APOLOGETICA CON I PROVERBI – “Al mattino gli uccelli volano via, ma la sera ritornano tutti al nido” (proverbio congolese)

Il popolo è ben altra cosa rispetto alla massa. La massa è qualcosa d’informe, che, pertanto, si lascia facilmente plasmare. Il popolo no. Esso ha una sua identità, una sua storia, delle radici. Ha un vissuto che gli permette di giudicare con buon senso il reale. E questo lo conforta di un’eredità: la saggezza. Certo, i popoli non sono uguali; perché le culture non sono uguali. C’è chi ha conquistato il Vero. Chi lo ha atteso. Chi lo ha rifiutato. Chi se ne è allontanato. Ma al di là di questo, ciò che è di natura percepisce il senso delle cose e il mistero del vivere. E, proprio perché Dio ha fatto sì che la natura fosse predisposta all’accoglienza della Grazia, non c’è buon senso popolare che non manifesta questo desiderio; al di là di ciò che la Storia dei singoli popoli partorisce. Ecco perché si può capire l’unicità e la bellezza della Verità Cattolica anche attraverso il buon senso di tutti i popoli.


La filosofia di Platone ovviamente ha delle affermazioni che non possono essere condivise; d’altronde si tratta di una filosofia nata in pieno paganesimo.

Ma c’è un’intuizione di fondo in essa che non solo è interessante per ciò che afferma il Cristianesimo, ma è anche in controtendenza con la mentalità pagana.

Platone rileva che c’è una differenza evidente tra ciò che di buono e di bello si può trovare nella realtà naturale e ciò che invece si desidera nel profondo del proprio cuore.

Qui, su questa terra, si possono trovare perfezioni relative e bellezze altrettanto relative. Ma allora perché -si chiede- nel mio cuore c’è un desiderio di perfezione e di bellezza assolute? Tutto questo -conclude Platone- vuol dire che noi veniamo dal divino; e, proprio perché veniamo dal divino, aneliamo al divino, cioè desideriamo ardentemente il divino. Insomma, tutta la nostra vita è contrassegnata da una sorta di nostalgia del divino.

Dicevamo che questa convinzione platonica è in controtendenza con ciò che affermava il paganesimo stesso. Infatti, questo presentava l’aldilà come esistente sì, ma come “luogo” di nostalgia della vita terrena, la quale era invece considerata come il luogo dove veramente si sia potuti essere felici. Platone, invece, ribalta tale prospettiva e fa capire, prefigurando la verità cristiana, che la vita terrena non è la vera patria, che la vita terrena può essere solo un antipasto del vero banchetto della felicità che può essere solo nella dimensione soprannaturale.

Dunque, il tema della nostalgia. Tema, talmente vero, che qui si gioca la vera umanità dell’uomo. Cioè il suo corrispondere ai propri reali, autentici, desideri.

La poetessa Emily Dickinson (1830-1886) dice che ci sono cose di cui “…ogni attimo di assenza, sembra eterno“. Abbinamento lessicale opportuno: assenza ed eternità.

L’assenza è la nostalgia, ma questa nostalgia sembra non finire mai, tanto è coinvolgente. Ed è totalmente coinvolgente perché di fatto è la ricerca dell’eternità. Di un’eternità a cui si tende e che si attende.

Il proverbio congolese dice una cosa vera: gli uccelli al mattino si allontanano dal nido, ma poi, alla sera, vi ritornano.

Il ritorno è ciò per cui davvero siamo stati fatti.

Il ritorno a Dio!


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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