Parliamo della vocazione e della dignità dei Magi

da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 225-228


Essendo spuntata la Stella annunciata da Balaam, i tre Magi, il cui cuore era aperto all’attesa del Messia liberatore, hanno sentito immediatamente l’impulso d’amore che li portava verso di lui. Ricevono la notizia della felice venuta del Re dei Giudei in una maniera mistica e silenziosa, a differenza dei pastori di Betlemme chiamati presso la mangiatoia dalla voce d’un Angelo. Ma il linguaggio muto della Stella era illustrato nei loro cuori dall’azione stessa del Padre celeste, che rivelava ad essi il suo Figliuolo. In ciò, la loro vocazione superò in dignità quella dei pastori, che secondo la disposizione divina nell’antica Legge, non conobbero nulla se non attraverso il mistero degli Angeli.

Ma, se la grazia celeste si rivolge direttamente ai loro cuori, si può anche dire che li trovò fedeli. I pastori vennero in fretta a Betlemme, ci dice san Luca. Mentre i Magi parlano a Erode, esprimono con non minore felicità la semplicità della loro premura: “Abbiamo visto la sua Stella – dicono – e siamo venuti per adorarlo”. Abramo, per la sua fedeltà nel seguire l’ordine che Dio gli dava di uscire dalla Caldea, terra dei suoi avi, e di recarsi in una regione a lui sconosciuta, meritò di diventare il Padre dei Credenti; i Magi, per la loro fede docile e non meno ammirevole, sono stati ritenuti degni di essere gli antenati della Chiesa dei Gentili.

Anch’essi uscivano dalla Caldea, secondo quanto ci riferiscono san Giustino e Tertulliano, o almeno qualcuno fra loro aveva questa terra come patria. Gli stessi autori, la cui testimonianza è rafforzata da altri Padri, portano l’Arabia come luogo di nascita dell’uno o dell’altro di questi pii viaggiatori. Una tradizione popolare accolta da alcuni secoli nell’iconografia cristiana, indica l’Etiopia come patria del terzo. Non si può negare per lo meno che David e i Profeti abbiano segnalato i neri abitanti dell’Africa fra coloro che dovevano presto diventare l’oggetto della predilezione divina. Con la qualifica di Magi, bisogna intendere la professione che esercitavano quei tre uomini, cioè lo studio dei moti astrali, e l’attenzione che ponevano nel cercare in cielo l’indizio del prossimo apparire della profetica Stella tanto sospirata, poiché erano del numero di quei Gentili timorati di Dio, come il Centurione Cornelio, che non si erano macchiati al contatto degli idoli, e conservavano in mezzo a tante tenebre le pure tradizioni di Abramo e dei Patriarchi.

Il Vangelo non dice che fossero re, ma la Chiesa non applica senza motivo ad essi i versetti in cui Davide parla dei Re d’Arabia e di Saba che giungono ai piedi del Messia con offerte d’oro. Questa tradizione è basata sulla testimonianza di sant’Ilario di Poitiers, di san Girolamo, del poeta Giovenco, di san Leone e di parecchi altri. Senza dubbio non dobbiamo raffigurarci i Magi come potenti il cui impero potesse paragonarsi, per estensione e importanza, con la potenza romana; ma sappiamo che la Scrittura attribuisce spesso il nome di re a piccoli principi o semplici governatori di province. Basta dunque che i Magi abbiano esercitato l’autorità sui popoli; e d’altronde, le premure che Erode si crede in dovere di usare verso degli stranieri che vengono fin dentro la sua corte ad annunciare la nascita d’un Re dei Giudei, al quale si mostrano così solleciti di rendere omaggio, indicano abbastanza chiaramente l’importanza di questi personaggi, come pure il turbamento nel quale il loro arrivo pone la città di Gerusalemme dimostra in modo evidente che la loro presenza era stata accompagnata da una esteriorità imponente.

Questi re docili lasciano dunque d’un tratto la loro patria, le loro ricchezze, il loro riposo, per seguire la Stella; la potenza di Dio che li aveva chiamati li riunisce in uno stesso viaggio come in una stessa fede. I pericoli del viaggio, le fatiche d’una strada di cui ignorano la fine, il timore di destare contro di sé i sospetti dell’Impero romano, nulla li fa indietreggiare.

