La rivolta dei “gilet gialli”… ti offriamo un giudizio per capire

A demonstrator holds a French flag during a protest of Yellow vests (Gilets jaunes) against rising oil prices and living costs, on December 1, 2018 in Paris. - Speaking at the Paris police's command centre, French Prime Minister said 36,000 people were protesting across France, including 5,500 in the capital for this 3rd nationwide day of blockade ands demos. (Photo by Geoffroy VAN DER HASSELT / AFP)

del C3S

Cari pellegrini, amare la bellezza della Verità Cattolica vuol dire anche interessarsi un po’ di tutto. Non certo per spocchia accademica ed intellettualista (non avrebbe senso), bensì perché è giusto che si abbia un giudizio su ciò che accade. Ovviamente un “giudizio cattolico”. E’ la saldatura che deve essere sempre salvaguardata tra fede e cultura e tra fede e vita.

Ovviamente i giudizi possono essere più o meno precisi, a seconda delle circostanze, a seconda degli elementi e dei dati che si hanno a disposizioni, e anche a seconda delle capacità di chi le esprime.

Noi vi offriamo i nostri, consapevoli però dei nostri limiti.

In questi giorni si sta parlando delle proteste dei cosiddetti gilet gialli in Francia.

Diciamo prima di tutto come è nata questa protesta.

Essa è partita con una petizione su Change.org ideata signora Priscilla Ludosky.

Nella petizione si chiedeva di abbassare le tasse sul carburante, rincari introdotti dal governo Philippe (ovviamente con il beneplacito del presidente Macron) per motivi ecologisti.

Ma veniamo alla questione più importante: come giudicare il tutto?

In un’intervista rilasciata in questi giorni, Daniel Cohn Bendit (noto esponente del ’68 francese), alla domanda se vi fossero delle affinità tra ciò che successe nel Maggio francese e ciò che sta succedendo ora, ha risposto negativamente, aggiungendo che quel movimento lottava contro un generale (il governo del generale De Gaulle), mentre questo movimento ha proposto un governo a guida di un generale, Pierre Le Jolis de Villiers Saintignon.

L’affermazione può sembrare troppo riduttiva, ma è interessante (per quanto siamo ovviamente critici su ciò che Daniel Cohn Bendit ha sempre rappresentato). Un’affermazione sintetica ma che dice tutto.

Ciò che sta accadendo in Francia non ha un’anima ideologica (a differenza del Maggio francese), l’unico collante (al di là della scintilla del costo del carburante) è la rivolta contro l’elités finanziarie, tecnocratiche e globaliste.

Soffermiamoci sul secondo aggettivo, tecnocratiche. Sembra un paradosso, perché, sempre stando alla scintilla che ha fatto nascere la rivolta, da una parte abbiamo un governo che avrebbe optato per decisioni a favore del rispetto dell’ambiente, dall’altra un movimento che, infischiandosene della questione ambientale, penserebbe solo egoisticamente a non avere grattacapi per il proprio portafoglio. Da qui la famosa frase che li muove: “Le elités pensano alla fine del mondo, noi pensiamo alla fine del mese!”

In realtà, questo aggettivo, tecnocratiche, spiega benissimo. La tecnocrazia non è l’anteposizione del buon senso e dei bisogni primari. La tecnocrazia è una vera e propria ideologia anti-ideologica, che, sotto la parvenza della necessità di risolvere i problemi, impone una visione della vita sganciata dal senso umano e dal senso della terra.

Per la tecnocrazia non esiste un senso umano. Esistono solo criteri razionalistici con cui inglobare i problemi indipendentemente dalla vita concreta di ognuno. La Legge Fornero del governo Monti ne è il più classico esempio. L’importante è salvaguardare i parametri, tutto il resto è secondario. In un celebre film, Totò deve simulare un ammalato. Il sodale gli fa capire che non deve temere di subire un’operazione chirurgica che altro non sarà che un susseguirsi di tagli: faremo questo, faremo quest’altro per sconfiggere la malattia… e lui di rimando: e intanto che sparisce la malattia, l’ammalato è morto… e poi fa il suo classico gesto…

Ma per la tecnocrazia non esiste nemmeno un senso della terra. Cioè non esiste la necessità di risolvere i problemi considerando le caratteristiche individuali delle culture. Le ricette devono essere più o meno uguali per tutti, perché poi -alla base- vi è il chiaro intento di uniformare globalisticamente.

Cari pellegrini, non  sappiamo come questa rivolta andrà a finire. Non sappiamo nemmeno che piega prenderà nei prossimi giorni. Spesso nella storia sono accaduti fatti che sono partiti in un modo e poi sono arrivati in tutt’altro modo. Di certo, però, ci troviamo dinanzi a qualcosa di nuovo. Ma attenzione: anche a qualcosa che si ripete da secoli. Non dimentichiamo, infatti, che -piaccia o non piaccia- la Francia è stata sempre antesignana in tutto: nel bene e nel male… e che lì le rivoluzioni (buone o cattive che siano) le sanno fare!

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