SOSTA- Saviano e il suicidio del ragazzo di Lavagna. Quando il progressismo non vuol capire le proprie responsabilità

Su repubblica.it Saviano ha scritto sul suicidio del ragazzo di Lavagna (per leggere l’articolo clicca qui). Egli dice che è inutile andare a controllare i ragazzi se non si decide di intervenire seriamente sul grande spaccio, sulle mafie e sulle grandi organizzazioni criminali.

Di per sé un argomento di questo tipo sarebbe condivisibile. Siamo più che d’accordo sul fatto che il nostro Stato (ma non solo il nostro, si tratta di una caratteristica dello Stato moderno) sa fare molto bene il “forte” con i deboli e il “debole” con i forti. I motivi sono vari e i metodi per risolvere per noi sono chiari, per Saviano non lo sappiamo… anzi, lo sappiamo molto bene e siamo ben convinti che il “brodo” ideologico a cui attinge il Saviano-pensiero è uno dei maggiori indiziati di questa impotenza dello Stato.

Dunque, basterebbe già questo per prendere assai poco in considerazione ciò che dice Saviano.

Torniamo all’articolo: tutto il discorso dello scrittore napoletano verte sull’affermazione, che a riguardo è un suo leit-motiv, che “panacea” di tutto sarebbe la legalizzazione delle droghe leggere.

Non soffermiamoci a fare riflessioni per capire quanto invece sarebbe fallimentare una simile possibilità. Ci basta qui dire che tale liberalizzazione non potrebbe riguardare ogni tipo di stupefacente. Pertanto, per chi spaccia sarebbe naturale spingere il mercato su ciò che rimarrebbe fuori la liberalizzazione. E’ per questo che esperti alla lotta contro la criminalità organizzata, quali furono Falcone e Borsellino, non erano favorevoli ad una simile ipotesi.

Ma -dicevamo- non è tanto su questo che vogliamo riflettere.

Le affermazioni di Saviano, che poggiano sul “caso pietoso” del povero ragazzo che ha deciso di togliersi la vita, si spacciano (verbo che in questo discorso ha più di un senso) come affermazioni in favore di chi non ha voce, di chi conta poco e quindi di chi facilmente può venire strumentalizzato dal potere di turno. Saviano, infatti, nel suo articolo allude che le forze dell’ordine farebbero queste cose (controllare i ragazzi) per far capire all’opinione pubblica che qualcosa comunque si muove, visto che poco farebbero nei confronti delle grandi organizzazioni criminali.

Ebbene, a volere che i ragazzi siano controllati non sono forse i genitori? Almeno quelli che sentono l’importanza della responsabilità educativa. Mentre scriviamo veniamo a conoscenza (e questo dimostra ancor di più quanto Saviano abbia “ciccato”) che è stata proprio la madre del povero ragazzo ad aver chiamato le guardie di finanza nel tentativo di salvare il proprio figlio da un giro che si stava facendo molto pericoloso.

Se le nostre scuole (lo riconosce lo stesso Saviano) ormai sono diventate un mercato fiorentissimo di stupefacenti e “terre di nessuno” malgrado i controlli, cosa diverrebbero se tutto fosse ulteriormente lasciato andare?

Il paradosso di questi intellettuali progressisti è che attaccano i metodi volendo far capire che le soluzioni starebbero altrove, ma poi finiscono con l’attaccarsi ai metodi stessi.

Noi invece pensiamo che la soluzione stia in altro.

Occorre un intervento sinergico. Da una parte riformare l’approccio educativo. Rioffrire ai ragazzi valori forti in cui la vita venga approcciata nella sua “durezza-bella”. Può sembrare un contro senso, ma non lo è.

“Durezza”, la vita è sacrificio, responsabilità e non assecondamento di capricciosi desideri. E la cultura dominante, liberale e libertina (a cui fa riferimento lo stesso Saviano), sta facendo di tutto per convincere i nostri ragazzi che la vita è un capriccio.

“Bella”, perché se la vita viene vissuta nella fatica del sacrificio e del governo di sé diventa veramente gustosa… altrimenti è solo una menzogna!

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