LA SOSTA – Della Comunione come mezzo di santificazione

Il Cammino dei Tre Sentieri: L’ottimo sito cordialiter.blogspot.it continua la pubblicazione di alcuni brani dal “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 – 1932). 

cordialiter.blogspot.it: 

A) Gli effetti. L’Eucaristia, come sacramento, produce direttamente in noi per sua propria virtù, ex opere operato, un aumento di grazia santificante. Infatti è stata istituita per essere cibo dell’anima nostra: “Caro mea vere est cibus et sanguis meus vere est potus”; i suoi effetti sono dunque simili a quelli del nutrimento materiale: sostiene, aumenta e ripara le forze spirituali, causandoci una letizia che, se non è sempre sensibile, è per altro reale. Gesù stesso è il nostro alimento, l’intiero Gesù, il suo corpo, il suo sangue, la sua anima, la sua divinità. Si unisce a noi per trasformarci in lui; questa unione è insieme fisica e morale, trasformante e di sua natura permanente. Tal è la dottrina di S. Giovanni che il P. Lebreton compendia così: “Nell’Eucaristia si compie l’unione di Cristo e del fedele e la vivificante trasformazione che ne è il frutto; non si tratta solo più dell’adesione a Cristo per mezzo della fede, nè dell’incorporazione a Cristo per mezzo del battesimo; è una nuova unione realissima insieme e spiritualissima: si può per lei dire che chi aderisce al Signore non solo è con lui un solo spirito, ma anche una sola carne. È unione così intima che Gesù non teme di dire: “Come io vivo per il Padre, così colui che si ciba di me vivrà per me”; abbiamo certamente qui solo un’analogia; ma resta sempre vero che, per mantenerla, bisogna intendervi non solo un’unione morale fondata sopra una comunanza di sentimenti ma una vera unione fisica, che importa la fusione di due vite, o meglio la partecipazione del cristiano alla vita stessa di Cristo”.
 
Studiamoci di spiegare cotesta unione.
 
a) È un’unione fisica. È di fede, secondo il Concilio di Trento, che l’Eucaristia contiene veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue di Gesù Cristo, con la sua anima e la sua divinità, e quindi tutto quanto Cristo. Onde, quando facciamo la comunione sacramentale, riceviamo realmente e fisicamente, nascosti sotto le sacre specie, il corpo e il sangue del Salvatore, con la sua anima e la sua divinità. Siamo quindi non solo tabernacoli ma anche pissidi ove Gesù abita e vive, ove gli angeli vengono ad adorarlo, e dove noi dobbiamo aggiungere le adorazioni nostre alle loro. Anzi c’è tra Gesù e noi una unione simile a quella che esiste tra il cibo e colui che se l’assimila; con questa differenza però che non siamo noi che trasformiamo Gesù nella nostra sostanza ma è Gesù che noi trasforma in lui: è infatti l’essere superiore che si assimila l’inferiore. È un’unione che tende a rendere la nostra carne più sottomessa allo spirito e più casta, e depone in lei un germe d’immortalità: “Et ego resuscitabo eum”.
 
b) Su questa unione fisica viene ad innestarsi un’unione spirituale intimissima e trasformatrice. 1) È unione intimissima e santificantissima. L’anima di Gesù s’unisce alla nostra per non fare con lei che un cuore solo e un’anima sola: “cor unum et anima una”. La sua immaginazione e la sua memoria, così ben regolate e così sante, s’uniscono alla immaginazione nostra e alla nostra memoria per disciplinarle e orientarle verso Dio e le cose divine, volgendone l’attività verso il ricordo dei benefici di Dio, verso l’incantevole sua bellezza e l’inesauribile sua bontà. La sua intelligenza, vero sole delle anime, ci illumina la mente con gli splendori della fede e ci fa veder tutto e tutto giudicare alla luce di Dio; tocchiamo allora con mano la vanità dei beni della terra, la follia delle massime del mondo, assaporiamo le massime evangeliche prima così oscure per noi perchè tanto contrarie ai naturali nostri istinti. La sua volontà così forte, così costante, così generosa, viene a correggere le nostre debolezze, la nostra incostanza, il nostro egoismo, comunicandoci le divine sue energie, tanto da poter dire con S. Paolo: “Io posso tutto in colui che mi fortifica: “omnia possum in eo qui me confortat”. Ci pare allora che gli sforzi non ci costeranno più, che le tentazioni ci troveranno incrollabili, che la perseveranza nel bene non ci spaventi più, perchè non siamo più soli ma aderiamo a Cristo come l’edera alla quercia e ne partecipiamo quindi la fortezza. Il suo cuore, così ardente d’amore per Dio e per le anime, viene a infiammare il nostro così freddo per Dio, così tenero per le creature; come i discepoli d’Emmaus ripetiamo: “Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre ei ci parlava? Nonne cor nostrum ardens erat in nobis, dum loqueretur in via?”. Sotto l’azione di questo fuoco divino, sentiamo allora slanci quasi irresistibili verso il bene e una volontà guardinga ma ferma di far tutto, di tutto soffrire per Dio e di non rifiutargli nulla.
 
