SOSTA: C’è presepe che “attualizza” …e presepe che “attualizza”

di Corrado Gnerre


Da diversi anni a questa parte, arrivato il Natale, si dibatte sui presepi. Sui presepi cosiddetti “attualizzati”, che riproducono scene e personaggi dei nostri giorni.

Come impostare la questione?

Chi si dichiara favorevole a presepi “innovativi” fa solitamente una considerazione: se il bel e famoso presepe napoletano nacque come una sorta di “attualizzazione” utilizzando come sfondo della Natività la Napoli del ‘700, perché allora scandalizzarsi o solo giudicare negativamente certi presepi avveniristici contemporanei?

L’obiezione sembra logicamente tenere, ma c’è un “ma” importante.

Che il presepe napoletano sia nato anche (ma non solo) con l’intento di “attualizzare” l’Evento e di portarlo nel proprio tempo e nel proprio luogo, è cosa indubbia. E ciò in risposta alla menzogna illuminista secondo cui il Cristianesimo dovesse essere trattato non come fatto, bensì come mito.

Ci sono però almeno due motivi che mi sembrano importanti per capire come ci sia “attualizzazione” ed “attualizzazione”.

Un primo motivo riguarda il modello sociale. Infatti, c’è società e società. Meglio: c’è società più aderente al Vero (in questa caso al Vero incarnato) e società meno aderenti al Vero. La società napoletana del ‘700, pur avendo già evidenti limiti, era ancora caratterizzata da un’indiscussa organicità e naturalità. Altro è la società postcristiana contemporanea che di naturale ed organico al Vero non ha conservato pressoché nulla, anzi.

Ma c’è un altro motivo. A mio parere ancora più importante, anche se più sottile. E’ il motivo che riguarda l’intento per cui si attualizza. Abbiamo detto che il presepe napoletano nacque per rispondere alla menzogna illuminista secondo cui il Cristianesimo dovesse essere trattato come una favola, cioè un mito e basta. Ma forse si dimentica che il presepe napoletano, prima ancora che essere risposta a qualcosa, è un presepe che nasce -meglio- è un presepe che fa nascere il presepe domestico. Se è vero che ci sarebbero testimonianze che vogliono l’uso di riprodurre plasticamente la Natività già prima del Mille nella penisola iberica, è pur vero che il presepe diviene oggetto domestico proprio con il presepe napoletano. E anche questo per una serie di motivi, fra cui quello più significativo di rispondere alla presenza sempre più ingombrante dell’arte classica (classicismo illuminista). Non a caso gli artigiani presepisti napoletani vollero che vicino alla Natività vi fosse sempre un rudere romano (una colonna o un capitello ormai rovinati) per far capire come quel Bambino, nascendo, stava distruggendo un mondo e che da sciocchi sarebbe stato il pensare (come avveniva nei circoli illuministici del tempo) che il mondo pagano fosse superiore alla civiltà cristiana.

Dunque il presepe napoletano fa nascere il presepe così come lo conosciamo noi e soprattutto lo costruiamo noi.

E allora non si tratta di fare del presepe un’opera che possa automaticamente mutarsi con il tempo, bensì di capire che c’è presepe che attualizza e presepe che attualizza.

Così come c’è Raffaello e Mirò…

…così come c’è un Castello della Loira e l’Opera House di Sidney…

… così come c’è la Saint Chapelle e la chiesa di Fuksas a Norcia…

…così come c’è un borgo alpino ed una periferia metropolitana.

Per me non sono proprio la stessa cosa. Per voi?


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