Questione ILVA. Quale giudizio cattolico avere sul punto?

Gli operai dell’ILVA temono che nel passaggio di proprietà dell’azienda possa verificarsi una perdita di posti.
Cari pellegrini, facciamo un po’ di mente locale per capire quale debba essere la posizione cattolica sul punto.
Anche in queste situazioni ci si accorge di come sono fallimentari i due modelli economici nati nella modernità: il liberalismo e il socialismo.

Il primo e’ fallimentare perché apre a prospettive in cui il profitto diventa l’unica legge e pertanto i posti di lavoro si riducono ad una variabile dipendente a seconda delle leggi del mercato. L’uomo, la famiglia, il lavoro stesso, diventano mezzi a servizio dell’unico fine, appunto: il mercato.

Il socialismo e’ ugualmente fallimentare perché apre a prospettive in cui la tutela del lavoro sempre e comunque, indipendentemente dalla resa dei lavoratori, diventa il moloch a cui sacrificare la qualità del lavoro stesso. A tutto questo poi si aggiunge una tolleranza verso una strumentalizzazione del lavoro a fini di potere. Posti di lavoro a disposizione di sindacati, segreterie di partito, ecc.. Per non parlare degli sprechi in molti settori gestiti nell’anonimato dei funzionari dello Stato, vedi la sanità.

Insomma se nel liberalismo il lavoro diventa merce a servizio del mercato; nel socialismo il lavoro diventa causa di consolidamento del potere politico; e la qualità del lavoro va a farsi benedire.

E allora qual è la giusta posizione?

Lo diciamo subito. D’altronde è facilmente prevedibile: bisogna far fuori il profitto e bisogna far fuori lo statalismo. Far fuori il profitto per far si che la salvezza della dignità del lavoro e il reddito delle famiglie vengano salvaguardati. Far fuori anche lo statalismo che inevitabilmente si traduce in un abbassamento della qualità del lavoro per salvaguardare posizioni di potere clientelari e carrozzoni sindacali.

Al posto del profitto e dello statalismo bisogna ritornare a far sì che il criterio decisivo sia la responsabilità morale. Responsabilità morale dei datori di lavoro se un’azienda è gestita privatamente, responsabilità morale dello Stato se dovesse essere necessario che un’attività industriale sia in mano allo Stato. E responsabilità morale da parte dei lavoratori affinché l’impegno profuso possa essere in linea con gli standard di efficienza e qualità; ovviamente con tutte le garanzie qualora un operaio fosse, per motivi di salute, impedito all’esercizio lavorativo.

Ma -vi chiederete- mica è facile tornare alla responsabilità morale come criterio di tutto. E’ vero, non è per nulla facile. Se però prima era possibile grazie alla convinzione che tutto, anche l’economia, doveva sottostare al primato della Verità; ora è pressoché impossibile. Nella modernità (ancor peggio nella postmodernità), fatto fuori il primato della Verità, ad assumere il primato sono altri elementi che alla fine travolgono l’uomo e la sua dignità.

Gesù lo ha detto chiaramente: “Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi” (Giovanni 8). Potremmo parafrasare: scegliamo la Verità e questa ci garantirà la prosperità e il lavoro. Né solo la prosperità né solo il lavoro.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri 


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