La bellezza della Quaresima

Le tappe trattano argomenti importanti e perenni per la formazione cristiana attraverso il metodo de Il Cammino dei Tre Sentieri, ovvero l’unione della Dottrina (la Verità) della Vita Spirituale (la Bontà) e del fascino della Verità Cattolica (la Bellezza). All’interno delle singole tappe vi sono i passaggi, indicati con numerazione progressiva. 

La bellezza della Quaresima

(52 passaggi)

1

Siamo in Quaresima, il periodo penitenziale che la Chiesa offre per potersi adeguatamente preparare a vivere il centro dell’anno liturgico: il Giovedì Santo, il Venerdì Santo e il Sabato Santo con la Veglia Pasquale.

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Se il Natale è la festa più grande (la festa dell’umanamente inimmaginabile: Dio che si fa veramente uomo), la Pasqua, o meglio il Triduo pasquale, è la festa più importante, perché è con questa festa che vengono risolti i due più grandi problemi dell’uomo: la morte spirituale, poi, in ordine d’importanza, la morte corporale. I due grandi problemi ereditati dal peccato originale. Ecco perché la Pasqua non è soltanto la Veglia tra il Sabato e la Domenica, ma anche la Passione e la Morte del Redentore.

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Riflettiamo allora sul racconto che i Vangeli (Matteo, Marco e Luca) fanno delle tentazioni nel deserto. In esso ci sono tre verità che il Signore ricorda a tutti noi, tre verità che costituiscono tre adeguate risposte a quelle che sono le tre più grandi menzogne del demonio.

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La prima verità riguarda il vero esistere dell’uomo. La seconda la necessità di Dio. La terza il vero incontro con Dio.

Prima Verità: Il vero esistere dell’uomo

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Racconta il Vangelo di Luca: “Il diavolo disse a Gesù: ‘Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane.’ Gesù gli rispose: ‘Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo’.” (4, 3-4).

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Una delle menzogne tipiche del demonio è quella di convincere che l’uomo sia il suo ventre. E’ il materialismo e il biologismo.

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Se l’uomo è solo il suo ventre, è giusto dire che l’uomo è ciò che mangia, come afferma il filosofo Feuerbach (1804-1872). Un suo scritto del 1862 s’intitola: Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia.

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Ma se l’uomo è davvero ciò che mangia, che differenza c’è tra l’uomo e l’animale?

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Certo, l’uomo è uno “spirito incarnato”. Se è vero che non è solo il suo corpo, ma anche la sua anima, è pur vero che non è nemmeno solo la sua anima, ma anche il suo corpo. L’antropologia cristiana parla chiaro, rifuggendo il materialismo ma anche lo spiritualismo. Non è un caso che il sacramento più grande sia l’Eucaristia, dove il Verbo incarnato si fa cibo, si fa mangiare, si fa pane.

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Ma l’uomo è appunto uno “spirito incarnato”. L’uomo è chiamato a volare alto. L’uomo è fatto per l’Ideale.

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C’è una bella poesia di Trilussa (1871-1950) che recita così: Fissato ne l’idea de l’uguajanza / un Gallo scrisse all’Aquila: – Compagna, / siccome te ne stai su la montagna / bisogna che abbolimo ‘sta distanza: / perché nun è né giusto né civile / ch’io stia fra la monnezza d’un cortile, / ma sarebbe più commodo e più bello / de vive ner medesimo livello.- / L’Aquila je rispose: – Caro mio, / accetto volentieri la proposta: / volemo fa’ amicizzia? So’ disposta: / ma nun pretenne che m’abbassi io. / Se te senti la forza necessaria / spalanca l’ale e viettene per aria:/ se nun t’abbasta l’anima de fallo/ io seguito a fa’ l’Aquila e tu er Gallo.

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E’ proprio così: l’uomo è chiamato a volare alto. E –come abbiamo già detto- è chiamato a volare alto perché è fatto per l’Ideale.

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Chiediamoci: cos’è l’Ideale? L’Ideale non è un’astrazione né tantomeno una teorizzazione ideologica, le quali –non a caso- possono solo scaturire dal rifiuto del reale legittimando qualsiasi delirio immaginifico.

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L’Ideale è altro: è il perseguimento del Vero.

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L’Ideale è il desiderio che il Vero si concretizzi, che trionfi nella propria vita e nella storia. Il Vero come totalità del reale. Il Vero non come teorizzazione, ma come ciò di cui l’uomo concretamente e realisticamente ha bisogno.

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Paradossalmente Nietzsche (1844-1900) lo ammette quando scrive ne La volontà di potenza. (pubblicato postumo nel 1901): “Tutti gli ideali sono pericolosi, perché avviliscono e condannano il reale; tutti sono veleni (…).” Sembra che Nietzsche dica il contrario di ciò che abbiamo affermato e invece no. Il reale per il filosofo tedesco è ciò che non può essere sottoposto a nessuna indagine razionale, ciò che non è ordinabile né giudicabile moralmente. Il reale è per lui solo esuberanza caotica di forze. Ecco perché afferma che gli ideali sono pericolosi, perché essi perseguono invece il trionfo del Bene. L’Ideale è il volere che tutto prenda senso nel Vero, nel Buono e nel Bello.

