Chi di “fede ideologica” ferisce… di “fede ideologica” perisce

di Corrado Gnerre

Negli ultimi tempi si sente spesso parlare di “fede ideologica”. Oppure di “deriva ideologica della fede”… che poi è la stessa cosa, in versione più elegante.

Vediamo un po’ di fare qualche riflessione sul punto.

Che cosa sia la Fede si dovrebbe sapere, ma -ahinoi- non sempre si sa. Diciamo subito che la definizione cattolica di fede è: assenso dell’intelletto alle verità rivelate. Dunque, l’intelligenza viene coinvolta nell’accettazione di verità che sono rivelate da Dio.

Vediamo adesso cosa è l’ “ideologia”. Essa è la pretesa di ricondurre il reale al proprio pensiero. Meglio: di trasformare il dato oggettivo in dato soggettivo. Facciamo un esempio: la realtà mi dice che un albero è un albero, ma soggettivamente (intellettualisticamente) pretendo ritenere che l’albero per me sia anche un’altra cosa rispetto all’essere albero.

Facciamo un riferimento filosofico, ma brevissimo e facile. Con la svolta della modernità, filosoficamente non si dirà più che la garanzia della realtà è nell’oggetto, bensì nel soggetto. Si pensi alla famosa frase di Cartesio, “Cogito, ergo sum” (penso, quindi esisto); ovvero non è più la realtà oggettiva a garantire l’esistenza del pensiero, bensì il contrario.

Dette queste cose, si capisce molto bene che non solo la “fede ideologica” è totalmente errata, ma che tale rapporto “fede-ideologia” è quanto di più innaturale possa esistere: è una contraddizione in sé.

Ma veniamo al dunque.

Quando oggi sentiamo parlare della “fede ideologica” è perché si vuole indicare qualcosa che invece non è affatto “ideologica”. Anzi, coloro che utilizzano questa definizione non si rendono conto che la utilizzano partendo -loro- da una prospettiva di fede ideologica.

Vengono accusati di “fede ideologica” coloro che si rifanno soprattutto a due elementi costitutivi della fede stessa: l’elemento dottrinale e quello normativo. Per dirla più semplicemente: Dottrina e Comandamenti. Ebbene, si crede che se s’insiste su questi due elementi, si “ideologizzerebbe” la Fede.

Coloro i quali formulano questa accusa, di fatto affermano che la Fede dovrebbe invece fondarsi sul dato esistenziale e contestuale, che a loro volta aprono alla dimensione pastorale, che diventa “chiave” per fondare la vita cristiana. La Fede, insomma, come vita e come prassi.

Ora, è proprio quest’ultima posizione ad essere “ideologica” e vediamo perché.

Se l’ideologia muove dall’esaltazione del soggetto, allora la riduzione della Fede a vita e ad esistente altro non è che una riduzione della natura di Dio. Non c’è più Dio, oggettivo e rivelato che incontra l’uomo, ma solo un suo “surrogato”. Una sorta di “Dio di plastica” pronto ad adattarsi, a essere plasmato, a prendere forma, a seconda delle personali situazioni per dare ragione ai propri pensieri, alle proprie convinzioni e alle proprie abitudini. E’ questa -appunto- una riduzione “ideologica” di Dio. Come e’ una riduzione ideologica anche un’esaltazione sproporzionata della coscienza individuale a criterio di valutazione di ciò che è bene e di ciò che è male. E’ ciò che s’intende quando si utilizza la famosa espressione: l’importante è agire secondo coscienza…

Ma -si potrebbe obiettare- l’attenzione al dato morale (i Comandamenti) non possono anch’essi essere una riduzione ideologica? Dipende se si capisce bene cosa è la morale. Il Dio cristiano non è un Dio al di là del Bene e del Male, bensì un Dio che s’identifica con il Bene… e i Comandamenti non sono l’esito di un’arbitraria decisione di Dio, bensì la sua stessa natura codificata per la vita quotidiana dell’uomo. Dunque, non si può abbracciare la persona e la natura di Dio, se non si abbraccia anche la Sua Legge.

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