Il Catechismo di San Pio X commentato per voi (n.89)

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini

Domanda: Gesù Cristo morì come Dio o come uomo?
Risposta: Gesù Cristo morì come uomo, perché come Dio non poteva né patire né morire

All’inizio del suo Catechismo, san Pio X ha insegnato l’eternità di Dio (n. 8). Dio è Essere perfettissimo che è da sempre e per sempre.
La differenza ontologica con le creature è evidente: queste ultime hanno comunque tutte un inizio (sia gli angeli con la creazione, che gli uomini, anima e corpo, con il concepimento) e alcune anche una fine corporale (il corpo dell’uomo alla morte, in attesa del Giudizio universale).

Una spiegazione efficace, sintetica e chiara è quella del Dragone, che nel suo commento ricorda che “la morte è la separazione delle parti di un vivente composto. La morte dell’uomo è la separazione dell’anima spirituale dal corpo materiale. Dio è semplicissimo, non ha parti e non può morire, perché è indivisibile in se stesso”.

Gesù, come Dio, dunque, non poteva morire, ma è qualcosa che toccò solo Gesù uomo, non Gesù Dio. La Sua anima, certo, al momento della morte, si staccò dal Suo Corpo, ma comunque “il Verbo restò unito realmente e ipostaticamente all’uno e all’altro” (Dragone).

La morte non è possibile per Dio, non solo perché è Eterno. Non lo è anche per altri motivi.

Intanto perché essa è il frutto del peccato originale (v. nn. 71-73): Dio è Bene assoluto, non può aver nulla del peccato che è il vero male.
Non è possibile, poi, anche perché Dio è beatitudine perfettissima e non può in alcun modo avere “ripugnanza e dolore” (cause che il Dragone, giustamente, attribuisce alla morte).

L’Uomo-Gesù, invece, soffrì e morì sulla Croce (per la precisione, si usa dire che sperimentò la morte). Questo è possibile proprio perché riguarda l’umanità di Cristo. Per quanto, infatti, Gesù fu l’Uomo più perfetto, “il corpo e l’anima assunti dal Verbo furono perfetti, con tutte quelle doti che sono proprie della natura umana non decaduta” (Dragone, commento al n. 76), ossia come Adamo ed Eva prima del peccato, era comunque vero uomo, e come tale Dio aveva permesso che la Seconda Persona della Ss.ma Trinità potesse, solo nella Sua umanità, avere le stesse sensazioni di tutti gli uomini, compresa sofferenze e morte.

Si nota però la differenza tra gli uomini e Lui. Per quanto detto sopra circa la perfezione del Corpo di Gesù e soprattutto per il sostegno miracoloso di Dio, Nostro Signore sopportò un’angoscia (nel Getsemani) ed una sofferenza fino alla Morte sulla Croce di intensità tale che qualsiasi altro uomo sarebbe morto molto prima.

Si ritengono importanti due considerazioni ulteriori, circa la questione in oggetto.

La sofferenza e la morte di Gesù-Uomo non sono in nessun modo dimostrazioni della non divinità di Cristo, come alcuni critici hanno sostenuto nel corso del tempo.

In un’unica Persona ci sono due Nature, ma quella che soffre e muore è solo quella umana, non quella divina. Il sostenere che, dato che Gesù ha sofferto allora non sarebbe Dio, significa non prendere in considerazione l’unione ipostatica, o non crederci; significa insomma parlare come se Cristo avesse avuto una sola natura in una sola persona.

Ogni ragionamento su questi argomenti non può mai prescindere dalla fede, cioè dal considerare l’aspetto soprannaturale. In questo caso, dunque, non si può intraprendere un tale ragionamento per concludere che Gesù non è Dio, bypassando completamente l’insegnamento della Chiesa, che scaturisce dalla Rivelazione. Solo tenendo conto dell’unione ipostatica, quindi “mettendo in mezzo” anche la fede (perché questo è concetto misterioso per la mente umana), si può arrivare alla conclusione corretta che Gesù era ed è Dio.

Si deve, poi, sempre considerare, in ogni momento della propria vita, che la Passione e Morte di Gesù sono la conseguenza del peccato, senza il quale non ci sarebbe stata la necessità della Redenzione. In questo modo si avrà uno stimolo continuo per odiare sempre il peccato, perché in qualche modo anche quelli attuali continuano a far “soffrire” Nostro Signore.

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