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L’Ideale è la capacità di offrire tutto se stesso per una causa più alta. Poi torneremo su questo punto.

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Le bestie non possono agire così. Se l’uomo fosse solo il suo ventre, se l’uomo fosse solo ciò che mangia, non agirebbe così.

Seconda Verità: La necessità di Dio

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Passiamo alla seconda grande verità: la necessità di Dio. Sempre il Vangelo di Luca racconta: “Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: ‘Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo.’ Gesù gli rispose: ‘Solo al Signore al Signore tuo ti prostrerai, lui solo adorerai’.” (4, 5-8)

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Gesù, dunque, risponde ad un’altra grande menzogna, a quella secondo cui si potrebbe fare a meno di Dio. Non è così. Da Dio non si può prescindere. Dio è stato, è e sarà il Signore della Storia.

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Nel medioevo si capì bene quanto il rapporto tra Dio e la creazione non fosse riducibile ad un mero rapporto di creazione: Dio in illo tempore creò e tutto sarebbe finito lì. No. Dio non è soltanto causa creatrice ma anche causa sussistente. Tutto il pensiero medioevale poggia sul concetto di partecipazione.

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Al verso 127 del primo canto dell’Inferno Dante fa dire a Virgilio riferendosi al Paradiso: “In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l’alto seggio: oh felice colui cu’ ivi regge!” Dunque Dio impera dappertutto.

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Gli stessi demoni vivono il loro fallimento perché s’illudono di combattere contro Dio, ma non solo non potranno mai avere la meglio, bensì sono costretti a rendersi conto di quanto Dio stesso li mantenga nell’essere.

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Ecco un’altra fondamentale verità: da Dio non si può prescindere. Paradossalmente sono proprio l’ateismo e l’agnosticismo a dimostrarlo. Sant’Anselmo utilizza la celebre prova ontologica: Dio è l’essere assoluto e l’assoluto non può mancare di nulla, dunque non può mancare nemmeno dell’esistenza, perché se mancasse di questa, non sarebbe più assoluto. Una prova, questa, che ovviamente non prova, ma che egli utilizzò a mo’ di provocazione. In realtà, Dio non può essere negato nemmeno da chi lo nega, perché possedere il concetto di Dio dimostra -di fatto- quanto l’esistenza di Dio sia nel senso comune. Insomma, sant’Anselmo afferma che l’onere della prova non spetta a chi crede in Dio, ma invece a colui che lo vuole negare.

Terza Verità: Il vero incontro con Dio

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Veniamo alla terza grande verità: il vero incontro con Dio. Ancora il Vangelo di Luca: “Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: ‘Se tu sei il Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano. E anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra.’ Gesù gli rispose: ‘E’ stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo’.” (4, 9-13)

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Se la prima menzogna consiste nel credere che l’uomo sia una bestia, se la seconda menzogna consiste nel credere che Dio non sia necessario, la terza menzogna è tentare Dio. Immaginare, per esempio, un Dio senza giustizia e senza Croce.

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Cosa vuol dire “tentare Dio”? Può significare “forzarlo”, ma può significare anche stravolgere la sua natura. Pretendere di cambiarlo.

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Uno studioso del fenomeno religioso contemporaneo, lo svizzero Jean-Francois Mayer, ha utilizzato una lucida analogia su come l’uomo di oggi si rapporti alla religione e alla dimensione del sacro. Egli dice che come una massaia entra in un supermercato e sceglie i detersivi che più si confanno alle sue esigenze, così l’uomo contemporaneo entrerebbe in una sorta d’ideale “supermercato religioso” per scegliere la religione che più può adattarsi al suo modo di pensare … e non raramente prende un po’ dappertutto per crearsi una religione a proprio uso e consumo. Insomma, non è più l’uomo a conformarsi a Dio, bensì è Dio che deve conformarsi all’uomo.

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E’ un pericolo, questo, diffuso. Diffuso non solo per chi non si dice cristiano, ma anche ( e forse soprattutto) per molti cristiani, anche per molti cattolici.

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Nel deserto, il Verbo incarnato, cioè Colui che ha preso tutta la natura umana senza però prendere né il peccato né la possibilità di peccare, si sottopone non solo alle tentazioni del demonio, ma anche a durissime penitenze: rimane per ben quaranta giorni senza mangiare.

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Chiediamoci: può esistere un serio incontro con Dio senza penitenza? Gesù lo fa chiaramente capire: non è possibile.

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Dio è amore, ma anche giustizia. E Dio è amore e giustizia, perché è prima di tutto verità, ovviamente prima di tutto da un punto di vista logico. Dio è logos: “In principio era il Verbo” (Giovanni 1,1).

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La giustizia va soddisfatta. La Teologia della Croce è la sintesi straordinariamente vera di quanto Dio sia amore e giustizia. La Croce è soddisfazione ma anche oblazione, è oblazione ma anche soddisfazione. Gesù soddisfa la giustizia di Dio e nello stesso tempo si offre al posto nostro, morendo per noi.

