A cura di Pierfrancesco Nardini
Domanda: Cosa ci ordina l’ottavo comandamento?
Risposta: L’ottavo comandamento ci ordina di dire a tempo e luogo la verità, e d’interpretare in bene, possibilmente, le azioni del prossimo.
L’ottavo comandamento ci ordina, indirettamente, di dire la verità e vivere nella giustizia nei confronti del prossimo. La verità è un riflesso della natura stessa di Dio, che “non può mentire” (Tt 1, 2), ed è il fondamento di ogni autentica relazione umana. Questo comandamento ci invita, quindi, a un comportamento che promuova il bene, evitandone la distruzione attraverso la menzogna, la calunnia, il giudizio e il sospetto temerari.
Se, dunque, ordina di dire la verità, non impone, però, una comunicazione senza discernimento: richiede che la verità sia detta “a tempo e luogo”. Non tutte le verità devono essere rivelate sempre e a chiunque: “dire il vero è necessario per la giustizia, ma non ogni verità va manifestata” (San Tommaso d’Aquino, Summa Theol., II-II, q. 110, a. 3). Questo principio ci ricorda che dobbiamo agire con prudenza, evitando di esporre il prossimo a un male maggiore o a inutili conflitti. Anche questo è una manifestazione di carità. Il Dragone è preciso, tanto da richiederne la citazione integrale. “Talora possiamo tacere e nascondere la verità, per esempio a chi chiede solo per curiosità e non ha diritto di sapere (si veda Atti 1, 6-7, ndr). Dobbiamo anzi mantenere il segreto: 1) quando rivelare la verità danneggerebbe ingiustamente qualcuno o gli recherebbe dispiacere (segreto naturale); 2) quando si è promesso di tener segreto ciò che ci fu confidato (segreto promesso); 3) quando ci è stato rivelato qualcosa a condizione che non lo manifestassimo (segreto affidato)”. Si può aggiungere anche l’esempio del dovere di riservatezza dei professionisti.
L’invito di San Pio X a “interpretare in bene” le azioni del prossimo è un richiamo alla carità cristiana, che copre “una moltitudine di peccati” (1Pt 4, 8). È facile, infatti, cadere nella tentazione di giudicare malevolmente, ma l’autentica giustizia richiede che si dia al prossimo il beneficio del dubbio. E lo si deve dare fino a ogni minima possibilità. Sant’Agostino affermava: “se non puoi vedere nel cuore, interpreta in meglio ciò che appare all’esterno” (Lettere, 166, 6). È il classico concetto di non entrare nel foro interno delle persone, ma giudicare il foro esterno. Questo atteggiamento non è ingenuità, come purtroppo spesso si crede, ma un atto di fiducia nella bontà che la grazia di Dio può operare in ogni uomo. Altrimenti si cadrebbe nel peccato di un giudizio temerario.
La menzogna, in ogni sua forma, è contraria a questo comandamento. Anche quelle che sembrano “piccole bugie” erodono la fiducia e distorcono la realtà, impedendo una vera comunione tra le persone. La Chiesa da sempre ricorda che la menzogna è un’offesa a Dio, che è Verità assoluta. “Non c’è nulla di così distruttivo nella comunità umana quanto la menzogna” (San Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Giovanni, 42).
Rispettare l’ottavo comandamento non è solo un dovere morale, ma una via di santificazione. Gesù stesso ci ha insegnato che “la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). Vivere nella verità è testimoniare Cristo, che è la Verità incarnata. Nel nostro quotidiano, dobbiamo sforzarci di essere strumenti di pace e giustizia, imparando a parlare con rettitudine e giudicare con misericordia.
Riflettiamo, dunque, ogni momento, su come le nostre parole e i nostri giudizi possano edificare, anziché distruggere, il tessuto della società, le relazioni con gli altri. Preghiamo sempre per la grazia di essere fedeli a questo comandamento, ricordando che “il cristiano è uno che dice sempre la verità, ma mai senza carità” (S. Agostino, Sermoni, 49, 7).
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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