25 marzo, ricorrenza di san Disma. Come rispondere ad alcune obiezioni sull’immediata salvezza del Buon Ladrone?

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Il 25 marzo, oltre la più celebre ricorrenza dell’Annunciazione (che però quest’anno è posticipata all’8 aprile), ne cade anche un’altra, quella di san Disma, il cosiddetto buon ladrone. Colui che riuscì, come si dice benevolmente, a fare l’ultimo “furto” della sua vita, ovvero a “rubare” il paradiso all’ultimo momento. Gesù gli disse chiaramente: “Oggi sarai con me in Paradiso“. (Luca 23)

Tante possono essere le obiezioni legate a questo fatto.

La prima riguarda la questione della salvezza all’ultimo momento. Rispondiamo che il Cristianesimo, a differenza di altre religioni (per esempio quella islamica) non afferma una giustizia complessiva, bensì puntuale. La giustizia complessiva è quella giustizia per cui Dio giudicherebbe un’anima in base al numero di atti morali commessi. Se sono di più gli atti buoni rispetto a quelli cattivi, l’anima viene premiata; se invece gli atti cattivi sono più di quelli buoni, l’anima viene condannata. La giustizia puntuale prevede invece che l’anima è premiata o condannata a seconda di come viene trovata in punto di morte. C’è una ben precisa ragione che fa capire come la giustizia puntuale sia più logica. Attiene al fatto che per vivere eternamente con Dio c’è bisogno della grazia santificante. Non può l’uomo darsi Dio da sé, ma è Dio che si offre all’uomo. Per cui, una volta che ci si è separati da Dio nella prova della vita, va da sé che tale separazione si perpetui per l’eternità. C’è un’altra cosa da dire. Il peccato ha sempre un valore infinito, nel senso che con esso viene offeso Colui che è infinito, per cui già un solo peccato grave causa la dannazione eterna.

La seconda obiezione riguarda la purificazione delle pene. Come ci si può purificare di tante pene immediatamente? E chissà quante ne aveva sulla coscienza il povero san Disma! Anche per questa obiezione la risposta non è difficile. Prima di tutto va detto che gli atti di amore nei confronti di Dio purificano. Basterebbe pensare a quanto grande sia stato l’atto di amore del povero ladrone in quel preciso momento. Un atto di amore grandissimo prima di tutto considerata la situazione in cui era Cristo: sulla Croce. Escludendo la Vergine Santissima, le pie donne e Giovanni, di fatto tutti i presenti bestemmiavano Gesù. San Disma, invece, anch’egli presente, gli esprime vicinanza e affetto. Ma va considerata anche un’altra cosa, e cioè la situazione in cui il buon ladrone si trovava, ovvero anch’egli sulla croce, tra spasimi inauditi. Malgrado questo, ha voluto amare Gesù. L’amore nella sofferenza vale molto di più. E quell’amore in un dolore impossibile a descriversi (i chiodi che trapassano le carni, l’essere appeso con il respiro che lentamente si fa più pesante) lo ha purificato totalmente.

Da qui due insegnamenti per noi. Il primo. Impariamo ad amare Dio nella sofferenza e nella prova. Il secondo. I due ladroni soffrirono allo stesso modo. Ad entrambi furono lacerate le carni dai chiodi. Ma per l’uno quella sofferenza (ch’era identica) fu causa di dannazione; per l’altro, san Disma, fu occasione di salvezza.

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