SCRIVONO PER NOI – Il caso di Indi Gregory

di Diego Torre


Il caso di Indi Gregory, la bimba di 8 mesi ricoverata al Queen’s Medical Center di Nottingham, riapre il dibattito sulla “normalità” con la quale il sistema sanitario britannico mette a morte i bambini ritenuti inguaribili negando loro l’assistenza possibile. E’ il sesto caso al quale assistiamo ed il copione rimane lo stesso: genitori che vogliono combattere fino all’ultimo per salvare i propri figli e medici che vogliono spegnere le macchine. C’è poi un terzo attore , ovvero la legislazione e la magistratura britannica, che decreta la vittoria dei necrofori in camice bianco. Questi ultimi, lo testimonia anche Dean, il papà di Indi, erano decisamente irritati dalla resistenza che la famiglia opponeva alla sentenza di morte.

Sembrava una battaglia persa, quando improvvisamente, il consiglio dei ministri italiano, in una riunione d’urgenza durata pochissimi minuti, ha concesso la cittadinanza italiana alla bambina, e l’ospedale pediatrico del Bambin Gesù di Roma si è dichiarato pronto ad accoglierla per continuare le cure.

Per grazia di Dio sono finiti i tempi in cui Giorgio Napolitano decretava di fatto la morte di Eluana Englaro stoppando i tentativi del governo Berlusconi di mantenerla in vita. La ragazza, in stato di minima coscienza, era ricoverata presso un istituto di suore che la accudivano, con un sistema di alimentazione artificiale; né tubi né macchine attaccati; una persona disabile, non una malata terminale. Il padre volle la sospensione  di tale forma di “cura”, lasciando che la figlia morisse praticamente di fame e di sete. Si apriva così una prima falla per l’introduzione dell’eutanasia in Italia, falla al cui allargamento hanno lavorato e continuano a lavorare i partigiani della morte.

Nel loro dolore i genitori di Indi hanno trovato il sostegno degli avvocati della Christian Legal Centre, e nel cuore di Dean, non battezzato e non credente, é maturata la decisione di battezzare la figlia e farsi battezzare egli stesso. Il suo cuore è pieno di gratitudine e si riapre alla speranza :«Sono molto orgoglioso di dire che mia figlia abbia la cittadinanza italiana e ringrazio il governo italiano e il popolo italiano dal profondo del mio cuore. Dio benedica l’Italia».

Ora è una corsa contro il tempo, con gli avvocati che lavorano al ricorso della sentenza della Corte d’Appello britannica. Nel 2018, in un caso simile, l’Italia concesse la cittadinanza ad Alfie Evans, ma le autorità d’oltremanica negarono il trasferimento nel nostro paese. Lo negheranno anche stavolta?


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