1.Ci si potrebbe chiedere: dal momento che l’oggetto della Speranza è il raggiungimento della beatitudine eterna, sperare in questo non compromette lo stato di perfezione che s’identifica primariamente con il rendere gloria a Dio piuttosto che con il pensare alla propria felicità? Molti eretici (Calvino, Baio) e gruppi ereticali (giansenisti, quietisti, semiquietisti…) hanno affermato che l’atto di Speranza non sarebbe né onesto né virtuoso, sostenendo che qualsiasi atto di virtù, realizzato per la speranza di ottenere il premio eterno, sarebbe egoista e perfino immorale. Questi argomentavano dicendo che in tal modo si subordinerebbe Dio alla propria felicità.
2.Va detto, invece, che l’atto di Speranza è di per sé onesto e virtuoso. Se è vero che nel Vangelo Gesù ordina di cercare prima di tutto il Regno dei Cieli e poi il resto verrà dato in aggiunta (Matteo 6,33), è pur vero che l’atto di Speranza è atto virtuoso. Ciò è dimostrato dalla logica della buona e corretta teologia. La vita eterna è il fine ultimo dell’uomo: quindi operare con lo sguardo rivolto a questo fine non solo è onesto, ma è anche necessario. Insomma, bisogna concludere che la ricerca doverosa della perfezione non esclude, anzi, l’oggetto della Speranza teologale.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri

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