LA SOSTA – L’Egitto con Assad, cambia la geografia del conflitto

Egyptian First Deputy Prime Minister Vice and Minister of Defense, General Abdel Fattah al-Sisi sits in the Defense Ministry in Cairo, Egypt, 01 August 2013. Westerwelle is holding political talks with representatives from the government and the opposition. Photo by: Michael Kappeler/picture-alliance/dpa/AP Images

(FONTE: lanuovabq.it)

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha espresso il 23 novembre il proprio sostegno alle forze armate siriane smarcandosi, così, in modo eclatante da Arabia Saudita ed Emirati del Golfo Persico che finanziando Il Cairo ma sostengono invece i ribelli che combattono il governo di Bashar al Assad.

In un’intervista all’emittente portoghese RTP, alla domanda se il Cairo manderebbe forze di pace in Siria, al-Sisi ha affermato che “è preferibile siano gli eserciti nazionali ad assumersi la responsabilità di garantire sicurezza e stabilità. La nostra priorità è sostenere gli eserciti nazionali, per esempio in Libia per garantire il controllo dei territori libici e affrontare gli estremisti. Lo stesso vale per Siria e Iraq”. A questa affermazione, il giornalista ha chiesto se per appoggio alla Siria si intenda appoggio all’esercito del regime. “Sì”, ha risposto in modo secco al-Sisi. Il governo egiziano ha ricevuto molti miliardi di dollari di aiuti da Riad e dagli Emirati Arabi Uniti anche per finanziare l’acquisto di ingenti quantità di armamenti ma di recente i rapporti tra i due Paesi si sono raffreddati per disaccordi proprio riguardo la questione siriana. Lo scorso ottobre l’Arabia Saudita ha sospeso le forniture di greggio all’Egitto dopo che il Cairo ha appoggiato una risoluzione sulla Siria redatta dalla Russia al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Nell’intervista, al-Sisi ha aggiunto che “la nostra posizione è rispettare la volontà del popolo siriano”, perseguendo “una soluzione politica della crisi siriana” e “affrontando in modo serio i gruppi terroristici, disarmandoli”.

Secondo il quotidiano libanese Assafir 18 piloti di elicottero egiziani avrebbero raggiunto la base militare di Hama, in Siria, sin dal 12 novembre mentre l’emittente al-Masdar riferisce anche dell’arrivo, il 23 novembre, di alcuni cacciabombardieri egiziani ad Hama nella giornata di ieri. All’inizio di novembre il ministro degli Esteri siriano Walid Al Muallem aveva affermato di voler “normalizzare le relazioni tra Siria ed Egitto”. Secondo il report di Assafir, l’arrivo dei piloti egiziani si aggiunge a quello di quattro alti ufficiali del Cairo a Damasco e di altri due generali, che nelle scorse settimane si sarebbero recati insieme alle truppe siriane per un monitoraggio sulle linee del fronte a Quneitra, nel Golan e a Ezraa, vicino a Daraa, dove avrebbero partecipato anche ad un briefing al quinto battaglione meccanizzato siriano, di stanza proprio nella città al confine con la Giordania. Assafir riferisce che circa un mese fa Ali Mamlouk, uomo di fiducia di Bashar Al Asad, suo consigliere, e capo dell’ufficio per la sicurezza del partito Baath, si è recato al Cairo per incontrare Khaled Fawzi, direttore della Mukhabarat (il principale servizio segreto dell’Egitto), il quale gli avrebbe promesso l’invio di truppe a supporto dell’esercito siriano.

Secondo fonti anonime citate da Assafir, il 23 dicembre, dopo un mese di familiarizzazione con il teatro operativo, dovrebbe prendere il via la partecipazione egiziana al conflitto in Siria con un corpo di spedizione che potrebbe non essere limitato a piloti per gli elicotteri Mi-8 e Mi-17 ma estendersi all’impiego di forze aeree e forse unità di forze speciali come preludio a un più massiccio intervento anche terrestre, tutto da valutare. L’intervento diretto delle truppe egiziane nel conflitto siriano conferma la stretta intesa politica e militare avviata tra Il Cairo, Mosca e Damasco e incrina la posizioni della Lega Araba, organizzazione finora composta nel condannare il regime di Bashar Assad e in cui l’Egitto ha un peso considerevole. In termini militari le truppe di al-Sisi hanno l’opportunità di maturare un‘importante esperienza nelle operazioni contro insurrezionali in cui le truppe siriane sono diventate maestre dopo cinque anni di guerra.

La collocazione anche militare del Cairo al fianco di Damasco ha del resto una precisa ragione strategica: gli egiziani combattono da tempo contro la branca dell’Isis (Ansar Bait al-Maqdis) radicatasi in Sinai e, dopo il rovesciamento del governo di Mohamed Morsi, contro l’eversione dei Fratelli Musulmani, organizzazioni entrambe attive anche in Siria contro il governo di Assad. L’iniziativa militare egiziana riavvicina anche sul piano militare il Cairo e Damasco un tempo alleate di ferro e accomunate tra il 1958 e il 1961 nella Repubblica Araba Unita (RAU) di nasseriana memoria.

Gianandrea Gaiani


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