosiddetta “lotta delle investiture”.

Fu inviato a Magonza per impedire il divorzio dell’Imperatore di Germania Enrico IV; in Francia, per difendere i monaci della famosa Abbazia di Cluny. Esorto a prendere il velo l’imperatrice Agnese, abbandonata dal marito. Fu eletto vescovo e nominato Cardinale. Ma Pier Damiani non desiderava altro che la pace del suo quieto monastero umbro dove, appena poteva, ritornava semplice monaco, rinunziando a tutte le dignità e da dove ripartiva obbediente non appena si richiedeva il suo aiuto. L’ultima volta, già vecchio, venne inviato a pacificare la sua città natale, Ravenna, divisa dai seguaci di un’antipapa.

Compiuta la missione, lasciata la città, nel 1072, la malattia lo fermò a Faenza, dove ancora si venera il suo corpo. Ed entrò così in quella pace a lungo desiderata nella solitudine della sua cella.

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