Lo Sguardo – La fila in un ufficio postale

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


La posizione dello sguardo, il privilegio dell’osservazione, il partire dal vedere e dal constatare è non solo la posizione più ragionevole, ma anche quella più intelligente. La parola “intelligenza” viene dal latino “intus-legit” che significa “leggere dentro”. L’intelligenza, pertanto, implica non una conoscenza superficiale ma una conoscenza dentro la realtà. Appunto: la realtà! L’intelligenza ha bisogno della realtà, non ne può fare a meno. Se la realtà non esistesse, non ci sarebbe modo di poter esercitare l’intelligenza, non ci sarebbe modo di essere intelligenti. Ed è la realtà che ci rimanda alla bellezza della Verità Cattolica … perché tutto è cattolico, perché tutto è di Dio!’


Il tempo passa. Sempre, inesorabilmente.

Ma c’è tempo e tempo.

C’è il tempo che scorre e c’è il tempo che si attende che scorra.

Quando si fa una fila, quando si è in una sala di attesa, si desidera che il tempo trascorri per arrivare al proprio turno e sbrigare al più presto ciò che si deve sbrigare.

Guardare un uomo che attende, è guardare qualcosa di importante. Può sembrare una sciocchezza, ma non è così.

Guardare un uomo che attende e che ha la consapevolezza di attendere, è guardare qualcuno che sa che il tempo sta trascorrendo e che è lì per un obiettivo.

Si tratta di un’originalità umana che non tocca a nessun altro essere vivente su questa terra. Nessun animale attende, sapendo di attendere.

Non ci si riflette, ma una semplice fila alle Poste rivela il mistero della consapevolezza del tempo.

E il mistero della consapevolezza del tempo, rivela anche la grandezza, l’originalità e l’irripetibilità di ogni vita umana.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


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1 Comment on "Lo Sguardo – La fila in un ufficio postale"

  1. Michele Ruggiano | 31 Agosto 2021 at 17:01 | Rispondi

    Complimenti! La semplicità e la naturalezza – aveva ragione il grande Leopardi – non è un punto di partenza, ma un punto di arrivo dell’uomo di cultura; il quale, pertanto – aggiungo io – non “vomita” cultura, perché l’ha bene assimilata, o digerita, che dir si voglia.

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