Il Catechismo di San Pio X commentato per voi (n.90-seconda parte)

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: Dopo la morte che fu di Gesù Cristo?
Risposta: Dopo la morte, Gesù Cristo discese con l’anima al Limbo, dalle anime dei giusti morti fino allora, per condurle seco in Paradiso; poi risuscitò, ripigliando il suo corpo che era stato sepolto


In questa seconda parte si parlerà della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Si è approfondito l’argomento già nel commento al n. 88 (a cui si rimanda) soprattutto in merito alla sua importanza per la fede ed agli elementi che ne dimostrano l’autenticità.

Si vuol qui effettuare qualche ulteriore considerazione, non temendo di annoiare nel tornare su un argomento già trattato, proprio per la sua importanza.

Si considera, in primis, che sulla Resurrezione di Cristo è da soffermarsi su due aspetti: uno di immediata percezione (la sconfitta della morte), l’altro, diciamo così, più profondo.

Quando si pensa alla Resurrezione, ovviamente, si pensa a Cristo che, in quanto Dio, risorge dopo tre giorni dalla morte, ossia vince la morte e torna alla vita, “ripigliando il suo corpo che era stato sepolto”, come scrive San Pio X.

Questo è quanto in superficie (non nel senso di superficialità) ognuno vede ad un primo approccio all’argomento: l’azione di ritorno alla vita del Corpo di Cristo, al di là di ogni legge di natura.

C’è, però, anche un altro aspetto della Resurrezione da considerare, un aspetto più profondo, che arriva al fedele solo con la conoscenza dei misteri della fede e con la loro meditazione.

Si parla del fatto che Gesù è risorto per Sua forza e virtù divine, è Lui stesso che si è fatto risorgere, nessuno Lo fa risorgere (se non il Padre, che però incide solo sulla natura umana: “se talora la Scrittura dice che Cristo fu resuscitato da Dio o dal Padre (…) l’espressione va intesa come riferita a Cristo in quanto uomo”, L. Ott, Compendio di teologia dogmatica).

L’XI Concilio di Toledo (675) scrisse che Cristo è risorto virtute propria (per virtù propria).

É un’unicità che ulteriormente evidenzia la divinità di Gesù, come se, in sé, non bastasse risorgere: nessun’altra resurrezione raccontata dai Vangeli ha questa caratteristica, è sempre stato lo stesso Gesù a ridare la vita. Questo perché la natura non ammette che l’uomo possa far tornare alla vita se stesso, da solo.

La causa “pratica” di questa ulteriore unicità era l’unione ipostatica. “Causa principale della resurrezione fu il Logos in unione con il Padre e lo Spirito Santo; causa efficiente furono le parti dell’umanità di Cristo ipostaticamente unite con la divinità, anima e corpo” (L. Ott, op. cit.).

La Resurrezione ha un valore decisivo in quanto all’apologetica, ossia è la dimostrazione definitiva della divinità di Gesù. Come detto nel n. 88: senza sarebbe vana la nostra fede. Affermazione questa di origine paolina.

Dal punto di vista della salvezza, la Resurrezione non ha lo stesso valore della Passione e Morte di Gesù riguardo alla Redenzione: la Morte sulla Croce ne è, infatti, la causa meritoria (e, per il valore infinito di ogni azione divina, sarebbe bastato molto meno…).

La Resurrezione però è comunque elemento imprescindibile per l’umanità, anche se non causa diretta della Redenzione: di certo Gesù non avrebbe potuto terminare la Sua Vita terrena solo con la Morte, per cui la Resurrezione è “il vittorioso compimento dell’opera redentrice” (L. Ott, op. cit.). È, insomma, l’unica conclusione possibile. Senza, d’altronde, non ci sarebbe stata la prova provata della divinità di Cristo.

Anche San Paolo spiega questa differenza quando scrive che Gesù “è stato messo a morte per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Rom 4, 25).

La Redenzione di Gesù è poi fondamentale anche perché diventa il modello della nostra resurrezione finale, spirituale dal peccato, ma anche corporale alla fine dei tempi (come evidenzia San Paolo).

Concludiamo con una frase di Sant’Agostino, che metteva in guardia dal non credere nella Resurrezione e nel suo essere prototipo della resurrezione di tutti: “chi dunque nega la risurrezione dei morti non è cristiano (…) il peso dell’autorità deve condurre il cristiano, che ha aderito con fede al Cristo e non teme che l’Apostolo dica menzogne (…) Se è risorto il Cristo che è la salvezza dei cristiani, non è impossibile che i morti risorgano perché Colui che ha risuscitato il proprio Figlio, e Colui che ha risuscitato il Suo Corpo, ha dato in Lui che è il capo, l’esempio al resto del corpo che è la Chiesa” (Discorso 361, n. 3. 3).

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