COMMENTO AL CATECHISMO DI S.PIO X: n.146

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: Come si riacquista la grazia di Dio perduta per il peccato mortale?

Risposta: La grazia di Dio perduta per il peccato mortale si riacquista con una buona confessione sacramentale, o col dolore perfetto che libera dai peccati, sebbene resti l’obbligo di confessarli.


Ogni peccato può essere perdonato.

Questa è la prima verità da tenere in conto nel commento a questo numero del Catechismo.

Si deve, quindi, innanzitutto ribadire che non esiste una possibile irredimibilità dal peccato mortale, una sorta di condanna definitiva già in vita, che comporta, in pratica, per l’uomo possibilità-zero di cadere, cosa pressoché impossibile, vista la caducità della natura umana, salvo fulgide eccezioni (i santi).

Nostro Signore Gesù Cristo ha creato il sacramento della Penitenza o Confessione proprio per questo, proprio per i peccati mortali degli uomini. Per poter permettere loro di ritornare in stato di grazia e guadagnare il Paradiso.

Come si approfondirà nei commenti sui numeri della Confessione, infatti, questo sacramento ha come materia necessaria “tutti i peccati mortali commessi dopo il Battesimo non ancora direttamente sottoposti alla potestà delle chiavi della Chiesa” (E. Jone, Compendio di teologia morale; v. anche can. 901 CJC 1917). Sono materia libera e sufficiente per la Confessione anche i peccati veniali.

Il peccato mortale potrà essere rimesso anche con la cosiddetta contrizione perfetta.

Per contrizione si intende “dolore dell’animo e detestazione del peccato commesso col proposito di non peccare mai più” (Concilio di Trento). Il dolore dell’animo è il dispiacere per aver peccato, l’orrore per il peccato in sé e per averlo commesso. Non è necessariamente un dolore sensibile o non deve essere espresso visivamente (ad es. lacrime). Deve però esserci quale condicio sine qua non per la validità della Confessione.

Con la contrizione i peccatori “si dispongono con la fede, il timore, la speranza, e cominciano ad amare Dio come fonte di ogni giustizia” (Concilio di Trento).

Il Concilio di Trento insegna infallibilmente anche che è di fede la necessità della contrizione per la remissione dei peccati: anche non perfetta, ma il semplice dolore per il peccato che porta il fedele alla valida Confessione (“se alcuno negherà che è richiesta la contrizione per l’integra e perfetta remissione dei peccati, sia scomunicato”). E nella sessione 14, c. 4, evidenzia anche che la contrizione perfetta (ossia fatta con carità perfetta) giustifica prima di accostarsi alla Confessione (questa è prossima alla fede).

Si capisce che “il motivo della contrizione perfetta è il perfetto amore di Dio o carità, che consiste nell’amare Dio per se stesso sopra ogni cosa (amor benevolentiae vel amicitiae). Il suo oggetto formale è la bontà divina in se stessa (bonitas divina absoluta)” (L. Ott, Compendio di teologia dogmatica).

Per poter ottenere la contrizione perfetta inoltre si deve avere la volontà e il desiderio di avvicinarsi al sacramento della Penitenza quanto prima (“Tuttavia tale riconciliazione non si deve mai attribuire alla contrizione sola senza il desiderio del sacramento che è in quella incluso”, Concilio di Trento).

Quella della contrizione perfetta può diventare una trappola, un rischio per i fedeli poco attenti o che tendono ad un atteggiamento superficiale. Infatti, non è facile riuscire ad ottenerla, così che potrebbe rimanere una pura illusione e lasciare il fedele nel peccato, almeno fino a che non faccia poi la Confessione.

Se, infatti, si dovesse ragionare debolmente di fronte alle tentazioni nel senso di poter poi rimediare con la contrizione perfetta e così si dovesse peccare, si cade in un tranello del Nemico. Convinti di poter fare contrizione perfetta e convinti magari anche di averla davvero ottenuta (senza sapere come e cosa fare per averla), si rimane nel peccato, anche procrastinando la Confessione, nella pretesa di aver rimediato al peccato mortale commesso.

Preghiamo dunque sempre Maria Santissima affinché ci dia la forza di resistere alle tentazioni, anche a quelle di supporre presuntuosamente di poter attivare facilmente la contrizione perfetta.


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