AVVENTO – “Così occorre pensare il Signore, Bambino!”

di Pasqualina Nives Gnerre


Giuseppe Capograssi (1889-1956) fu un giurista e filosofo italiano. Del suo operato ci è rimasto un bellissimo epistolario che raccoglie tutti i pensieri che egli indirizzava alla sua amata Giulia, pensieri che rappresentano un mirabile documento di vero amore cristiano tra i due fidanzati e poi coniugi. Tra le numerose pagine se ne trovano alcune anche sul Natale. Offriamo alla riflessione uno di questi pensieri:

Natale, Giulia: Iddio che entra nella creazione con la piccola anima candida del bambino, mi riempie di dolcezza e di amore l’anima. Nessun mistero più soave di questo: nessuna primavera più tenera di questa del mondo, che respira la prima volta, dopo Adamo, per la bocca rosea del bambino nel quale l’Infinito si è mirabilmente incarnato. Tutto mi pare rinnovato: una volta (prima) tu, Giulia, mi dicesti una parola che mi colpì, una di quelle parole che tu spesso mi hai detto e che sono state come raggi chiari nella penombra dell’anima mia, dubbiosa e tempestosa: tu mi dicesti: ‘Così occorre pensare il Signore, Bambino’. Hai ragione: con il suo Candore Infinito, il suo Splendore Infinito, la sua Purità Infinita, la sua – direi – Spensieratezza infinita appare a noi sotto aspetto, sembianze, forme visibili, sensibili, tangibili. Che cosa è il bambino? Un vivere continuamente alla superficie delle cose, una spontaneità perenne, una semplicità che non sospetta affatto di essere semplice, un ingenuo sorriso aperto sull’universo delle cose sensibili, una fiducia nella madre, una piccola rossa fiammella di amore ingenuo e semplice per la vita ingenua e semplice. Questo involucro delicato e delizioso di ingenuità e di amore spontaneo, fu assunto dall’Amore Infinito quando volle visibilmente mostrarsi a noi. Il pensiero di Lui mi rinfresca l’anima, mi irrora l’anima di fresca ambrosia, l’anima che il vento arido e atroce del mondo dissecca in ogni istante. Giulia, dobbiamo sempre lavorare a essere conformi a questa Divina Freschezza, a questo Candore Divino, soprattutto a questa Divina Spontaneità fiduciosa. Dobbiamo, o Giulia, farci bambini (e il Signore stesso lo ha detto a parole aperte) e nel seno infinito di Dio riposare le nostre incertezze, e calmare la nostra febbre. Così dobbiamo amarci: così, con la grazia di Dio, ci amiamo, o Giulia. Per bontà di Dio, noi possiamo raccomandare e presentare il nostro amore al Bambino Divino, e pregarlo che faccia conforme il nostro amore alla sua semplicità piena di amore”.

Capograssi pone l’accento sull’aspetto delicato e dolce con cui Dio si è manifestato agli uomini. Tutta la lettera si può riassumere proprio con la frase: “Occorre pensarlo così il Signore, Bambino”.  

Chesterton descrivendo l’amore con cui Dio non si stanca mai di far sorgere il sole o di infondere la vita nelle nostre membra, nonostante la monotonia della creazione, parlava di una sorta di infanzia di Dio, di un suo entusiasmo inarrestabile: 

“I bambini hanno una vitalità esuberante e sono pieni d’istintività e di entusiasmo: per questo motivo vogliono sempre ripetere e non cambiare ciò che fanno. Dicono ogni volta: ‘Fallo ancora’, e all’adulto lo ripete fino allo sfinimento. Perché i grandi non sono abbastanza forti per godere della monotonia, ma forse Dio lo è. Può darsi che ogni mattina Dio dica: ‘Fallo ancora’ al sole e ogni sera dica: ‘Fallo ancora’ alla luna. Forse non è un’automatica necessità a rendere le margherite tutte uguali, forse Dio crea ogni margherita separatamente, ma non si stanca mai di farlo. Probabilmente possiede in eterno lo stesso entusiasmo dell’infanzia; noi siamo invecchiati perché abbiamo peccato e nostro Padre è più giovane di noi“.

Questa “eterna infanzia” divina è l’aspetto più bello che l’uomo possa contemplare di Dio e con cui possa inabissarsi nel mistero della Rivelazione.

E’ bello pensare che il Natale sia venuto a ricordare all’uomo pagano, troppo abituato ai sacrifici umani e ad altri orrori del genere, che l’aspetto con cui bisogna immaginare Dio sia proprio quello di un umile e sorridente bambino, assetato non di sangue, ma di amore umano.

Ed è bello inoltre pensare che il Natale non si sia mai concluso anche per allietare il nostro cuore, perché il nostro essere possa essere investito di quella infanzia divina che rinnova il mondo in ogni istante.


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