SOSTA – Caro monsignor Parolin, lei andrebbe da un medico che abbia deciso di non combattere le malattie?

Recentemente monsignor Parolin, in una intervista, ha detto che la Chiesa “se dice dei ‘no’ è perché ha dei “sì” più grandi”.

 Cari pellegrini, una volta si diceva excusatio non petita, accusatio manifesta, ovvero se non ti viene chiesto di scusarti e ti scusi, allora vuol dire che ti vuoi accusare.

Oggi nella Chiesa è invalso questo costume: si ha vergogna di andare contro. Si ha vergogna di dire di “no” e, quando lo si dice, si corre subito ai ripari per dire che se si dice “no” è perché in sostanza si vuole dire “sì”.

Nella Giornata della Vita dello scorso anno, cioè quella del 2016, un vescovo di una grande città italiana, intervistato da alcuni giornalisti mentre presenziava ad un corteo, ci tenne a precisare di essere lì non per essere contro qualcosa, ma per essere per qualcosa. Affermazione la cui logica è tutta da scoprire. Se si è favore della Vita e la Vita non è minacciata, non si capisce perché bisogna marciare. Se si marcia, è per salvare la Vita da qualcosa che la minaccia; e se c’è qualcosa che minaccia la Vita, vuol dire che bisogna essere anche contro questo qualcosa. Questa è la logica.

Ora, se ci pensate bene, cari pellegrini, questo aver paura di dire “no”, è proprio accondiscendere alla logica del “mondo”. Il non voler dire “no” significa il non voler più combattere. Ovvero: il partire da un’accettazione per arrivare ad una proposta.

Ciò è quanto di più astratto possa esistere, perché, se si propone, è sempre nella prospettiva di promuovere qualcosa che non è adeguatamente promossa; e se non è adeguatamente promossa, vuol dire che c’è qualcosa che va eliminato in tal senso. Dunque, bisogna sempre dire “no” a questo qualcosa.

Insomma, è un non voler guardare in faccia la realtà. Tipica caratteristica dei nostri tempi. Si pensi, infatti, ai contorsionismi verbali che vengono fatti per non chiamare la realtà col suo giusto nome. L’handicappato non è più tale, ma diversamente abile. Tra poco arriveremo al grasso non più grasso, ma diversamente grasso. Al basso non più basso, ma diversamente alto. Al vecchio non più vecchio, ma diversamente giovane, ecc… Insomma, la follia.

Gli ambienti clericali (questo è il vero clericalismo, cioè la conformazione al potere di turno) si adeguano. Il peccato non è più tale, ma una diversa virtù, al limite una virtù dimezzata, incompleta. E allora niente “no”, niente lotta, niente scontro, niente di niente… ma solo proposta e dialogo.

Ma vi immaginate, cari pellegrini, cosa sarebbe stato se questa pastorale l’avessero adottata i primi cristiani? E gli Apostoli? E san Giovanni Battista?

Già!…san Giovanni Battista che per denunciare l’errore c’ha rimesso la testa.

Cari pellegrini, stiamo giocando col fuoco. La realtà delle cose ci sta sfuggendo di mano e corriamo il serio rischio di divenire ridicoli per le prossime generazioni.

E’ una pura alienazione. Vi immaginate un medico che dica: mi rifiuto di combattere le malattie, mi limito solo a dire “sì” alla salute. Che fine farebbe?

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