La prima tappa è a Gerusalemme. È in questa città santa che presto sarà maledetta, che vengono, questi Gentili, ad annunciare Gesù Cristo, a proclamare la sua venuta. Con tutta la sicurezza e la calma degli Apostoli e dei Martiri, essi professano il loro fermo desiderio di andarlo ad adorare. Costringono Israele, depositano degli oracoli divini, a confessare uno dei principali caratteri del Messia, la sua nascita a Betlemme. Il Sacerdozio giudaico adempie, senza averne la cognizione, il suo sacro ministero; Erode si agita nel suo letto, e medita già progetti di strage. Ma è tempo per i Magi di lasciare la città infedele che ha già ricevuto, con la loro presenza, l’annuncio del suo ripudio. La Stella riappare nel cielo, e li sollecita a riprendere il cammino; ancora, pochi passi, e saranno a Betlemme, ai piedi del Re che son venuti a cercare.

* * *

Anche noi, o Emmanuele, anche noi ti seguiamo, e camminiamo alla tua luce, poiché tu hai detto nella Profezia del Discepolo prediletto: “Io sono la stella splendente e mattutina” (Ap 22,16). L’astro che guida i Magi non è che il simbolo di questa Stella immortale. Tu sei la Stella del Mattino, perché la tua nascita annuncia la fine delle tenebre, dell’errore e del peccato. Tu sei la Stella del mattino, perché, dopo aver subito la prova della morte e del sepolcro, uscirai d’un tratto dalle ombre, all’alba mattutina del giorno della tua gloriosa Risurrezione. Tu sei la Stella del mattino, perché ci annunci, con la tua nascita e con i misteri che la seguiranno, il giorno luminoso dell’eternità. Oh, che la tua luce sia sempre su di noi!

Che siamo sempre pronti a lasciare tutto, come i Magi, per seguirla! In mezzo a quali ombre non l’hai fatta risplendere, il giorno in cui ci hai chiamati alla tua grazia! Noi amavamo le tenebre, e tu ci hai fatto amare la luce. Conserva in noi questo amore della luce, o Cristo! Che il peccato, il quale è soltanto tenebre, non si accosti a noi! Che le cattive luci della falsa coscienza non vengano a sedurci! Allontana da noi l’accecamento di Gerusalemme e del suo re, per i quali la Stella non risplende; ma che questa ci guidi sempre, e ci conduca a te, nostro Re, nostra pace e nostro amore.

E salutiamo anche te, o Maria, Stella del mare, che risplendi sui marosi di questo mondo per calmarli, e per proteggere coloro che ti invocano nella tempesta. Tu fosti propizia ai Magi attraverso il deserto; guida anche i nostri passi, e portaci fino a Colui che riposa fra le tue braccia e ti illumina della sua luce eterna!

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri

 

 


Vuoi aiutarci a far conoscere quanto è bella la Verità Cattolica?

Print Friendly, PDF & Email
CONDIVIDI

3 Comments on "Parliamo della vocazione e della dignità dei Magi"

  1. Gentile Redazione, vorrei farVi una domanda che (quando è il gg dell’Epifania mi sovviene).
    “Ma i Magi erano i maghi di oggi?.(noooooo, vero?!) e allora la parola magio da cosa viene fuori?
    E quindi in che senso venivano chiamati “magi”? sò che erano degli studiosi e dei sapienti molto eruditi e conoscitori del cosmo…
    Potreste dirmi qualcosa di più?
    GRAZIE moltissime fin da ora
    vittoria

    • Certamente non erano i maghi di oggi, né tantomeno cultori di arti magiche. Per magi s’intende “sapienti”, cioè coloro che approfondivano lo studio della natura e della realtà in genere. Essi rappresentano la sapienza precristiana e pagana che attendeva di completarsi e di risolversi nell’avvento della Verità fatta carne!

  2. Grazie per avermi risposto, in effetti è quello che penso anch’io…
    Eppure ci sono persone che “confondono” le cose, perchè ignoranti.
    Sia lodato Gesù Cristo
    Sempre sia lodato

Leave a comment

Your email address will not be published.


*