Polemica Lucarelli-Di Maio? Andiamo a rileggere Charette!

Luigi di Maio bacia la teca contenente il sangue di San Gennaro nel Duomo di Napoli, Napoli 19 Settembre 2017. ANSA / CESARE ABBATE

Questa volta un’apologia della politica lasciatecela fare. Non siamo certi avvezzi a queste imprese. Soprattutto per quanto riguarda la politica contemporanea, figlia di quella moderna, tutta intrisa di cinismo machiavellico  e di allergia nei confronti di una verità che la possa precedere e giudicare.  No, non abbiamo mai difeso e mai difenderemo questa politica.

Questa volta però c’è un fatto, se volete anche piccolo, ma significativo, che vorremmo evidenziare. Il leader in pectore del Movimento 5 Stelle, l’onorevole Luigi Di Maio, ha baciato la teca contenente il sangue di San Gennaro e la blogger radical-chic Selvaggia Lucarelli  polemizza con il politico stigmatizzando il gesto e arrivando ad affermare che il miracolo altro non sarebbe che un grande imbroglio della Chiesa. Di Maio a sua volta ha risposto: “Di feste patronali come questa ce ne sono in ogni paese italiano e ognuna di esse contribuisce a definire la relativa comunità. Disprezzare queste feste è disprezzare l’Italia.”

Non vogliamo parlare dell’autenticità del miracolo di cui sono tante le prove, argomento che richiederebbe altri tipi di interventi. Vogliamo, invece, rimanere solo sul piano della riflessione dinanzi a questi eventi. Da una parte abbiamo la carne, dall’altra abbiamo l’idea. Da una parte abbiamo il fatto dall’altra abbiamo la teoria. Il grande Chesterton dice: “Chi crede ai miracoli è perché ha dei fatti a favore di essi, chi non crede ai miracoli è perché ha delle teorie contro di essi”. Sono proprio queste parole che fanno da chiave per capire.

Lo ripetiamo qui non vogliamo dimostrare l’autenticità del miracolo del sangue di san Gennaro, né tanto meno difendere il politico Di Maio (che peraltro alcune volte ci ha deluso per delle sue affermazioni e che sarà leader di un movimento in cui non ci riconosciamo), né sapere se Lui è andato nella Cattedrale di Napoli perché ci crede o meno. Non è di questo che vogliamo parlare. C’interessa invece un’altra cosa. E cioè che un politico che bacia la teca (coerentemente o incoerentemente con le sue scelte politiche, questo è un altro discorso), è un politico che guarda i fatti  e che per almeno in quel momento abbandona le teorie. Che ha del popolo una giusta considerazione. Non il Popolo con la “P” maiuscola di illuministica memoria, quello teorizzato nei club rivoluzionari e che non ha alcun riscontro nella realtà. ma il popolo concreto, fatto di sangue e carne, che geme, che invoca, che soffre, che non teme di riunirsi e riconoscersi dinanzi ad una teca di vetro per mendicare un significato eterno per il proprio vivere. Un significato che tutti occultano, di cui non si parla più; di cui non parlano più nemmeno i pastori della Chiesa, figuriamoci i teologi che pontificano nelle cattedre delle università pontificie.

Il capo vandeano Francois -Athanase Charette (1763-1796) un giorno disse in polemica con il governo giacobino e con i rivoluzionari in genere: “La nostra patria sono i nostri villaggi, i nostri altari, le nostre tombe, tutto ciò che i nostri padri hanno amato prima di noi. La nostra patria è la nostra Fede, la nostra terra. Ma la loro patria, che cos’è? Lo capite voi? Vogliono distruggere i costumi, l’ordine, la Tradizione. Allora, che cos’è questa patria che sfida il passato, senza fedeltà, senz’amore? Questa patria di disonore e irreligione? Per loro, sembra che la patria non sia che un’idea; per noi, è un terra. Loro, ce l’hanno nel cervello: noi la sentiamo sotto i nostri piedi, è più solida. È vecchio come il diavolo il loro mondo che dicono nuovo e vogliono fondare sull’assenza di Dio. Si dice che siamo i fautori delle vecchie superstizioni… Fanno ridere! Ma di fronte a questi demoni che rinascono di secolo in secolo, noi siamo la gioventù, signori! Siamo la gioventù di Dio. La gioventù della fedeltà!”

Parole che, per quel che abbiamo detto, cadono come …il cacio sui maccheroni!

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