Perché la povertà è la “linfa dell’umiltà”?

Per il cristiano la povertà è un dovere. Certo, bisogna distinguere tra povertà sostanziale e povertà formale. La prima non consiste nel non possedere, quanto nel rapportarsi correttamente nei confronti delle ricchezze, ovvero come mezzi e non come fine. La seconda è non possedere davvero nulla per essere segno, già su questa terra, di ciò che davvero si sarà in Paradiso. La povertà formale può essere solo di pochi, quella sostanziale deve essere invece di tutti.

San Bonaventura nella sua Legenda major così scrive di quanto san Francesco tenesse alla povertà:Non si vide mai un uomo più avaro del suo oro quanto Francesco della sua povertà; nessuno sorvegliò tanto il suo tesoro di quanto ne mettesse lui per custodire questa perla di cui parla il Vangelo. Nulla feriva tanto il suo sguardo come quello d’incontrare nei suoi frati qualche cosa che non fosse del tutto conforme alla povertà. Tutta la sua ricchezza dall’inizio della sua vita religiosa alla sua morte comprendeva una tunica, una corda, delle mutande, senza bisogna di nulla più”.

Poi San Bonaventura aggiunge:La povertà è il cammino privilegiato della salvezza, perché ella è la linfa dell’umiltà e la radice della perfezione: i suoi frutti sono innumerevoli perché ben nascosti. essa è quel tesoro nascosto nel campo, per l’acquisto del quale, dice il vangelo, bisogna vendere tutto e il cui valore ci deve spingere a disprezzare tutto ciò che non può essere venduto”.


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