BELLEZZA DEL TEMPO – 24 aprile 1184 a.C.: I Greci entrano in Troia con un finto cavallo. Siamo proprio sicuri che i miti siano solo delle bugie?

di Corrado Gnerre

La tradizione dice che i Greci sarebbero entrati nella città di Troia con il famoso cavallo di legno il 24 aprile del 1184 a.C. Ovviamente non ne possiamo essere certi. Non solo perché ciò sarebbe accaduto tanto tempo fa, ma anche perché non possiamo nemmeno essere certi dell’esistenza storica del tranello del cavallo.

Ma è proprio su questa incertezza che è bene fare qualche riflessione.

Gli storici dicono che la guerra tra Troiani e Achei ci sia stata realmente. La causa sarebbe stata economica: le navi greche, che trasportavano grano proveniente dall’attuale Romania, passando dinanzi alle coste dell’Asia Minore, dovevano pagare ingenti tributi alla potente Troia che controllava quella zona di mare. Da qui il contenzioso e da qui la guerra.

Il mito, invece, da cui attingerà Omero -o chi per lui, in considerazione della cosiddetta “questione omerica”- dice che tale guerra sarebbe scoppiata per il rapimento della bella Elena, moglie del re greco Menelao, da parte di Paride, figlio del re di Troia Priamo. Da questo atto si sarebbero scatenate anche le invidie e le simpatie degli dèi che avrebbero ulteriormente soffiato sul fuoco per far scoppiare la guerra.

Dunque, due letture. Da una parte quella concreta, credibile e verosimile della questione economica; dall’altra quella invece mitica, leggendaria, fantastica, che storicamente si ritiene non possa reggere.

Ma è davvero così? Siamo proprio sicuri che una lettura mitica di questo evento non regga sul piano storico? E se invece queste due letture, concreta e mitica, potessero combinarsi?

Certo, detto così, fa specie: come è possibile credere in una lettura mitica di certi eventi dove tutto è inverosimile e che si presenta chiaramente come fantasia?

La risposta sta nel capire qual è la funzione del mito.

Il mito in un certo qual modo è una “bugia che dice la verità”. Contraddizione? Niente affatto. Il mito è sì una bugia, perché racconta fatti non realmente accaduti, ma una bugia che dice la verità perché mette in evidenza un dato incontestabile, e cioè che la storia umana non si spiega solo con fattori economici, materiali, concreti, misurabili statisticamente.

L’uomo è sì rivolto verso la soddisfazione di bisogni puramente materiali, da qui -ahinoi!- la sua sete di denaro, di comodità, di agi, di potere, ecc. Ma siamo proprio sicuri che la sete di tutto questo sia davvero solo per il denaro, per le comodità, per gli agi e per il potere? Oppure desidera tutto questo perché “spiritualmente” ha bisogno di altro, cioè vuole imporre se stesso nella sua integrità.

Per capire ciò che stiamo dicendo, l’esempio più calzante è quello dell’avaro. Questi desidera avere, possedere denaro e accumularlo sempre più. Perché ne vuol veramente godere? No, l’avaro, pur di non spendere, vive come un misero. Il suo desiderio del denaro è perché questo (il denaro) lo rassicura in una posizione “spirituale”, cioè lo fa sentire importante, superiore.

Insomma, ciò ci fa capire una cosa su cui forse non riflettiamo: mentre l’animale desidera la materia per la materia, l’uomo desidera la materia sempre per lo spirito. Cioè desidera la materia perché vuole soddisfarsi nelle sue emozioni, nei suoi sentimenti (che purtroppo possono essere buoni o cattivi), cioè nel suo stato interiore.

Ed ecco perché i miti sono bugie che dicono la verità. Il rapimento di Elena che fa scoppiare la guerra di Troia non nega le cause vere, quelle economiche legate ai traffici navali, dice solo che quelle cause da sole non bastano a spiegare. Che esistono anche questioni di principio. Buone o cattive, ovviamente, ma che orientano ancor più i comportamenti umani.

I miti insegnano che l’uomo non vive di “solo pane” (Matteo 4).

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