2) È chiaro che una cosiffatta unione è veramente trasformatrice. 1° A poco a poco i nostri pensieri, le nostre idee, le nostre convinzioni, i nostri giudizi si modificano: invece di giudicare le cose secondo le massime del mondo, facciamo nostri i pensieri e i giudizi di Gesù, amorosamente abbracciamo le massime evangeliche, e costantemente ci domandiamo: Che farebbe Gesù se fosse al mio posto? 2° Lo stesso è dei nostri desideri e dei nostri voleri; persuasi che il mondo e il nostro io hanno torto, che solo Gesù, Sapienza eterna, è nella verità, non desideriamo più che ciò che desidera lui, la gloria di Dio, la salvezza nostra e quella dei nostri fratelli; non vogliamo che ciò che vuol lui “non mea voluntas, sed tua fiat”; e anche quando questa volontà è dura per noi, l’accettiamo di gran cuore, sicuri che non mira se non al bene spirituale nostro e a quello del prossimo.
 
3° Il nostro cuore si libera egli pure a poco a poco del suo egoismo più o meno cosciente, delle sue affezioni naturali e sensibili, per amare ardentemente, generosamente, appassionatamente Dio e le anime guardate in Dio: non amiamo più le consolazioni divine, per quanto dolci elle siano, ma Dio stesso; non si mira più al piacere di trovarsi con quelli che si amano, ma al bene che si può lor fare. Viviamo quindi una vita più intensa e sopra tutto più soprannaturale e più divina che pel passato; non è più l’io, l’uomo vecchio che vive, pensa ed opera: è Gesù stesso, è il suo spirito che vive in noi e vivifica il nostro: “Vivo autem jam non ego, vivit vero in me Christus”.
 
c) Questa unione spirituale si prolunga quanto vogliamo, affermando Gesù stesso: “Qui manducat meam carnem et bibit meum sanguinem, in me manet et ego in eo”. Quanto a lui altro non brama che di restare eternamente in noi; da noi quindi dipende con la sua grazia, di restargli costantemente uniti.
 
Ma in che modo si perpetua quest’unione?
 
Alcuni autori pensarono, col P. Schram, che l’anima di Gesù si raccolga, a così dire, nel centro dell’anima nostra, per stabilmente rimanervi. — Sarebbe questo un miracolo assolutamente straordinario, perchè l’anima di Gesù resta costantemente unita al suo corpo e il suo corpo sparisce con le specie sacramentali. Non possiamo quindi ammettere quest’opinione, perchè Dio non moltiplica i miracoli di tal genere senza necessità.
 
Ma se la sua anima umana si ritira da noi nello stesso tempo che il suo corpo, la sua divinità resta in noi finchè siamo in stato di grazia. Anzi, la sua santa umanità, unita alla sua divinità, conserva con l’anima nostra un’unione speciale. Il che può teologicamente spiegarsi nel modo seguente. Lo Spirito di Gesù o, in altri termini, lo Spirito Santo che vive nell’anima umana di Gesù, resta in noi in virtù dell’affinità speciale contratta nella comunione sacramentale con Gesù e vi opera delle disposizioni interne simili a quelle di Nostro Signore; a richiesta di Gesù, che prega continuamente per noi, ci largisce grazie attuali più copiose e più efficaci, ci preserva con cura speciale dalle tentazioni, produce in noi privilegiate impressioni, dirige l’anima nostra e le sue facoltà, ci parla al cuore, fortifica la nostra volontà, rinfiamma il nostro amore, e ci continua così nell’anima gli effetti della comunione sacramentale. Ma per godere di questi privilegi, è chiaro che bisogna vivere nel raccoglimento interiore, ascoltare attentamente la voce di Dio, ed essere pronti ad eseguirne i minimi desideri. A questo modo la comunione sacramentale si perfeziona con la comunione spirituale che ne perpetua i santi effetti.
 
d) Questa comunione trae seco un’unione speciale con le tre persone divine della SS. Trinità; perchè, in virtù della circumincessione (che è l’abitazione delle divine persone l’una nell’altra), il Verbo non viene solo nell’anima nostra; ci viene col Padre che continuamente lo genera nel suo seno, ci viene con lo Spirito Santo che continuamente procede dal mutuo amplesso del Padre e del Figlio: “Chi ama me, anche il Padre mio amerà lui, e verremo a lui e in lui faremo dimora”. È vero che le tre divine persone sono già in noi per la grazia, ma, nel momento della comunione, vi sono per un titolo speciale: essendo noi fisicamente uniti al Verbo Incarnato, in lui e per lui esse sono unite a noi e ci amano come un prolungamento del Verbo Incarnato di cui siamo le membra. Portando Gesù nel nostro cuore, vi portiamo pure il Padre e lo Spirito Santo; la comunione è quindi un anticipato paradiso e, se avessimo viva fede, proveremmo a verità di quella parola dell’Imitazione, che essere con Gesù è il paradiso in terra: “Esse cum Jesu dulcis paradisus”.

 

(Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 – 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista – Desclée & Co., 1928)
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri


Vuoi aiutarci a far conoscere quanto è bella la Verità Cattolica?

Print Friendly, PDF & Email
CONDIVIDI

Be the first to comment on "LA SOSTA – Della Comunione come mezzo di santificazione"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*