Rubrica a cura di Corrado Gnerre
Uno dei segni più caratterizzanti la Chiesa attuale è il cosiddetto pastoralismo. Ovvero una sorta di deriva della pastorale. La pastorale nel vero senso della parola è l’applicazione della dottrina al fine del suo essere conosciuta e del suo essere essere messa in pratica. Quando invece diventa pastoralismo non solo tende a scavalcare la dottrina, ma tende perfino ad essere autosufficiente.
Vediamo di capire meglio.
La necessità di custodire la vera dottrina è chiara nei ripetuti avvertimenti degli Apostoli riguardo a miscredenti ed eretici. Scrive san Paolo: “Vi sarà un tempo in cui non sopporteranno la sana dottrina, ma secondo le proprie passioni, per prurito di orecchio, si diranno tanti maestri; ma dalla verità ritrarranno l’orecchio per voltarsi alle favole.” (2 Timoteo 4,3) La pastorale dunque deve essere a servizio della dottrina. Oggi, invece, vi è un paradosso: la pastorale vale più della dottrina. E così vengono sanzionati coloro che non si allineano alla pastorale; mentre la passano liscia (in alcuni casi perfino premiati) coloro che mettono in discussione la dottrina. Da qui una sorta di “positivismo cattolico”: non si è più vincolati alla dottrina, bensì alle decisioni dell’autorità. Anzi -in un certo qual modo- si concepisce l’autorità come “fonte” della verità e non al suo servizio.
Ma qual è in breve la causa di tutto questo? La risposta non può che essere “filosofica”. Ovviamente, chi legge non deve preoccuparsi perché cercheremo di essere semplici e concisi. Il modernismo teologico ha separato la verità cristiana dalla metafisica. Che cos’è la metafisica? E’ lo studio dell’essere in quanto essere, cioè del fondamento, cioè di quella verità che non muta, che giudica il tempo senza trasformarsi nel tempo. Staccando la verità cristiana dalla metafisica, la verità cristiana non è più tale. Essa è stata sostituita con la prassi e la Chiesa stessa, che dovrebbe essere il “sale della terra” (Matteo 5) e che dovrebbe salvare la storia, è stata sostituita con la storia stessa. Un tempo si definiva la Chiesa Corpo mistico di Cristo, poi si è passati alla definizione di Popolo in cammino. Passaggio tutt’altro che casuale. Nella prima definizione il primato è chiaro, ed è quello della Verità. Per cui essere nella Chiesa vuol dire convergere sul Credo. La seconda definizione, Popolo in cammino, sottolinea invece il primato della prassi, dell’essere nella Storia. Da qui l’importanza di sentirsi uniti non “in credendo” (cioè nella Dottrina), bensì “in agendo“, appunto nella prassi, cioè nell’agire.
E così si spiega perché -oggi- se sgarri sulla Dottrina, va tutto bene; ma se sgarri sull’adesione a decisioni pastorali varie, sei un “eretico”.
Insomma, sei paradossalmente un “eretico” …della prassi.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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