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La Croce è l’incontro vero con Dio: “Chi vuol seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Marco 8). Rinnegare se stesso (via purgativa), prendere la croce (via unitiva) e seguire Gesù (via illuminativa).

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La Croce è soluzione di vita.

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Il fallimento dell’uomo contemporaneo sta anche e soprattutto qui: nella voluta dimenticanza della Croce. L’uomo di oggi non vuole più soffrire. Ha reso la sofferenza un tabù. Non capisce che la sua vita è donarsi e sacrificarsi per guadagnare, poi, la vita eterna. Alcuni santi così rispondevano a coloro arrivano che li invitano a dosare le forze: “…il tempo per riposarsi verrà in paradiso”.

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L’uomo è fatto per donarsi e sacrificarsi. Frodo de Il Signore degli Anelli dice a Sam che il suo sacrificio l’ha dovuto compiere, ed è contento di questo, ma non l’ha compiuto per se stesso: “Ho cercato di salvare la Contea ed è stata salvata, ma non per me. Deve essere spesso così, Sam, quando le cose sono in pericolo: qualcuno vi deve rinunciare, perderle, affinché altri possano goderle.”

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Qui ritorna il discorso dell’Ideale. L’eroismo a cui l’uomo, ogni uomo, è chiamato è quello di mettere la propria vita al servizio del trionfo del Vero, del Buono e del Bello.

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Ma questo non voler più soffrire, non si spiega semplicemente con il fatto che la sofferenza si avverta per natura come qualcosa da rifuggire. Questo c’è sempre stato. Bensì perché alla sofferenza –oggi- non si palesa un’adeguata risposta, non se ne manifesta un senso.

40

Sigmund Freud (1856-1939) soleva affermare che le nevrosi nascerebbero dalla repressione degli istinti. Si può parlare –oggi- di repressione degli istinti? Eppure le nevrosi sono in significativo aumento. Piuttosto si deve dire che le nevrosi nascono –come dice un altro psicanalista austriaco, Viktor Frankl (1905-1997) – dalla repressione della Speranza. Speranza che è la certezza che per la vita c’è un senso: che non si è casualmente gettati nel mondo.

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Viktor Frankl, fondatore della logoterapia, è autore della definizione di nevrosi noogena. Si tratta della convinzione secondo la quale l’equilibrio psichico dipende dalla percezione del proprio sé e del proprio vissuto. Quando l’uomo non si sente “significativo”, cioè accolto e amato, cerca compensazioni o in gratificazioni artificiali (droghe) o in atteggiamenti di potenza (costruttivi o autodistruttivi). Frankl dice –appunto- che l’uomo di oggi non è frustrato sessualmente, ma è frustrato nell’universo valoriale.

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Dunque, tentare Dio vuol dire negare e negargli la Croce.

43

Non a caso un tentativo di tentare Dio fu anche quello che fece il povero Pietro. Narra il Vangelo di Matteo: “Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: ‘Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai’. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: ‘Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!’.” (8, 31-33)

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Anche nel modo di vivere dei cattolici –oggi- è sparita la Croce. E’ sparita l’attesa della vita eterna. Sono spariti il senso del peccato e la preoccupazione per la salute spirituale.

45

E’ sparito l’orientamento della Messa verso la Croce!

Conclusione

46

Ciò che abbiamo detto finora, le riflessioni che abbiamo fatto in merito alla Quaresima, ci obbligano alla Verità, pena la nostra incapacità di capire il reale e di capire perfino noi stessi.

47

Come abbiamo già detto, questa verità non è un’astrazione, è l’Ideale … secondo però il senso di cui abbiamo parlato prima.

48

Dopo che Gesù rispose al demonio: “Non di solo pane vivrà l’uomo”; il Vangelo di Matteo dice che Egli aggiunse anche un’altra cosa e cioè: “… ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.”

49

L’uomo ha bisogno della Parola di Dio, che però non è semplicemente un Libro, ma è il Verbo di Dio: è Cristo.

50

La Parola di Dio è il Volto di Cristo: il Dio disvelatosi. Come disse papa Benedetto XVI nella Lectio Divina ai parroci di Roma in occasione dell’inizio di una Quaresima: “Il grande dono di Cristo è proprio che vediamo il Volto di Dio.”

51

Ma –dicevamo- siamo obbligati alla Verità, pena la nostra incapacità di capire il reale e di capire perfino noi stessi.

52

Ecco perché san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) scrive nel suo De Diligendo Deo: “La prima volta che ha operato, ha dato me a me stesso, ma la seconda volta mi ha dato sé, e dandomi sé mi ha restituito a me stesso.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


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1 Comment on "La bellezza della Quaresima"

  1. Caro prof. Gnerre,
    sarebbe molto gradita anche una riflessione sul tema del “tentare Dio” come Sua “forzatura”.
    Nell’attesa di un suo futuro e cortese riscontro, vi ringrazio per la vostra attività di natura apologetica.
    Cordiali saluti

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